di David Randino
FASE UNO: VIVI FINO A DOMANI
CAPITOLO 1: CALMA APPARENTE – Parte Prima
BRESSANONE: 14 MAGGIO 2015
La scritta sul muro era sbiadita, ma ancora leggibile.
Marco stava impalato davanti a quel messaggio, “QUESTA città è morta … ADDIO CASA”, il sole era alto nel cielo azzurro sgombro da nuvole, non si udiva alcun rumore, tutto sembrava immobile.
La giornata fresca e senza cattivi odori gli fece ricordare, per un breve istante, casa sua ma purtroppo i ricordi erano sbiaditi più della scritta che aveva davanti agli occhi; si adombrò per un momento, la consapevolezza di sapere che stava perdendo i ricordi lo amareggiava molto, non ricordare i volti dei propri affetti, i luoghi cari, la vita di prima era una tortura … una lenta agonia. Non ricordare equivaleva a morire in questo nuovo presente che era costretto ad affrontare.
Cercò di tornare al presente, fece due passi indietro e si voltò, mentre si allontanava da quel monito scritto su un muro pericolante. Si augurò che la prossima città non fosse anch’essa morta.
“Hai buone notizie” disse Paolo andandogli incontro.
“No amico, nessuna buona notizia, anche questa città è come le altre”.
“E ora?” domandò Paolo sistemandosi gli occhiali da vista dalle spesse lenti.
“Cosa vuoi che ti dica, ci rimettiamo in cammino sperando di essere più fortunati”.
“Abbiamo bisogno di cibo e sopratutto di acqua, le giornate iniziano a essere calde, rischiamo di disidratarci in fretta”.
Marco si fermò e voltò la testa, il suo sguardo si posò ancora una volta su quella scritta, poi appoggiò una mano sulla spalla dell’amico:
“Vedrai che presto troveremo tutto ciò di cui abbiamo bisogno. Ce la siamo cavata fino ad oggi e continueremo a farlo”, cercò di essere il più convincente possibile e dentro di lui si augurò di esserci riuscito.
Raggiunsero il resto del gruppo che era rimasto ad aspettarli poco distante, Marco notò subito i loro visi demoralizzati come se già sapessero che non portava nessuna buona notizia.
3 ANNI PRIMA.
MANCANO 210 GIORNI ALLA PANDEMIA Z MONDIALE.
MILANO, OSPEDALE SAN RAFFAELE, 28 OTTOBRE
La Dottoressa Tosetti era da troppe ore chinata sul microscopio, aveva cambiato un’infinità di piastrine, nella vana speranza di vedere qualcosa di diverso, ma il risultato era sempre il medesimo.
“Devo ricontrollare” si diceva da sola, anche se era ben cosciente che i suoi dati erano, purtroppo, corretti fin dal primo test effettuato.
Ricontrollò e vide ancora lo stesso risultato: batteri sconosciuti che producevano miliardi di tossine; si alzò dal microscopio e pensò velocemente:
“La tossina del botulino, il micidiale batterio delle intossicazioni alimentari, è tra le sostanze più velenose della Terra. Ne bastano 85 milionesimi di grammo per uccidere un uomo … ma questo … è peggiore, è diverso … io … io …”
Si precipitò fuori dal laboratorio correndo. Nella fretta perse una scarpa ma non se ne curò, non c’era tempo da perdere; arrivò davanti all’ascensore e schiacciò più volte il tasto di chiamata.
Quando finalmente si trovò dentro la cabina che saliva velocemente cercò di ragionare, quello che stava per rivelare al Primario, nonché suo amico il Dottor Michele Scosta, avrebbe per sempre cambiato la sua vita, e quella di miliardi di esseri umani.
MILANO ZONA PORTA ROMANA, QUELLA STESSA SERA
La giornata era trascorsa lenta e noiosa, le luci dei lampioni illuminavano le strade buie, Daniele stava sul balcone del suo appartamento al primo piano e respirava la notte, che poco per volta aveva preso il posto del giorno.
La sua mente era affollata di pensieri. Il rapporto con la sua ragazza Pamela era al capolinea, il lavoro andava malissimo, era in arretrato con l’affitto, praticamente si ritrovava a 38 anni con una vita che rasentava lo zero assoluto.
Guardò in basso ed osservò le persone camminare, cercò d’immaginare le loro le loro vite e si sentì tremendamente solo, oltre che sfigato. Pensò che la vita andava così, un momento gira tutto bene e il momento successivo gira tutto una merda … c’est la vie!
Tirò una boccata alla sua Luky Strike e rientrò in casa, era il mese di ottobre e le temperature erano stranamente precipitate, sarebbe stato un inverno gelido, tremendamente gelido.
MILANO 28 OTTOBRE
Il Dottor Scosta riagganciò il telefono dopo una conversazione di quaranta minuti e guardò la Dottoressa Tosetti dritta negli occhi.
“Hanno effettuato esami sui campioni ricevuti, sono giunti alla tua stessa conclusione … ma c’è dell’altro”. Il medico si lasciò andare contro lo schienale della sedia e si passò le mani sul viso, poi inspirò profondamente e riprese a parlare:
“I campioni spediti in vari centri, compreso il nostro, provengono da un paziente”, si bloccò come se stesse cercando delle parole razionali per dare un senso alla cosa assurda che stava per dire, ma la Dottoressa lo anticipò:
“Provengono da un paziente deceduto, anche se …” non terminò la frase, i due chinarono il capo, erano confusi e spaventati.
Fu l’uomo a rompere il silenzio:
“Il paziente è deceduto due giorni fa a causa di un incidente stradale, ma inspiegabilmente si è risvegliato dopo un paio d’ore e ha manifestato chiari comportamenti schizofrenici e folli. Ha aggredito a morsi due infermiere. Una delle due è deceduta dopo pochi minuti per i danni riportati a causa delle lacerazioni dovute ai morsi; l’altra è in coma, ma le sue speranze di riprendersi sono praticamente nulle. Hanno tentato di calmare il paziente zero sedandolo e legandolo, ma è stato tutto inutile, alla fine lo hanno dovuto …” si fermò un attimo per riprendere fiato, “…uccidere. Ci sono state delle difficoltà nel farlo. Assurdo! Hanno tentato con un’iniezione di Pentobarbital, ma non ha sortito alcun effetto, poi un medico si è reso conto di qualcosa a cui nessuno aveva fatto caso nella concitazione del momento, l’elettrocardiogramma del paziente era piatto … era morto insomma. Tutto pareva tranne che un cadavere. Alla fine sono riusciti nel loro intento ficcandogli una forbice nel cranio … ah … poco prima avevano ficcato la stessa nel petto … senza ucciderlo”.
Carla Tosetti venne pervasa da una sensazione di terrore, lei donna di scienza non poteva accettare quanto aveva appena sentito, era qualcosa di impossibile, inspiegabile, si scusò con il Dottor Scosta e si precipitò alla toilette.
I conati di vomito erano finiti, si sentiva spossata, le forze erano sparite, aveva solo voglia di tornare a casa e stendersi sul divano.
Uscì dal bagno e chiese a Michele se le potesse chiamare un taxi, lui alzò la cornetta del telefono e compose un numero.
David Randino