di Igor Zanchelli
È pacifico ed assodato che molte regole e posizioni sociali delle moderne civiltà, in una situazione di Apocalisse Z, non hanno più possibilità e ragione di esistere. La struttura sociale deve necessariamente essere riformata in un contesto di essenzialità e semplicità, cancellando velocemente l’artificioso e indotto bisogno di frivolezze. I concetti di dirigente, ricco, potente, possidente, responsabile della produzione o addetto alla qualità, letterato, magnifico rettore, valgono praticamente zero; di fronte alla bocca marcia di uno zombie siamo tutti uguali.
Ai suoi occhi, per quanti titoli o denominazioni possiamo vantare, siamo solamente carne fresca da azzannare.
Nella nuova vita ha più valore un rude boscaiolo analfabeta, che il fisico teorico più dotato del mondo. L’organizzazione sociale del gruppo di sopravvissuti, deve essere la più semplice e fluida possibile. Niente titoli accademici o nobili appellativi, quello che serve, utile, è chi sappia “far andare” le mani.
Si dibatte continuamente circa la strategia che possa risultare vincente in una apocalisse zombie. I survivalisti tendono ad immagazzinare scorte e racchiudersi in una fortezza impenetrabile rendendosi autosufficienti, sperando così di allungare il più possibile la propria sopravvivenza nell’invasione dei tanto cari putridi cannibali.
Ma questa è davvero una strategia vincente a lungo termine?
O forse è il nomadismo la strategia più conveniente nella terra dei morti viventi?
Il nomadismo è una caratteristica ancora presente nel nostro DNA. Una reminiscenza atavica che abbiamo ereditato dai nostri progenitori quando abbandonate le caverne, hanno compreso, a caro prezzo, che rimanere in un posto era fonte di pericoli costanti. Infatti, non avendo ancora sviluppato tecniche di difesa efficaci, si muovevano continuamente.
Col termine nomadismo si intende: “…una forma di mobilità legata solitamente a una forma di economia, ma che può essere praticata anche per motivi di tradizione storica e culturale.
Il nomadismo dei cacciatori-raccoglitori deriva solitamente dalla necessità di provvedere direttamente ai propri bisogni nell’ambito di una economia di mera sussistenza, e si presenta come un fenomeno ciclico entro un territorio … Inoltre più elevato è il grado di nomadismo, più fluida è l’organizzazione economica e sociale …”.
Non si può non notare che il nomadismo è legato ad una forma economica di mera sussistenza e l’organizzazione sociale è rudimentale e scevra da ogni arzigogolata struttura moderna.
Sappiamo che in una apocalisse Z tutte le comodità che attualmente abbiamo a disposizione, acqua, energia elettrica, medicine, rifornimento di cibo e di armi, cesseranno di esistere e tutto quello che oggi diamo per scontato, non sarà più cosi immediato come siamo abituati.
Il cibo e altri oggetti di uso comune, non ci verranno più forniti su dei vassoi o in colorati sacchetti di materiale biodegradabile semplicemente presentando uno scontrino, ma sarà reperito faticosamente dopo una dura “lotta” e al costo di una enorme fatica.
La nostre abitudini dovranno necessariamente cambiare e giocoforza adattarsi a questa nuova realtà, pena la morte.
Allora mi chiedo perché non “rispolverare” qualcosa che già sappiamo fare, ovvero diventare dei nomadi cacciatori/raccoglitori utilizzando quelle risorse che la natura ed il territorio mette a disposizione?
In fondo, come razza umana, lo abbiamo fatto per migliaia di anni. Alcuni popoli la praticano ancora oggi. Adattarsi a questa nuova dimensione comporta degli enormi vantaggi considerando, principalmente, ché la nostra economia, in una apocalisse Z, necessariamente diventerebbe un’economia di mera sussistenza.
“… L’economia di sussistenza è una tipologia di sistema economico in cui vige un sistema di scambio non monetario, basato sull’utilizzo esclusivo delle risorse naturali in quanto fonte primaria e assoluta per garantire il sostentamento e la sopravvivenza degli esseri umani. Le tecniche di approvvigionamento del cibo e dei beni che caratterizzano l’economia di sussistenza sono l’agricoltura di sussistenza, la raccolta, la caccia, la pesca e la pastorizia. In questo genere di economia ogni singolo membro della comunità provvede al sostentamento di sé e degli altri tramite la cooperazione, il solidarismo, la condivisione e il dono, in modo tale da garantire la sopravvivenza di tutti i membri della comunità.
«Sussistenza» significa sostenere se stessi ad un livello minimo; in un’economia di sussistenza lo sviluppo economico è minimo e il commercio (o baratto) viene utilizzato per beni di base …”
La cooperazione diviene condizione necessaria alla sopravvivenza, al benessere e alla sicurezza di tutto il gruppo. Ogni singolo membro della comunità volontariamente coopererà a quanto occorre.
Poiché le regole saranno poche e semplici, anche il più acculturato letterato membro della comunità dovrà stringere tra le mani un badile, scavare trincee o spaccare teste marce. Poco importa se mentre lo fa recita a memoria, in dialetto volgare, l’intero canto dell’inferno della Divina Commedia.
Inoltre le risorse naturali saranno rinnovabili se utilizzate con criterio; dopo aver usato ciò che un determinato territorio offre e spostandosi, si permette a qual lembo di terra di rinascere. Non si avrà uno sfruttamento intensivo che, troppo spesso, è causa della “morte del territorio”.
In termini di pura sicurezza, i vantaggi sono enormi, muovendosi non si è facili bersagli di predoni o morti-viventi.
Con il nomadismo molte rappresentazioni comportamentali, quali inattività, sfruttamento, inoperosità, scompaiono; l’uomo si riadatta a quella idea di comunità originaria, all’interno della quale ogni singolo elemento è indispensabile per il bene comune, nella quale chi non coopera è un inutile peso da abbandonare lungo il cammino.
È però altrettanto vero che la vita nomade espone a molteplici pericoli che tendono a far alzare nella comunità la soglia di attenzione, si sarà sempre sul chi va la, sotto tensione e pronti. Ma se vivete in una infernale terra, infestata da esseri deambulanti cannibali, sotto il costante pericolo di attacco da parte di bande di vostri simili il cui unico scopo e di rubarvi il cibo e la vita, essere sempre all’erta e pronti è forse un errore?
Nelle culture nomadi il termine principale, importante, onnipresente è il concetto di Comunità. Questa diviene quasi un unico organismo umano, formato da tante singolarità il cui scopo e fine è di proteggere e far prosperare l’insieme. Diviene una legge assoluta il famoso motto dei tre moschettieri “uno per tutti e tutti per uno”.
Essenzialità, semplicità, mutua protezione e cooperazione, assistenza e uguaglianza relativa, tutti concetti base del nomadismo.
Esiste forse una strategia migliore per sopravvivere (a parte una grandissima dose di fortuna)?
Igor Zanchelli