FANS

di Luca Pennati


Giorno 10

Gli infetti stanno prendendo il sopravvento! Siamo rintanati sul tetto.  Facciamo la nostra parte come dei semplici spettatori di fronte allo spettacolo della morte.

L’assurdità di sentirsi quasi di troppo, come dei pesci fuor d’acqua.

Ieri pomeriggio abbiamo dovuto arrenderci alla forza dello sciame. Sono entrati nel Centro. Grazie al cielo avevamo avuto un po’ di tempo per sistemare la strada fino in cima.

Fuori il tempo è discreto, la temperatura accettabile, abbiamo delle tende, sacchi a pelo e materassi. L’odore che c’è nell’aria tuttavia è nauseante. Odore di morte e bruciato. Carne bruciata.  In lontananza infatti si vedono dei fuochi. Non si capisce se siano voluti o dovuti a qualche incidente.

Per fortuna John riesce a darmi una mano in tutto. Io non ambisco certo ad essere un leader, voglio solo sopravvivere. Diciamo che insieme riusciamo a scambiarci delle opinioni e a condividere le nostre paure.

Le ragazze ci sostengono, Sarah è veramente forte, si occupa delle altre. Ha un pensiero sempre positivo. Mentre noi mettevamo in sicurezza il percorso e l’area, si è dedicata all’organizzazione il cibo. Relativamente questo è il palazzo più alto nel quartiere e da qui riusciamo a dominare con lo sguardo. La scala che abbiamo usato per salire l’altro giorno è ancora disponibile per scendere.

Sembra impossibile poter sfuggire di qui per il momento, questo lo devo riconoscere. John ha sparato un paio di colpi. La sua sobrietà mi piace, due tiri due centri. Spero che rimanga sul pezzo. Ognuno di noi ha bisogno dell’altro.

Forse i fuochi sono di qualcuno che sta ripulendo la zona?

Sta di fatto che sotto di noi e ora dentro al Centro, siamo circondati. Il corridoio che conduce al tetto lo abbiamo reso ingombro di carrelli per la spesa. Creano come una rete metallica spessa. La porta è stata sigillata con dei bancali.

 Quindi, in questo preciso istante le priorità sono:

-individuare un luogo dove rifugiarci, ci sono dei capannoni, col binocolo John sta scandagliando il migliore

-aspettare il momento propizio per scendere, di prima mattina probabilmente

-portarsi dietro meno roba possibile, abbiamo uno zaino ciascuno e ci siamo divisi le cose equamente.

Andrew mi ha chiesto il machete, per tagliare le assi dei pallet per il fuoco. Una volta ad un ragazzino di 15 anni avrei detto: stai attento! Ora? È giusto che si dia da fare. Anzi meno male che è un ragazzo sveglio e non un rammollito. Non sopravvivrebbe per molto.

Riflettevo sul fatto che sul tetto è un casino andare in bagno. Ho pure fame di cose serie!

Questa è la fottuta realtà e non un film horror qualunque. Quando si vedono i film horror sembra che i protagonisti non mangino e non abbiano mai esigenze corporali. Oppure sembra che possano stare ore ed ore ad aspettare in silenzio. Neanche il più addestrato dei marines riuscirebbe. Il corpo umano ha le sue necessità, che diamine.  Il nostro puzzo si confonde con l’olezzo generale. Per fortuna. Se mi guardo intorno vedo quattro persone distrutte: dalla stanchezza, dalla tensione e dai disagi di una situazione di sacrifici. Sono bastati pochi giorni per regredire ad uno stadio quasi primordiale. In effetti trovassi una caverna nel bosco la troverei più confortevole di questa città esausta.

Abbiamo riguardato la mappa e insieme a Sarah si è deciso di tentare di raggiungere la cosiddetta fattoria. In fin dei conti sarà sempre meglio che morire di stenti sopra un tetto.

Da ieri non si è visto nessun altro sopravissuto, un po’ mi inquieta questa cosa. Sono morti tutti? Sapere che fuori c’è qualcun altro in un certo senso mi conforta.  In compenso però al buio sentire il trascinamento di passi dei morti che vagano a pochi metri da noi è a dir poco disturbante. È un rumore costante, sordo, cupo.

Da un decina di minuti o forse di più, si sente un rumore metallico. Credo che ormai siano nel corridoio dietro la nostra porta. John mi ha detto che se dovessero arrivare qua non ucciderebbe i morti ma penserebbe ai ragazzi. Gli ho dato ragione.

È stata una giornata interlocutoria, di transizione: dalla sicurezza al rischio totale.

Ciao mamma e papà, chissà dove siete? Spero di non incontrarvi, non so se avrei il coraggio…

…TO BE CONTINUED…

Luca Pennati


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