di Giuseppe Carbone
Salvatore esplorava l’enorme terrazza come un animale in gabbia, era riuscito a sbarrare la pesante porta alle sue spalle. Scappare, questa era la strategia, scappare come quando la piccola Rita era stata attaccata da questi malevoli mostri, abbandonandola per rifugiarsi sul pulmino, scappare al solo sentore di pericolo come quell’altra volta che lasciò da solo Daniele a recuperare la preziosa pompa a manovella per il recupero del carburante.
Ora si ritrova da solo sulla terrazza di un enorme palazzone a dodici piani, in un quartiere che forse è il più grande e popoloso di Catania il famigerato Librino, quartiere popolare tristemente noto alle forze dell’ordine.
Ansimando cerca invano gli altri del gruppo affacciandosi dal cornicione, nessuno! Impreca pensando alla cattiva sorte, poi esausto si lascia andare a terra.
Tardo pomeriggio, comincia a fare freddo, i colpi alla porta non gli permettono di concentrarsi, riesce solo a pensare “mi sono attardato troppo a lungo con quel barattolo di frutta sciroppata”.
Il comandante della base ha arruolato per così dire parecchia gente, sopravvissuti di passaggio o incontrati per caso dalle pattuglie d’esplorazione, adotta sistematicamente lo stesso protocollo, li accoglie all’interno della base (Sigonella, una base aerea che gli americani hanno abbandonato poco prima dell’esplosione di questa nuova peste che fa dei morti cacciatori di vivi), ne brucia effetti personali e mezzi di trasporto, sequestra loro le armi con la scusa della sicurezza interna, li riveste con tute militari e poi li mette davanti a una scelta: accettare le sue regole o ritornare fuori nella strada senza più niente. Naturalmente tutti o quasi accettano diventando di fatto degli schiavi, i pochi dissidenti non hanno storia!
Anche il gruppo di cui faceva parte Salvatore ha avuto la sventura di transitare nei pressi della base ed essere “fagocitata”.
I militari accompagnano i “cercatori”, non prendono parte attiva alla ricerca ma si limitano alla copertura esterna lasciando che il gruppo si organizzi per conto proprio, armati di baionetta i cercatori raccolgono tutto quello che possono nei loro zaini per poi consegnare il tutto al ritorno armi comprese. Salvatore da opportunista consuma sul posto, nessuno fa coppia con lui, nessuno si sentirebbe al sicuro, molti lo chiamano ” gambalunga”. Così concentrato nell’aprire il barattolo non si era accorto che un paio di infetti erano entrati nell’appartamento e solo quando uno di loro afferrandolo per un lembo della tuta che Salvatore si era reso conto del pericolo. Mai mossa fu più azzeccata, in pratica lasciando cadere barattolo e baionetta aveva fatto tre lunghi passi all’indietro attorno al tavolo del soggiorno continuando a strattonare l’assalitore si era chinato per passare dall’altra parte del tavolo e guadagnare l’uscita, il brusco movimento aveva fatto sì che l’infetto sbattesse il viso sul piano del tavolo e lasciasse la presa rotolando per terra, un gatto non sarebbe stato così veloce nello sgattaiolare fuori, pochi gradini verso il basso e con sconforto si era bloccato, non li aveva contati ma gli infetti dovevano essere almeno sei, “che cavolo di controllo avevano fatto i militari?” si chiese mentre a due a due risaliva i gradini, la corsa non si era fermata neanche di fronte alla porta della terrazza, fuori all’aperto si fermato, un solo pensiero: “come chiudere la porta?”, un flash, la chiave è all’interno, chiusa la porta a chiave…………..
Intanto è arrivata la sera, accucciato in un angolo ha fatto l’abitudine ai continui colpi alla porta. Domani torneranno sicuramente, il quartiere è grande, pensa, e se pensano non valga la pena rischiare?, sa benissimo che i militari non rischieranno, non è la prima volta che qualcuno viene abbandonato dai militari, è anche consapevole di non godere la stima dei suoi compagni e poi troppi infetti per affrontarli con le sole baionette, ma come tornare giù?. La notte è decisamente fredda! sempre rannicchiato nel suo angolino ogni tanto gira lo sguardo tutt’intorno sperando di trovare una soluzione. La luna stanotte sembra ancora più grande, un tirante delle antenne sembra tagliarne una parte….antenne? ecco la risposta al suo quesito: come scendere giù? soluzione; il filo delle antenne, ci sono più antenne quassù che alberi nella pineta di Nicolosi. Piano si alza, nella sua mente tutto sembra prendere forma. Gli servirà una fune lunga almeno dodici metri più l’ancoraggio, ha una notte davanti e qualche ora di domani per preparare il tutto. Prepara la fune intrecciando tre diversi fili, per sicurezza avvolge a spirale qualche tirante d’acciaio o semplice fil di ferro che sostengono le antenne attorno alla “treccia”, è riuscito a preparare una fune lunga almeno quindici metri, almeno crede, ha fatto il conto in passi, la fissa attorno a una tubazione dell’acqua molto vicina al cornicione, la fune sfiora i balconi, calarsi non sarà difficile, difficile sarà trovare il coraggio per farlo.
Prime luci dell’alba, Salvatore trova non il coraggio ma la paura di lasciarsi scivolare, arrivare a fianco del secondo balcone e come una furia entrare nell’appartamento, attraversarlo, scendere le scale e finalmente trovarsi all’aperto. Appena un’ora dopo avvista nel cielo uno dei droni che i militari usano per controllare l’area, s’incammina verso la salvezza………forse.
Giuseppe Carbone