FANS

di Nicola Luceri


Mi risvegliai legato su una barella, in una stanza vuota e asettica.
Il gelo aleggiava su di me. Avvertivo strane sensazioni
mai provate prima. Tutto era amplificato. Potevo sentire
ogni parte del mio corpo a contatto con la barella. Ero
stordito dal mio olfatto perché sentivo forti odori di
ogni tipo. Tra tutti spiccava il gustoso (avevo davvero
pensato gustoso?) odore di carne umana.
Mi dimenai. Volevo liberarmi, alzarmi e gridare
maledizione, svegliati da questo dannato incubo! Ma, a quanto
pareva, non stavo affatto sognando: mi trovavo
realmente in quel posto a me sconosciuto, per ragioni
altrettanto sconosciute. Mi sentivo inerme, incapace di
reagire alla situazione. Non avevo forze e ciò rendeva
tutto più frustrante.
Mentre continuavo a muovermi convulsamente sulla
barella, entrò una figura che, in un primo momento,
non riconobbi. Dopo alcuni tentativi di metterla a
fuoco, compresi che quella era la donna che mi aveva
sedato. Indossava un camice bianco e teneva saldamente
in mano una cartellina rigida, di quelle che servono per
prendere appunti. Annusai l’aria. Che buon profumo,
pensai. Lo stomaco brontolò.
L’avrei presa a morsi fino a strappare la sua morbida
carne, gustando il sangue e inebriandomi del suo essere.
Erano pensieri malati, ne ero consapevole, ma non
riuscivo a scacciarli. L’unica cosa che desideravo in quel
momento era cibarmi di lei perché la fame
si stava cibando di me.
La donna si ravviò la bionda chioma. Tenendosi ben
distante da me, parlò: “Sono la dottoressa Elisabetta
Tancredi. Signor Anselmi, le dirò alcune cose
fondamentali. Se comprende ciò che le dico mi faccia
cenno con il capo. Ha capito?”
Non sono mica scemo, pensai. Certo che avevo capito. La
donna proseguì dopo il mio cenno d’assenso. “In
questo momento siamo a Bari, nella sede principale
italiana della “NewLife Biological Weapon Research” di
New York. Nei giorni a seguire, porteremo a termine
vari test per capire se lei, signor Anselmi, possa essere
un’arma biologica ancora recuperabile. Comprende?”
Feci cenno di sì con il capo, anche se mi sembrava tutto
una follia.
“Lei ci appartiene, signor Anselmi. Ha firmato un
contratto. Qualcuno ha voluto portarla via da noi,
restituendole una misera e comune vita, facendo
riaffiorare i ricordi passati e distruggendo il nostro
costoso lavoro. Questo qualcuno ha un nome. E’ un
gruppo di ribelli che si fa chiamare “Rinascita”. Rubano
le nostre armi biologiche e le “curano”. Mi chiedo
perché tengano così tanto a riportare alla vita di tutti
giorni degli esseri inutili che si sono venduti a noi per la
salvezza delle loro famiglie”. La donna, sicuramente uno scienziato, lasciò la stanza.
Tornò il silenzio. E nel silenzio riuscii finalmente a
pronunciare una parola. Puttana.

Nicola Luceri


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