Zombie che corrono? che saltano? …addirittura che volano? VADE RETRO SATANA!
Per l’ultra purista Simon Rebel esiste una sola razza di zombie!
PATTI CHIARI AMICIZIA LUNGA: SONO UN PURISTA.
FORSE IL PIÙ PIGNOLO E INAMOVIBILE, E DI CONSEGUENZA SPACCAMARONI, DEI PURISTI.
Ma purista al punto che, fosse per me, proibirei di pubblicare qualsivoglia roba sugli zombie, senza che la stessa abbia prima passato “il vaglio”.
Il vaglio di chi? Direte voi.
Che razza di domande!
OVVIAMENTE IL VAGLIO DI LUI, DELL’UNICO PADRE, DI COLUI CHE TUTTO HA CREATO.
Se siete amanti del genere e credo lo siate (altrimenti con molta probabilità non stareste leggendo i miei vaneggiamenti), sto parlando di Sua Maestà George
Andrew Romero, chi di voi sapeva che A. stava per Andrew? Forse qualcuno. Ad ogni modo, ora lo sapete tutti.
Si si, state pensando bene. Sono purista al limite della dittatura. Al punto che sognerei un vero e proprio “regime zombista”, e ci metterei a capo proprio Romero. In modo tale, Lui solo e solamente Lui, possa vagliare ogni produzione.
Un regime dove tutto ciò che non fosse conforme ai gusti, alle idee originarie del Maestro, avrebbe come destino unicamente un bel cesto della spazzatura.
Ora, dopo aver pudicamente celato i miei molto democratici gusti personali, devo dire che comunque sia, non ho mai resistito, ne mi sono mai tirato indietro, dal guardare o leggere qualsiasi cosa abbia a che fare con i nostri amati morti, che tutto fanno tranne che i morti.
Dato che il mio cervello (purtroppo) è ancora attivo e nessun risorto lo ha ancora usato come merenda dei campioni (ma probabilmente l’aspirante assaggiatore fuggirebbe lontano, solo sentendone l’odore), dopo ogni lettura o visione il mio encefalo, inevitabilmente fa delle valutazioni.
Dal lontano 1968 infatti, anno nel quale il Maestro ideò e creò il nostro mondo come lui l’aveva pensato, di film in tema zombie se ne sono susseguiti a decine. Sono cambiate le ambientazioni, il numero di superstiti che cercano di continuare ad esserlo, le porzioni di territorio colpite dal flagello. Degli zombie stessi si sono partorite svariate reinterpretazioni.
LO SPOSTARE QUESTE VARIANTI HA INEVITABILMENTE PRODOTTO UNA MIRIADE DI CAMBIAMENTI IN QUELLE CHE ERANO LE ORIGINALI “REGOLE DEL GIOCO” DI PAPÀ ROMERO.
Quel gioco dove, fortunatamente, almeno la regola base è rimasta sempre la stessa: “corri, se non vuoi fare la fine di un panino”.
A cambiare di più in assoluto in ogni caso, sono stati proprio gli zombie. Non molto nell’aspetto, ma in alcune loro fondamentali caratteristiche.
La distinzione più netta, nel corso di quasi mezzo secolo di variazioni (se interpretarle come evoluzioni decidetelo voi), l’abbiamo potuta constatare in primis nelle capacità motorie: si è partiti da zombie che da buoni morti, o meglio ex morti, riuscivano a spostarsi a fatica, ma in maniera inesorabile (ove gli esempi più noti possono essere “La notte dei morti viventi”, proprio di Romero, o la più attuale serie a puntate “The walking Dead”), fino a quelli che corrono come levrieri, (si pensi al film “28 giorni dopo” di Boyle (2002) o, un pò di anni prima, in “Incubo sulla città contaminata” dell’italianissimo Umberto Lenzi).
Inutile dirvi come la penso a riguardo, dovreste già averlo intuito. Personalmente ho sentito parlare (e fortunatamente ho sentito solo parlarne, evitando cautamente la diabolica creazione) anche di libri nei quali gli zombie arrivano a volare.
DUE SOLE PAROLE, DA PARTE MIA, A RIGUARDO: “VADE RETRO”.
Tuttavia, come si dice, si deve dare una botta alla ruota e una botta al cerchio. Quindi seppure da buon purista dovrei considerare le ultime due pellicole citate oltre che negative, nemmeno appartenenti al genere zombie; in tali film “gli sbranatori di uomini” non sono deceduti risorti, ma umani in qualche modo o per varie cause, mutati. Tuttavia, li annovero nel genere, per la completa similarità di condotta rispetto agli zombie dei suoi personaggi dopo la mutazione.
Inoltre, seppure è difficile da immaginare, pellicole come queste (giudicate da molti cinema insulse, disgustose o di quarta serie), indubbiamente hanno avuto, o perlomeno hanno contribuito, a ripercussioni sociali inimmaginabili. Ragion per cui ritengo impossibile non dargli almeno un po’ di merito e/o considerazione.
Esempio? Il film di Lenzi di cui sopra, prodotto nell’anno 1980, narrava di mutazioni causate dalle radiazioni le quali rendevano le persone spiccicate agli zombie (laddove uccidevano e mangiavano gli esseri umani); la pellicola è di chiara natura di denuncia, nel caso specifico di tipo socio-ambientalistica, sicuramente figlia di una protesta crescente di quegli anni avverso il nucleare (l’incidente accaduto nel 1979 negli Stati Uniti, a Three Mile Island, probabilmente ne fu l’input decisivo).
Mettetela come vi pare, fatto sta che nel 1987 i meno sbarbatelli ricorderanno un referendum indetto qui in Italia, a seguito del quale si pose fine alla sperimentazione ed all’uso, in ogni sua forma, del nucleare nel territorio nazionale.
Ora non voglio dire che i morti viventi siano gli eroi che ci hanno salvato dalle radiazioni, sia chiaro. Però…!
Tornando all’evoluzione degli zombie, un’altra grande distinzione di caratteristiche può essere fatta in base alle capacità cognitive; talvolta estremizzate, sfociando (addirittura, n.d.r.) in capacità di coordinamento ed organizzazione tra più zombie: morti viventi organizzati, appunto. Una delle ultime pellicole sfornate dagli States, ossia “World war Z”, ci ha fornito una scena di grande impatto visivo ove migliaia di risorti, per arrivare a valicare delle mura colossali e raggiungere i vivi barricatisi all’interno, si coordinavano salendo l’uno sull’altro, riuscendo nell’intento.
In realtà sotto questo aspetto, forse nel tentativo di rinfrescare il genere, c’è da dire che anche il maestro Romero ha apportato qualche ritocco alle sue creature originarie. In un altro suo film, infatti, vale a dire “La terra dei morti viventi” (2005), gli zombie hanno reminiscenze della vita passata e capacità di ragionamento particolarmente alte, se rapportato a quelli stile “The walking dead”. Ma c’è di più: nella stessa pellicola, infatti, uno dei decrepiti (nello specifico uno “zombie benzinaio”, lol!) arriva addirittura a capeggiare la rivolta dei non morti, organizzandoli in gruppo. Anche in questo film la critica sociale è palese (seppure forse sempliciotta) ed arriva ad avere un livello figurativo enorme quando l’orda, organizzata dallo zombie benzinaio, assalta quello che rappresenta il “palazzo del potere”.
CON QUALE GENIALE METAFORA ROMERO HA VOLUTO RAPPRESENTARE QUESTO PALAZZO DEL POTERE, VI CHIEDERETE? CON UN PALAZZO, APPUNTO. LA GENIALITÀ DELL’OVVIO!
La pellicola appena citata a dirla tutta è a mio parere una delle peggiori di Romero, forse non degna di lui; e non solo per le caratteristiche degli zombie (che almeno non erano centometristi, n.d.r.), ma in un contesto generale.
Ma nella cinematografia zombie non ci si è fermati a queste cosette.
Gli zombi corrono, pensano, sono maghi della strategia e della tattica. Si innamorano. Ridiventano umani.
Ma che cavolo ridete? Sissignori, avete capito (o avete già visto) bene.
SI È ARRIVATI, DULCIS IN FUNDO, A STORIE D’AMORE TRA UMANI E ZOMBIE, NONCHÉ ALLA “RIABILITAZIONE” DEGLI ZOMBIE CHE TORNANO PROGRESSIVAMENTE AD ESSERE UMANI.
Ora, se odio con ogni mio atomo gli zombie che semplicemente corrono e ragionano, figuratevi quanto prevenuto posso essermi accinto alla visione di un film come “Warm bodies” (2013), di Jonathan Levine.
La trama narra di uno zombie che si innamora di una umana e del loro personale remake di “Via col vento”.
Se poi ci mettete che sotto la produzione c’era lo zampino dei responsabil
i di roba ferma tavoli traballanti come “Twilight”, la frittata era fatta. Ma “Warm bodies” parlava in qualche modo di zombie, e non potevo non vederlo.
La storia si sviluppa appunto attorno ad un ambiente diviso tra morti e vivi, ove la zona dei morti è stata completamente abbandonata, isolata e lasciata a questi ultimi, ove gli zombazzi vagano trascinandosi senza meta. Comunicano anche primitivamente tra di loro con dei rantoli (almeno non corrono ne volano, mi sono detto inizialmente). Saltuariamente, gli umani facevano irruzione nel territorio ceduto ai morti per recuperare cose necessarie alla sopravvivenza dei vivi, come i medicinali. In una di queste irruzioni, i vivi vengono attaccati da un gruppo di zombie. Qualcuno diventa macinato di carne, i superstiti fuggono; tutti, tranne Julie, una ragazza giovane, che rimane svenuta.
Sorprendentemente, invece di essere sbranata come una gazzella dai leoni, questa viene prelevata da uno degli zombie, un ragazzo altrettanto giovane, che la tiene nascosta dagli altri suoi simili per non farla divorare.
Dopo il terrore iniziale, Julie al suo risveglio si accorge che lo zombie non intende divorarla ma che anzi, dimostra segni di invaghimento nei suoi confronti. Per farla breve, i due si innamorano, Julie si accorge che qualcosa sta cambiando negli zombie che si stanno “umanizzando”, e introduce di nascosto il suo amico zombie (certo, dopo averlo un po’ incipriato e phardato) tra i vivi. L’amico zombie si dimostra sempre più umano, come anche gli altri, e zombie e umani uniti combattono una terza razza, malvagia e basta: gli ossuti; razza che nella catena alimentare del film è posta addirittura sopra gli zombie.
Il film si conclude con la vittoria della squadra umani-zombie e con il progressivo reintegro e riumanizzazione degli zombie nella società dei vivi, dopo il convincimento del padre di Julie, una specie di Sergente Hartman (venuto decisamente male, per la verità).
Ora, preso con il dovuto distaccamento dal genere padre, e analizzando il film con un occhio non pretenzioso dei tratti caratteristici della branca, devo dirvi che sono rimasto estremamente sorpreso (forse perplesso) del fatto che il film non solo non mi ha fatto inveire contro il mio tv a led né spaccare il telecomando in mille pezzi (eh si: gesti di isterismo tali ben si addicono ai poco democratici e fanno molto dittatore… o no?).
Non solo: sono ancora disorientato … lo ammetto!
Però devo dire che, in fondo in fondo, non mi è nemmeno dispiaciuto. Ma ripeto: l’ho preso come una variante ironica e fuori dagli schemi al genere. Sia ben chiaro!
Tuttavia, conoscendomi e pensandomi a come ragionavo qualche anno fa, mi sono profondamente sorpreso all’idea che mi sono trovato disposto solo a valutare l’ipotesi di apprezzare quel poco che c’era da apprezzare; e il cervello di cui vi ho parlato all’inizio di quest’articolo (si esatto, quello che non riesce a fare a meno dal fare valutazioni dopo aver visto o letto qualcosa) ha iniziato, che sia maledetto, a fare riflessioni su altro.
Che altro? Semplicemente mi ha fatto vergognare (bastardo), facendomi sentire un pò lo zombie buono di “Warmbodies”, nel senso … sto cambiando? Mi sto aprendo a nuove vedute? Andiamoci calmi, è tutto da vedere. Ma come si suol dire … solo gli scemi non ci ripensano mai, no? E io vorrei mai passare per scemo? Naaaaah…
Un attimo, ci sto già passando: mentre scrivo, ho notato con la coda dell’occhio la mia ragazza (al secolo l’adorabile “Ilaria”) che è seduta sul divano accanto a me, e mi guarda con la solita espressione che fa quando dedico del tempo a scrivere-guardare-leggere zombismo vario ed eventuale. L’espressione che dice: “Ma alla tua età ancora a giocare co sta roba… Ma sei scemo?”
Quindi è tempo di girarvi la questione. A voi cosa, se c’è qualcosa, vi fa dire “Ma che razza di zombie…?”
Simon REBEL