di Massimiliano Foschi
Laboratorio di ricerca e sviluppo
Livello due
Il più grande di tutti e cinque. Vi si trovano i comparti abitativi di tutto il personale presente nella base nonché le aree ricreative e la mensa.
Ed è quello il posto che i contractors russi hanno scelto come zona dove organizzare la seconda linea di difesa.
Dopo aver abbandonato il primo livello ora aspettano gli americani.
Sono tutti ai loro posti. Sono pronti a riceverli.
Un’esplosione fa saltare letteralmente via dai cardini la porta di accesso alla zona mensa. Una densa coltre di fumo invade l’ambiente. Gli occhi bruciano.
Il primo ad entrare è Tom Addel, il caporale Addel della squadra Beta.
Entra rapido, correndo, alla ricerca di eventuali presenze ostili nascoste fra le panche e i tavoli.
Le trova.
Un fitto fuoco di armi automatiche converge su di lui.
Tom è rapido, ma non abbastanza.
Almeno quattro pallottole 7,62 full metal jacket trovano il bersaglio. Gambe e addome. A quella distanza il giubbetto in kevlar non riesce a fermarli.
Addel va giù, gorgogliando e sputando sangue e bestemmie dalla bocca.
Milus Nana, detto Buba, urlando di rabbia alla vista del compagno colpito, spara con il lanciagranate. Non vede distintamente i bersagli ma sa che sono lì.
“Figli di puttanaaaa!”
La granata devasta metà della linea di distribuzione del cibo. Una pioggia di schegge di acciaio, alluminio e vetro viene scagliata ovunque. Assieme ad essa vengono scagliati anche due corpi. Corpi smembrati dall’esplosione in una pioggia di sangue ossa e viscere.
Una testa, con ancora addosso l’elmetto, atterra rotolando sul pavimento. E’ la testa di una donna. Natalia Mirkova, la moldava.
Buba corre in avanti imitato da Gonzalo Urion e da Melissa Kherr. Sparano in full automatic. Proiettili volano e fischiano tutto intorno. Un altro russo è colpito alla gola.
Poi tocca a Buba ricevere la sua dose di piombo. In piena faccia.
I suoi denti saltano via assieme alla mandibola.
Percorre barcollando gli ultimi metri trascinato dall’inerzia della corsa, con le dita contratte sul grilletto che ancora spara prima di crollare definitivamente a terra in una pozza di sangue.
“Noooo…Bubaaa!” urla Melissa.
Di fianco a lei qualcosa si muove. Vede la faccia del soldato russo distorta in un ghigno cattivo mentre le punta addosso il suo AK47.
“Sei morta putt…aaagghhh…!” una raffica lo falcia prima che possa sparare.
Melissa si volta, in tempo per vedere Wenona Borslav con il fucile che fuma ancora.
“Muovi il culo Mel!”.
“Wenona”, pensa Melissa, “spietata ed letale come sempre”.
La migliore di tutte loro. Le ha appena salvato la vita. Melissa vorrebbe essere come lei.
Arrivano anche Osval Rustein e Il tenente Gordon.
Dai locali adiacenti alla mensa arrivano altri spari. Un altra potente detonazione. Ancora spari.
Poi più niente.
Dopo alcuni istanti compaiono Gonzalo e Jim Scott, detto Scottie.
Davanti a loro ci sono due russi. Disarmati. Le mani sopra la testa.
Uno dei due è ferito a una gamba. Se la trascina dietro lasciando sul pavimento dietro di se una lunga scia di sangue venoso.
Gonzalo e Scottie li tengono sotto tiro.
“Di là abbiamo bonificato la zona tenente”.
“Idem per la zona degli alloggi. Non c’è più alcuna resistenza”.
“Bene. Ammanettate quei due stronzi e poi andiamo al livello quattro. È lì che tengono i campioni dell’agente biologico. Muoviamoci!”.
Gordon si toglie l’elmetto per asciugarsi il sudore dalla fronte.
Ed è proprio in quell’istante che vede la figura di un uomo in abiti civili cercare di fuggire verso il corridoio buio alla loro destra.
“Fermo! Resta dove sei o sei morto!” gli grida Gordon. L’M4 puntato verso il fuggiasco che si blocca a metà strada.
Corsa finita. L’uomo è un civile. È disarmato. Ha soltanto una valigetta con se.
Laboratorio di ricerca e sviluppo
Livello cinque
“Se ti muovi sei morto”
Samir conosce bene quella voce di donna.
La donna che stava aspettando.
Roxana è dietro di lui.
La Makarov puntata contro la sua testa.
“Pensavo, anzi speravo, ci fossi anche tu in quell’ascensore Roxana”.
Roxana contrae la mascella in una smorfia sprezzante.
“Mi credi così stupida povero idiota? Immaginavo fosse una trappola. Che cazzo sta succedendo qui?”.
Samir capisce che la russa non ha ancora capito. Forse non ha fatto a tempo a vedere nei monitor quanto sta succedendo nella sala autopsie.
“Forse ce la posso ancora fare”, pensa Samir.
Guarda la donna che gli sta puntando contro la pistola dritta negli occhi.
“Davvero lo vuoi sapere Roxana?”.
Non una domanda la sua.
Non serve una risposta.
Lentamente, sempre sotto tiro, Samir si muove. La russa è dietro di lui.
Escono dalla sala monitor.
Una corta scala metallica li conduce di fronte a un corridoio.
In fondo una porta di acciaio. La porta della sala autopsie. Chiusa.
Samir sa bene cosa c’è dietro quella porta.
“Perché ti fermi?”. La voce della donna è dura e tagliente come ossidiana.
Lui sa che non può sbagliare. Un errore di calcolo, un’esitazione di troppo, e potrebbe beccarsi una pallottola in testa
O peggio ancora finire tra le mani degli infetti.
“Hai detto che vuoi sapere cosa succede. Dietro a questa porta ci sono le risposte alle tue domande, donna”.
Roxana lo guarda con un’espressione ironica ma anche di profondo disprezzo.
“So bene che tu mi odi. Piccolo, insignificante, ridicolo ometto. Tu e tutti quelli come te. Mussulmani del cazzo che non sopportano di prendere ordini da una donna”.
La russa sputa per terra al termine della sua frase.
Samir resta impassibile. Non si può fare troppo gli sbruffoni quando hai una pistola puntata contro la faccia.
“Aspetto i tuoi ordini dunque comandante”.
“Apri questa cazzo di porta e facciamola finita, idiota”.
Samir annuisce una volta sola, poi con calma, con estrema calma, digita il codice sul tastierino alfanumerico a lato della porta.
Un rumore di sblocco e i pistoni pneumatici di controllo della pesante porta scattano.
Un istante dopo è aperta.
La prima cosa che sentono entrambi è la ventata fetida. Odore di morte. Di decomposizione.
“Che cazzo”, pensa Roxana, “è una dannata sala autopsie dopotutto”.
Ancora non ha visto cosa c’è all’interno essendo a lato della porta.
Samir entra per primo. Trattiene il respiro per un attimo, poi cerca di regolarizzarlo.
“Calma Samir, calma”, pensa dentro di sé.
“Vieni pure Roxana”. La sua voce è roca adesso. Rotta dall’emozione.
La donna entra nella stanza. La Makarov in pugno. Pronta a fare fuoco.
Passa di fianco a Samir degnandolo appena di uno sguardo. Non che tema qualche scherzo da parte sua ma lei è abituata a non fidarsi di nessuno.
Supera Samir e fa alcuni passi verso la parte centrale della sala.
Troppo in fretta. Troppa precipitazione.
Poi li vede.
E loro vedono lei.
Roxana si congela.
Resta immobile, bloccata dall’orrore che ha davanti a sé.
Vede alcuni dei morti viventi terminare di spolpare monconi di ossa.
Vede laghi di sangue.
Vede le uniformi mimetiche dei suoi compagni fatte a brandelli sul pavimento.
E allora capisce.
“Yleniaaa noooo!” la sua voce è strozzata adesso in un grido di rabbia e dolore per la perdita della sua amante.
Poi si volta. Una sola idea nella sua mente: uccidere Samir.
“Figlio di puttaa…aaghh”
Il suo grido di morte si spegne a metà nella sua gola.
Samir è stato dimenticato per un attimo. Un attimo di troppo. Tanto gli è bastato per afferrare il pesante fermacarte che teneva nascosto nella tasca del suo camice.
Un solo movimento. Rapido e violento.
Colpisce alla tempia la donna una volta. Lei barcolla ma resta in piedi.
Dietro di loro intanto il piccolo esercito di zombie ha già iniziato a muoversi.
Verso di loro.
Roxana tenta di sollevare la pistola in posizione di tiro verso Samir, ma lui la colpisce di nuovo. Questa volta la prende in pieno alla mandibola.
Questa volta Roxana va giù.
Samir le lancia un ultimo sguardo. Le sorride stavolta.
“Maledetta puttana, adesso pagherai per tutti i tuoi crimini. E io mi godrò la scena. Benvenuta all’inferno cagna russa”.
Dopodiché esce rapidamente dalla sala chiudendosi la porta alle sue spalle e ritornando in sala monitor.
Sistema le telecamere mettendo bene a fuoco le immagini e si siede.
Lo spettacolo sta per cominciare.
Samir vede Roxana, la sua nemica. Tra poco potrà avere la sua vendetta.
Le immagini sono nitide. L’audio è buono.
La donna è ancora stordita per i colpi ricevuti ma è di nuovo in piedi. Barcolla, è instabile sulle gambe.
La vede cercare con lo sguardo la pistola che le è volata via dalla mano quando è stata colpita.
Non la trova.
In compenso arretra di fronte allo sciame di zombie che lentamente si fanno avanti.
Non hanno fretta. Ormai è circondata. Non può più scappargli e sembra che loro se ne rendano conto.
Lei indietreggia sempre più. Le gambe la reggono a fatica. Inciampa in qualcosa. È un elmetto impregnato di sangue con ancora dentro alcune ciocche di capelli biondi. Roxana li riconosce: sono quelli di Ylenia.
Sta per vomitare. Deve appoggiarsi per non cadere all’indietro.
Sente sotto la mano qualcosa di freddo. È l’acciaio inox di uno dei tavoli da autopsia.
In quel momento mani la afferrano da dietro. Artigliano i suoi bei capelli rosso fuoco. La sua testa viene piegata all’indietro. La sua schiena è inarcata in modo innaturale sul ripiano del tavolo da dissezione.
Altre mani la afferrano e la trascinano letteralmente sul tavolo.
Lei lotta disperatamente ma non può fare niente.
Adesso è completamente distesa su di esso.
Viene afferrata alle gambe e alle braccia da una serie di mani che iniziano a tirare il suo corpo nelle quattro direzioni opposte.
Roxana è completamente immobilizzata. Come inchiodata sul tavolo. Il suo corpo forma una specie di X.
Sente il fetore dell’alito marcio dei morti su di lei.
Vede le loro espressioni fameliche.
Sa che tra poco inizierà il loro orribile banchetto.
Eppure ancora non attaccano.
Altre mani ancora iniziano a strapparle l’uniforme mimetica di dosso.
Le sfilano gli anfibi dai piedi, poi le calze, i pantaloni, la giacca…la canottiera. Tutto.
In pochi secondi resta completamente nuda.
Samir non può fare a meno di ammirare quel corpo.
Nuda, seppur tesa dalla trazione degli zombie come una corda di violino, è pur sempre davvero un bel corpo.
Le costole risaltano sotto la pelle tesa, i seni appiattiti sul torace, la pancia incavata.
Uno zombie si piega su di lei in fondo al tavolo. Osserva con curiosità i suoi bei piedi nudi. Poi inizia a leccarglieli sotto le piante.
Ma un istante dopo i suoi denti si chiudono come una tagliola sulle dita.
Roxana sente il dolore, improvviso, atroce, provenire dal suo piede sinistro, azzannato e mutilato.
“Uaaaaarrrgghhhhhhh…!!!”
Roxana decide di urlare alla fine.
Urla come può, con tutta la forza che le rimane.
Le sue urla sono come un segnale per loro.
Altre mani affondano nella sua pancia piatta. Nuda e indifesa. La aprono, lentamente ma inesorabilmente. La aprono completamente.
Poi, in un crescendo di follia parossistica, iniziano a svuotarla.
Metri e metri di lucide, scivolose, lunghissime budella vengono estratte dal suo ventre e contese.
Samir osserva impassibile la russa che viene letteralmente sbudellata. Viva.
Sente le sue urla che ormai non hanno più nulla di umano.
Bocche putride e fameliche azzannano ovunque.
Cosce, costole, seni, gambe, piedi, mani …ogni cosa.
Uno zombie ha la testa fra le sue gambe spalancate e le sta divorando la vagina.
Altri zombie premono da dietro, gli uni sugli altri, per accaparrarsi il loro pezzo di pasto caldo e palpitante.
Il tavolo da autopsia è inondato di sangue. Talmente tanto sangue che cola sul pavimento.
In meno di venti minuti il corpo di Roxana viene letteralmente smembrato e consumato fino alle ossa.
Lo spettacolo è finito.
Samir chiude gli occhi per un momento. Ha vinto lui alla fine. Ha avuto la sua vendetta. Ed è stata atroce.
La puttana russa ha sofferto una morte orribile e lui se l’è gustata tutta. Giustizia è fatta. Grazie ad Allah.
Ha guardato tutta la scena. Ha goduto nel vedere la sua odiata nemica venire fatta a pezzi.
“Hai avuto quello che ti meritavi, troia”, pensa dentro di sé.
Samir si alza dalla sedia. Ormai qui non è rimasto più niente da fare.
È tempo di andare.
Prima di lasciare la sala rivolge un ultima occhiata ai monitor solo per vedere la piccola orda di zombie abbandonare la sala autopsie per dirigersi verso i livelli superiori.
Massimiliano Foschi