dai nostri inviati Igor Zanchelli e Luca Pennati
Il cielo è sereno; l’aria un po’ frizzantina viene temperata dal calore del sole che, ogni tanto, si fa vedere attraverso i palazzoni che circondano i giardini di Porta Venezia. Arriviamo con tutta la famiglia ed entriamo nel parco alla ricerca dei nostri cari putridoni.
Il parco ha una atmosfera tipicamente autunnale.
Persone silenziose sono prese dallo jogging, dalla lettura o semplicemente sono intenti a passeggiare con i loro cani. Nessuno presta attenzione a ciò che accade vicino al bar, sotto dei gazebo appositamente allestisti. Rivediamo la tipica scena dei film, nei quali all’inizio ognuno pensa a fatti suoi e tutti sono ignari che, da lì a poco, qualcosa di terribile li travolgerà.
Una musica attira la mia attenzione. Li vedo alla nostra destra vicino ad un camioncino, che danzano a ritmo di tecno. Subito dietro il mezzo, l’area di trucco dove bravissime truccatrici si affannano con maestria per rendere “veri morti” i “finti vivi”.
Sono una massa indefinita che danza a ritmi lenti e scomposti, muovendosi come una vera orda. C’è anche qualcuno che si affanna per dare un morso ad una succulenta gamba finta.
La passione porta a fare cose incredibili, ma questo è il gioco. Questo è il cosplay e piace parecchio.
Tra l’altro ricordiamo che una volta halloween era la festa di streghe e fantasmi, ora invece gli zombie sono saliti agli onori della ribalta, non a caso sono stati scelti come traino dell’horror party in maschera più importante che si terrá a Milano venerdì 31 ottobre.
Ci caliamo quindi nella parte di sopravvissuti che vedono da lontano la scena. Individuiamo un paio di vie di fuga che appaiono abbastanza sicure (non si sa mai), ed anche un rifugio temporaneo in caso di attacco.
Ci avviciniamo alla massa e notiamo fin da subito che sono divisi. Una parte forma un’orda numerosa, alcuni sono in gruppetti da tre o quattro elementi, mentre altri sono soli e vagano tra i presenti.
Che questo sia uno schema di comportamento dei nostri amati non morti? Arriviamo a pensare che sia meglio non farli incazzare…
Tutti ad ogni modo sono fieri di essere annoverati tra le fila degli zombi, sfoggiando orgogliosamente i segni dell’infezione sul loro corpo e le loro carni lacerate. Ragazzi e tante ragazze insieme per divertirsi ad interpretare una morte anche sexy nella sua putrescenza.
Scattiamo foto, avendo l’accortezza di non farci circondare ed avere sempre almeno una via d’uscita. Come esercizio non è male!
Vi assicuriamo che la situazione è surreale, sembra di essere davvero in una apocalisse zombie, quando alla vista si mostrano solo non morti e non si riesce a scorgere alcun vivo. Ti viene quasi la tentazione di gridare, voltarti e scappare a gambe levate. Ti giri e vedi solo loro col tipico sguardo assente ed inquietante. La cosa più strana è che non esiste dialogo tra i vivi e gli zombie, non si parla ma si odono solo versi e pose di attacco. Forse è proprio questo che succederebbe nella realtà, noi scappiamo e loro ci inseguono.
Magari un’orda, oppure un gruppetto o ancora qualche singolo troppo sicuro delle sue capacità di caccia. Ci sarà una persona viva che scappa e una persona morta che l’insegue.
Inizia la sfilata. La massa si muove dietro il camioncino che spara musica a tutto volume; si muovono lentamente come tradizione vuole, rivediamo la scena del pifferaio magico della famosa favola con al seguito i topi.
Anche la location, i giardini di Porta Venezia, si presta bene a creare l’atmosfera. In questo autunno ormai avanzato gli alberi hanno cambiato il colore, da verde in marroncino, e le foglie cadono, mostrandoci e catapultandoci in una atmosfera cupa e decadentemente perfetta, nonostante il sole ogni tanto si affacci sulle nostre teste.
Non sappiamo cosa queste persone facciano nella loro vita, quali rapporti abbiano con gli altri uomini, quali siano le loro speranze ed aspettative nella e dalla loro esistenza, ma vedendo l’entusiasmo e la voglia che hanno mostrato nell’entrare nei ranghi dei non morti, temo che le fila degli zombie, in caso di outbreak, sarà molto numerosa. Noi sopravvissuti, attaccati tenacemente alla vita, dovremmo combattere molto e duramente per restare quello che siamo, ovvero vivi.
Dobbiamo ammettere che è stata una esperienza davvero interessante ed istruttiva, in una sorta di grande simulazione e con le giuste considerazioni si può testare, nel corso di questi eventi, il proprio grado di preparazione alla sopravvivenza.
Igor Zanchelli e Luca Pennati