di Joe Vanni
Il sole invernale riscaldava l’aria, ma il freddo era lo stesso pungente e mi fece venire in mente che dovevo anche procurarmi della legna per la stufa. Fortunatamente la zona era piena di segherie, proprio all’esterno del paese, e caricarla in macchina già tagliata non sarebbe stato un problema.
Ma il primo pensiero rimaneva la ricerca di armi, meglio da taglio, perché nel corpo a corpo non si inceppano e non si scaricano… anche se utilizzarli contro un ceppo è una cosa, contro un uomo, anzi un morto, un’altra.
Mi sarebbe piaciuto trovare qualcosa che avesse una potenza di fuoco abbastanza rilevante, magari da adoperare su una distanza di un centinaio di metri o più. Insomma qualcosa utile per tirare dalla casa fino al cancello, o meglio fino alla strada provinciale, circa 200 metri. Un arma da fuoco con la quale passare il tempo di giorno ad abbattere qualche infetto, o qualche vivo pericoloso.
Di sicuro non sarei riuscito a reperire niente che facesse al caso mio, al massimo qualche balestra, ma questa me la potevo costruire benissimo da solo.
Feci un giro di perlustrazione nel paese senza incontrare anima viva e nemmeno morta.
Mi diressi alla stazione di servizio per fare benzina. Purtroppo senza corrente la pompa non funzionava. L’unico sistema per estrarre il diesel, per quel poco che ne capivo, era scardinare la botola di riempimento del serbatoio, infilare un tubo e aspirare il liquido.
Per oggi niente carburante, ma l’indomani sarei ritornato col tubo e la pompa che usavo per travasare il cherosene dal contenitore al serbatoio della stufa supplementare che tenevo a casa.
In ogni caso, se anche questo sistema si fosse rivelato non fattibile per la profondità del pozzo della stazione di servizio, potevo sempre prelevare il carburante dalle auto posteggiate o abbandonate dappertutto.
A questo punto andai al supermercato. Con la mazza abbattei una vetrata ed entrai a fare provviste.
Il negozio era vuoto, con le bistecche e la carne ancora nel frigo spento. Oggi avrei mangiato costata gratis.
Stipai tutto ciò che mi serviva in macchina e ripartii in cerca di un negozio di articoli sportivi.
La porta era in ferro, ma con un po’ di buona volontà, a forza di piccone, mazza e subbia, riuscii a divellere i cardini e a penetrare all’interno.
Coltelli a volontà, balestre, archi, qualche katana discreta, frecce. Tra le balestre scelsi una Barnett Penetrator da 175 lbs. Forse non era la più potente, ma conoscevo la marca e aveva un discreto cannocchiale. Feci incetta di dardi, coltelli di vario genere e tre katane.
Poi, un giro in paese per passare dal tabaccaio…chiuso. Questa volta, invece di distruggere la porta, scassinai il distributore automatico. Ottimo quantitativo, ma sarei ripassato.
Per strada ancora nessuno, né vivo né morto.
Non che avessi questa gran voglia di dialogare con qualcuno, io stavo benissimo da solo, ma ogni tanto una chiacchierata mi piaceva.
Forse questa condizione era la situazione ideale del mio mondo, del mio modo di essere. Nessuno a rompermi i coglioni, a citofonare a casa, niente più bollette da pagare, telegiornali del cazzo da seguire, politici da sfamare. Mai più tasse. Tutto quello che mi serviva me lo sarei preso, gratis.
Mi diressi quindi verso casa, pensando alla possibilità che, come me, qualcuno di sicuro si era barricato da qualche parte sopravvivendo all’ecatombe. Ma in giro, per quei pochi chilometri che mi separavano dai miei cani, l’aria era da cimitero e desolazione.
Passai dalla rotonda vicino alla caserma dei Carabinieri.
Forse lì qualcuno, grazie ai muri di cinta, alle sbarre alle finestre del piano terra e alle armi in dotazione, era sopravvissuto.
Posteggiai l’auto nel cortile antistante e controllai dal parabrezza. Fuori dal primo cancello morti non ne vidi, ma la porta di vetro era spalancata.
Qualcosa di strano lo presagivo.
Volevo scendere per accertarmi se c’erano sopravvissuti. Suonai il clacson ripetutamente ed ecco un’orda di zombie uscire dalla caserma e venirmi incontro.
Accesi il motore e lasciai quel posto pieno di morti viventi.
Strada facendo mi imbattei in un casa circondata da qualche lurido putrefatto. Da una finestra vidi la canna di una pistola che sparava contro gli assedianti.
Era il primo vivo che incontravo.
Dal rumore sembrava di piccolo calibro. Dopo qualche minuto gli infetti strapparono l’uomo dalla finestra e se lo mangiarono.
Mentre loro pranzavano, io scesi dalla macchina con una katana e un pugnale. Mi avvicinai silenziosamente. Erano quattro che, chinati, non si accorsero di me.
Due li decapitai velocemente e dopo toccò agli altri.
A terra giaceva una pistola… finalmente! Magari in casa avrei trovato le munizioni. La riconobbi: era un Luger P08 Stoeger di fabbricazione americana, cal. 22 l. r.
Non che io fossi un esperto, ma quest’arma la conoscevo benissimo. Da piccolo mio padre, che ne possedeva una, me la fece utilizzare in campagna. Avrò avuto all’incirca nove o dieci anni, il bersaglio era sempre lo stesso: un palo di luce, posto a circa 100 metri, così almeno mi diceva. Lui non l’acchiappava mai, io, col passare dei mesi e degli anni, sempre.
Presi la pistola ed entrai in quella casa.
Era una villetta al piano terra. Fortunatamente, dopo una prima perquisizione, mi sembrò vuota.
Chiusi la porta, lasciata aperta per fuggire, e mi misi alla ricerca di cartucce e altre armi.
Il proprietario era probabilmente un cacciatore e nell’armadio-custodia trovai un fucile a canne giustapposte, un automatico e un fucile ad avancarica.
Presi i primi due e qualche scatola di cartucce cal. 12 e 22 l.r. Prima di uscire caricai il serbatoio della pistola.
Salito in macchina mi diressi a casa.
Tutto era come l’avevo lasciato. Entrai con l’auto, richiusi il cancello e portai le provviste e l’arsenale in casa. Per precauzione, una spada e la doppietta decisi di lasciarle sul sedile posteriore.
La giornata stava finendo e volgeva la sera.
Chiusi le inferriate ermeticamente, anche per non far trasparire all’esterno la luce, e accesi il lume da campeggio.
Mangiai con i cani in religioso silenzio. Accesi il piccolo gruppo di continuità elettrico, che aveva ancora pochi minuti di autonomia, sorseggiando un bicchiere di grappa, che diventò velocemente mezza bottiglia, e avviai la connessione ad internet.
Funzionava!
Subito cercai di entrare nei vari notiziari online che avevo salvato tra i preferiti, ma nessuno era connesso. Il tempo correva e il gruppo di continuità stava per spegnersi, qualche minuto ancora.
Facebok era lentissimo ma forse si sarebbe aperto. Provai contemporaneamente con la mail. Si aprì e vidi alcuni messaggi scaricati la notte precedente da Facebook.
Erano tantissimi e, dall’oggetto, si leggevano frasi come “siamo stati attaccati”, “è un’epidemia”, “la fine del mondo”, “c’é qualcuno vivo?” “aiutatemi vi prego” “a Calvi resisteremo”.
Il gruppo di continuità e il computer si spensero.
Il lume era acceso, presi la bottiglia di grappa, bevvi a canna e me la scolai.
Joe Vanni