di Massimo Miranda
“Il suo interesse per le attività quotidiane equivaleva a quello di un maiale per l’algebra, e Il vaiolo attraversò tutta la città come se fosse a caccia di soldi”
La Foresta, di J.R. Lansdale
CASERTA – OSPEDALE SAN SEBASTIANO
Ore quattro punto cinque-tre.
L’auto sgomma nei pressi dell’ingresso secondario del Pronto Soccorso, ospedale San Sebastiano, Caserta.
Il vigilante fa appena in tempo a capire che ad essere buttato giù di sicuro è una persona che sta male, chicazz’, è un nero, ed è coperto di sangue; un rivolo di rosso gli scorre dagli occhi, un mare di vomito gli bagna il petto.
L’ambulanza arriva stranamente rapida e poco dopo l’uomo viene portato in infermeria. Uno sbocco di sangue, un altro, e un altro ancora. Il medico e l’infermiera vengono letteralmente “colpiti” dallo spruzzo, mischiato, d’acido e liquido. Pus, niente tempo, il cuore batte impazzito e fuori sincrono.
“Portatelo in sala operatoria, forza- forza- forza!”
L’orologio a muro ora segna le 5 e 34.
L’infermiera investita dal vomito e dal sangue staccherà alle 6 in punto. Si chiama Adele, è una bella donna, sempre allegra e piena d’amore. Il dottor Falco barcolla e asciuga il sangue rappreso dal collo. La caposala gli asciuga il sudore.
“Dottò, fa cav’r, è vè?”, chiede l’infermiere.
“Sì, sì, Salvatò…m’appoggio n’attimo nello studio e vengo…vengo subito. Voglio sapere cos’è successo, al nero.”
“Dottò, ma v’ sentite buono?”
Il medico ha già la febbre alta.
“Certo…arrivo fra poco. Come no…”
Assad. L’uomo nero ha un nome. Il cuore di Assad ora fibrilla. E ancora sputa sangue.
I medici non hanno capito che potrebbe trattarsi di Ebola. Qui in Italia la destra e la sinistra (insomma, la MAFIA) dibattono su razzismo ed accoglienza, e proprio qui, in culo al mondo, nell’ospedale casertano arriva quello che sarebbe stato definito poi “il Pazient- Zero Europe”. E’ iniziato tutto con lui.
“Non era Ebola, però.”
Ora del decesso: 6 e 31.
A nulla valgono i tentativi di rianimazione. “Scarica!” “Libero!” “Scarica”. Più volte. Elettrocardio piatto. “E’ morto, fermati”. Morto. “Se n’è andato bestemmiando…”, sussurra la caposala. “Dovrà pure giustificarsi, ora, per quelle bestemmie”.
“Si chiamava Assad.”
Il telo verde si sposta, improvviso: Assad, gli occhi bianchi, si rialza, azzanna alla giugulare la donna e il sangue sprizza verso l’alto, grave.
“Cristo santo”, esclama l’infermiere. Falco, rientrato in sala, vomita.
“Dottò, dottò, fujimmancenne!”, esclama Salvatore.
Ma il medico ringhia e lo squarcia tra le gambe. Adele, nel frattempo, ritornata a casa, sussurra un “Non sto tanto bene…”, poi si addormenta e il suo cuore si spegne.
Gli occhi bianchi, il divorare e il divorarsi.
Una reazione a catena, inarrestabile, da quel momento in poi.
Intere famiglie a massacrarsi, là fuori, ovunque.
“Il mare è bello alle 4.28 del mattino, non un chilo di più”.
(Honey Bunny, 1973, Poesie)
“Come un animale in agguato, stai giù. L’orizzonte degli eventi s’accorcia: per ora puoi solo l’imboscata”, più o meno Bukowski.
“Entro nei tuoi occhi come in un bosco pieno di sole”.
Massimo Miranda