FANS

di Carlo Zappulla


Roma – 21 maggio 2011 – ore 18:00.

Quattro Humvee si parcheggiarono su Via della Conciliazione, i motori accesi e una mitragliatrice montata sulle torrette. Non c’erano i furgoni promessi durante il briefing, ma solo mezzi militari. Alcune ambulanze correvano a sirene spiegate, attraversando quella via e dirigendosi verso le vie del quartiere di Borgo.

Angelo Comi, prima di salire sulla jeep, si guardò intorno. Vide i turisti che si dirigevano verso Piazza San Pietro, i taxi che transitavano per la via, gli autobus pieni. Sembrava una giornata ordinaria, una come tante, ma non lo era affatto.

“Indossate queste” disse l’autista del mezzo, “ma mettetele solo quando scenderete. E’ per la vostra sicurezza!”. Passò ad ogni membro del Team Alpha una maschera facciale con un respiratore: era di colore verde e all’interno aveva un sofisticato congegno radio per comunicare con gli altri uomini.

I quattro Team salirono sugli Humvee e presero posto. Lo fecero velocemente, mettendosi ognuno ai posti assegnati.

* * *

La vita per tutti scorreva normale, come se niente stesse per succedere, ma non per gli occupanti dei mezzi militari. Le vie del quartiere di Borgo, a Roma, brulicavano di persone, di turisti e residenti. C’erano molte attività aperte, un brulichio sommesso per le strade, mentre quattro jeep militari facevano ingresso in quella zona.

La gente si fermava e osservava incuriosita il passaggio di quelle jeep, con tanto di mitragliatrice montata sul tettino del mezzo. Qualcuno aveva azzardato che dovessero girare qualche scena di film in zona, magari un film d’azione che andavano per la maggiore.

Cristiano Cosimo, Alpha 2 nel Team Alpha, si occupava dell’armamento pesante e delle munizioni per gli altri membri della squadra. Era il più giovane del gruppo, ma in Pakistan, quando dovevano eliminare il bersaglio più importante della missione, non aveva avuto alcuna esitazione. Freddo e determinato, come dovevano essere tutti i membri del Team Alpha. Persino Angelo Comi ne era rimasto soddisfatto.

Al capo Team Alpha gli piacevano le reclute che dimostravano coraggio e freddezza nella prima missione a cui partecipavano. Non che lo avesse preso sotto l’ala protettrice, questo no, ma era certo che Alpha 2 fosse salito due gradini sopra la scala di gradimento nei suoi confronti.

“Capo, ma davvero crede che succederà quello che hanno detto al briefing?” chiese Cristiano stringendo in mano la canna del mitra.

“Siamo qui per fermare qualsiasi tipo di contagio!” rispose il capo Team. La sua voce risultò fredda e determinata anche per il resto del gruppo, che si girò a fissarlo mentre auto parcheggiate e persone sfilavano ai lati della jeep.

Nessuno aggiunse nulla, mentre la radio di bordo gracchiava per la statica dopo un messaggio del comando centrale. A tutte le squadre, pronti all’ingaggio! Abbiamo la certezza assoluta che la fiala è stata rotta e il liquido ed il gas si sono sparsi nell’aria.

“Cazzo!” mormorò Angelo Comi.

David Dinolfi, Alpha 3, disse: “Quei coglioni si sono dimenticati di dirci quali sono le regole d’ingaggio!”.

Roberto Calvi, Alpha 4, estrasse il caricatore dal mitra, ne verificò il contenuto e lo rimise nell’alloggio. Era senza passamontagna ed elmetto ed il suo viso sbiancò all’istante, alcune gocce di sudore apparvero sulla fronte. “Ma come cazzo si fa, capo, Roma è piena di gente e…”.

“Tu pensa ad eseguire gli ordini del comando e quelli che ti darò io, per il resto non ti devi preoccupare. La gente se la caverà e, quando sentirà i primi spari, vedrai che si rifugeranno in qualche buco in attesa di istruzioni.” gli rispose senza guardarlo.

I quattro Humvee percorsero una via stretta e superarono un incrocio senza rallentare: un motorino quasi si schiantò su una macchina parcheggiata pur di evitarli. Giunsero davanti ad una piazza piccola e circoscritta: lì non c’erano vie di fuga se non quella stessa strada da cui erano venuti.

“Va bene, gli ordini sono di mettere i passamontagna, le maschere e gli elmetti! Presidiate la zona: che nessuno esca ed entri!” disse l’autista del mezzo.

Angelo Comi impartì di nuovo gli ordini ai suoi uomini, lasciando sul mezzo Alpha 5, al mitra piazzato sul tetto del mezzo. Così fecero anche le altre squadre.

Tutti gli uomini dei Team scesero dalle jeep, gli anfibi che toccavano i sampietrini producevano dei rumori sordi per via dell’eco della piazza, e la zona, stranamente, risultava troppo silenziosa.

Angelo Comi si guardò intorno, mentre stringeva in braccio l’arma carica ma in sicura. L’edificio principale aveva l’ingresso aperto, una bandiera italiana sventolava per la brezza della sera, i rami degli alberi si muovevano leggermente.

Si trovavano di fronte ad un’università cattolica.

Si dispiegarono lungo il perimetro della piazza, davanti a loro c’era una lunga siepe e, al centro di essa, una fontanella in marmo. Per accedervi c’erano due rampe di scale e il capo Team Alpha pensò subito di sfruttarlo a proprio vantaggio, ci avrebbe fatto montare un mitra con cartucce a nastro.

“E da lì” disse alla sua squadra, “avremo fuoco di soppressione in caso di problemi! Ci sono domande?”.

Nessuno ne fece, anche se miliardi di domande vorticavano nelle loro menti.

I capi squadra si riunirono dietro le jeep e vi rimasero per diversi minuti: c’erano le direttive del Comando che andavano fatte rispettare ad ogni costo. Alcuni uomini si erano spinti oltre la siepe, perché l’ingresso dell’università era aperto, ma non sembrava esserci movimento all’interno.

Qualcuno aveva gridato, ma il suono della voce era pervenuto agli auricolari dei soldati.

“C’è un civile a terra!” aveva avvisato subito dopo. Il militare apparteneva al Team Charlie: si era inginocchiato al fianco del corpo, lo aveva voltato controllandogli il battito cardiaco.

“E’ morta!” disse ai colleghi.

Si trattava di una ragazza, probabilmente una studentessa che si era seduta su una delle panchine in marmo. Ipotizzarono che fosse morta per un attacco cardiaco, o chissà cos’altro.

Angelo Comi controllò il cadavere e diede ordine di portarlo via ai suoi uomini, in attesa di un’unità militare che lo prendesse in consegna.

Erano le 18:13 quando iniziò a degenerare tutto in caos e orrore.

Gli occhi della ragazza si aprirono, le braccia si mossero in uno spasmo, poi le gambe come se avesse un attacco di convulsioni.

Il capo Team Alpha cadde a terra per lo spavento.

Fu tutto così veloce ed imprevedibile.

CONTINUA….

Carlo Zappula


Lascia un commento