di Mariano Ciarletta
John correva per la foresta assaporando l’odore di gelsomino presente nell’aria e scuotendo la testa da destra a sinistra, così da far andare nella stessa direzione i suoi lunghi capelli biondi che, di tanto in tanto, finivano con l’impigliarsi in qualche ramo un po’ troppo sporgente. Si morse delicatamente le labbra, quasi per voler manifestare il piacere che quella corsa gli stava donando. Era la parte migliore della giornata, il momento in cui, per un istante, poteva staccare la spina da tutto, poteva ritagliarsi un mondo a parte fatto di vento sulla pelle, profumi, calzoncini in cotone e la sua immancabile canotta verde con sopra scritto I love Football. Procedendo lungo la corsa vide due teneri scoiattoli scambiarsi piccole effusioni e mordicchiarsi le lunghe code vicendevolmente.
John si chiese se non fosse una tattica di corteggiamento tutta loro e, si trovò a considerare che molto probabilmente, era anche più efficace di quelle che certe sue coetanee utilizzavano in maniera spudorata per fargli comprendere quanto avessero voglia di fare l’amore con lui.
John sapeva di essere bello, ma non ne andava fiero, era una persona semplice e, come tutte le persone semplici amava rimanere in silenzio, godersi la vita e trascorrere le giornate facendo lunghe passeggiate per Georgetown una tra le città più affollate e caotiche di Washington.
Ma non quel pomeriggio.
Quel pomeriggio John sentiva un richiamo, un impulso più forte delle altre volte. Doveva indossare quei calzoncini, infilare le sue amate scarpe da corsa e correre. Solitamente la sua meta preferita era accanto alla pista ciclabile a Nord della città, ma quel giorno, come se vi fosse già qualcosa a presagire la diversità rispetto a tutti gli altri, il ragazzo optò per una lunga corsa verso Sud e, precisamente, nella foresta nera.
Vi erano diverse leggende a riguardo, molti credevano che fosse un luogo maledetto dove, in antichità, streghe e fantasmi trovavano il loro riparo dagli umani curiosi compiendo antichi rituali e terribili maledizioni. Ovviamente John non credeva a nulla di tutto questo, per lui il paranormale era come la fantascienza, qualcosa che divertiva, attirava il pubblico dei lettori e degli amanti del cinema, ma nulla di più, nulla che potesse essere realmente preoccupante.
Ed eccolo lì, mentre con il suo fisico robusto, i lunghi capelli biondi e il viso contornato da lentiggini, svoltava dietro un folto cespuglio addentrandosi ulteriormente nella foresta.
Improvvisamente gli sembrò come di vedere qualcosa muoversi sotto un cumulo di foglie. Si bloccò all’istante e, per un attimo, sentì tutti i muscoli recriminare contro di lui per essersi fermato così bruscamente. Con lentezza avanzò verso quella montagna di foglie secche e, per qualche strano motivo, sentì il cuore accelerare i battiti nel suo petto. Istintivamente premette una mano su questo cercando in qualche modo di mettere a tacere quel battito fastidioso.
Mentre avanzava si accorse che piccole goccioline di sudore cadevano lungo il percorso emettendo un suono appena percettibile e sinistro.
Ormai era ad un passo dal cumulo gigante che continuava a tremare come se fosse attraversato da milioni di scariche elettriche.
Fu in un istante.
Le foglie iniziarono a muoversi quasi fossero spinte da una brezza invisibile, danzando in modo circolare e rapidamente si diressero verso il centro della foresta nera.
John avvertì il desiderio violento di darsela a gambe ma, allo stesso tempo, era come se qualcuno lo stesse trattenendo. La vista gli diventò sempre più debole e si ritrovò a camminare contro la sua volontà. Sentiva come delle mani gelide spingerlo verso una direzione precisa seppur ignota, le sentiva in diversi punti del suo corpo. Lungo la spina dorsale, sulla nuca e intorno ai piedi.
Era come una specie di burattino, incapace di intendere e di volere, un fantoccio nelle mani di qualcuno più grande e potente di lui.
Poi sentì che il calore tornava a fluire nuovamente nel suo corpo, il sangue a circolare lentamente nelle vene e fu allora che si accorse di essere di fronte ad un meraviglioso lago ghiacciato.
John pensò di essere diventato matto, probabilmente era tutto un sogno da cui presto si sarebbe svegliato, ci avrebbe riso su probabilmente, perché lo sanno bene tutti, in Estate a Georgetown non ci sono laghi ghiacciati.
Come attratto da quella meraviglia luccicante, si inginocchio per guardare il suo riflesso e fu allora che scorse una figura sinistra che lo fissava minaccioso. Un ragazzo.
John quasi boccheggiò per la sorpresa. Quel giovane era identico a lui, l’unica differenza era lo sguardo truce e gli occhi di un rosso intenso, coronati da occhiaie profonde che celavano sicuramente anni ed anni di insonnia.
Il ragazzo fece per posare la mano su quella figura e fu in quel momento che il ghiaccio iniziò a spaccarsi emettendo uno stridio sinistro.
Con una rapidità sorprendente dalla fenditura nel ghiaccio emersero cinque dita scheletriche che, afferrato John per un braccio lo trascinarono nel fondo degli abissi.
Il ragazzo provò a lottare, provò a ribellarsi con tutte le sue forze, ma inutilmente. Quell’essere lo tirava sempre più giù, lontano dalla luce, lontano dalla salvezza. Rapidamente il gelo stava prendendo possesso del suo corpo impedendogli qualsiasi movimento.
John iniziò a sentire che l’ aria gli stava mancando, provò a dimenarsi, ma invano. La vista gli si oscurò mentre un dolore atroce gli si faceva largo per tutta la spina dorsale.
Inaspettatamente avvertì una spinta verso l’alto e, colpito da un bagliore improvviso, si accorse di essere riemerso in superficie.
Si guardò intorno rapidamente e si accorse che il lago era di un azzurro tenue.
Il ghiaccio era scomparso.
John rabbrividì, mentre iniziò a nuotare per arrivare nuovamente a riva.
Appena tocco terra tossì violentemente ed emise uno sbuffo per cacciare l’acqua che gli era entrata fin nello stomaco.
Si alzò tremando e di scatto di volse verso il lago nuovamente per guardare il suo riflesso.
Si specchiò con circospezione e cercò di mettere a fuoco ciò che stava vedendo.
Di fronte a lui vi era la sua immagine, bagnata e tremante, e John pensò che anche così non era niente male, se non fosse stato per il fatto che ora i suoi occhi erano rossi come la porpora e dietro di lui una figura nera sembrava abbracciarlo con mani simili ad artigli.
Mariano Ciarletta