Racconti brevi

di Gecchi Ventura


L’appuntamento è per le diciotto in punto al belvedere di Frosinone con tale Alessandro De felice, a suo dire il biografo ufficiale del comandante Furia, nientemeno. Non è certo la prima volta che qualcuno  promette di farmi ottenere un’intervista dal Comandante e a questi viaggi della speranza sono abituato. Non mi sono mai sottratto a quella che è ormai una missione: inseguire ogni minima traccia, anche il più flebile indizio dell’esistenza in vita del Comandante per alimentare la speranza o per confermare una volte per tutte la versione ufficiale, quella che i ragazzini delle elementari mandano a memoria da anni in tutte le scuole dell’Impero e che attesta la morte e la trasformazione del comandante nel primo zombie senziente in grado di coordinare l’attacco alla piazzaforte di Rieti. Nel corso degli anni si sono accavallate voci di vere e proprie apparizioni, moltitudini di mitomani  in preda a delirio mistico pronti a giurare di aver visto il Comandante in entrambe le versioni: ora zombie ora in carne ed ossa perfettamente sano. Tutto questo ha contribuito a creare la leggenda.  A vent’anni dalla presunta morte del Comandante e a dieci dall’eradicazione del morbo nei territori del Libero Impero, è finalmente arrivato il momento di svelare uno dei segreti meglio custoditi degli ultimi tempi.

De Felice giunge all’appuntamento puntualissimo. Non più di quarantacinque anni, barbetta e sguardo perplesso. I patti erano chiari: dovevo presentarmi da solo e invece avevo portato il mio operatore video.

“Lui resta qui o non se ne fa niente”, dice quasi sottovoce guardandomi di traverso.

 Errore mio, lo ammetto. Faccio per prendere la fotocamera ma De Felice si limita a scuotere la testa. Il mio accompagnatore annuisce e si allontana rassegnato.

Mi accomodo sul sedile posteriore di una vecchia cinquecento. Mi rendo conto di essere praticamente in trappola, con De Felice sul sedile del passeggero che non mi stacca gli occhi di dosso e un altro brutto ceffo alla guida, tale Zanchelli, braccio destro di Furia nonché comandante di un piccolo corpo scelto di “pretoriani” pronti a dare la vita per lui. Un sessantenne dall’aspetto giovanile, perfettamente rasato e palestrato compresso in un vestito alla men in black.  Dal corposo rigonfiamento sotto la giacca deduco  che  “indossa” una pistola di un calibro per niente rassicurante. Prima ancora di uscire dalla città De Felice mi calza un cappuccio nero in testa e per me si fa notte fonda.

Dopo circa un’ora di viaggio giungiamo finalmente a destinazione. Probabilmente mi hanno portato un po’ a spasso per i dintorni. La villetta in cui siamo non dovrebbe essere lontana dal capoluogo. Il presunto comandante Furia sembra avere una settantina d’anni e versare in precarie condizioni  fisiche. Bene, almeno l’età corrisponde. Staremo a vedere.

 Siede su una sedia a rotelle con un mezzo toscano spento  tra le labbra e lo sguardo vigile e presente a se stesso. Tutto sembra tranne che rincoglionito. Bene anche questo.

 “Si avvicini per favore. La vede questa?” dice scostando una ciocca di capelli. Sulla tempia campeggia la cicatrice di una brutta ferita. “Giusto per evitare domande inutili”, continua con voce ferma. (Ndr. Scoprendo la cicatrice intende fugare ogni dubbio circa la sua identità. È accertato dalla storiografia ufficiale che la ferita auto inferta servì al comandante per simulare il suicidio ed essere “seppellito”  all’esterno della sua roccaforte).

“Non sarei qui se avessi il minimo dubbio” mento spudoratamente.

“Che faccia da cazzo”, commenta per nulla persuaso e rivolgendosi a De Felice, “vabbè, famose sta intervista”. Con fare cerimonioso accende il suo sigaro e mi fa cenno di iniziare.

Comandante Furia, è al corrente che intorno alla sua figura si è creato un vero e proprio culto della personalità, sia intesa come Furia Zombie che come Furia essere umano?

 

La madre degli imbecilli è sempre tragicamente incinta, purtroppo. Non attribuisco alcun valore a certe baggianate. Si tratta di idolatria pagana del cazzo, frutto solo dei traumi subiti in questi anni terribili. Se invece che al Divino Amore le gente vuole andare a Rieti, che facciano pure. Tecnicamente me ne fotto!

 

È consapevole del fatto che in tutta Europa non c’è  villaggio che non abbia una via o una scuola intitolata a suo nome?

Questo effettivamente è imbarazzante. Sono un semplice carabiniere che ha fatto solo il proprio dovere. Non ho mai cercato la gloria e men che meno la gratitudine altrui. Quando ho esaurito il mio compito mi hanno semplicemente rottamato. Ero diventato troppo ingombrante e politicamente scorretto.

 

In realtà c’è chi afferma che sia stato destituito dalle sue funzioni  a seguito di regolari elezioni tenutesi democraticamente e che la sua trasformazione in zombi sia semplicemente una voce diffusa ad arte per giustificare il suo tradimento e alimentare il mito.

Il mio tradimento? Io sono stato tradito! Tradito da quei politicanti del cazzo che non appena ha smesso di piovere merda hanno subito rialzato la testa.  Dov’erano quando c’era bisogno di gente come me? Non dimentichi che è grazie a me che tutto ha avuto inizio. Comunque se son qui una cosa è certa, non sono mai stato uno zombi, mi pare evidente.

 

Eppure, l’assalto alla piazzaforte di Rieti è coinciso con la sua presunta morte e c’è chi giura di averla vista zombi a capo dell’orda. Che ha da dire a proposito?

Una semplice coincidenza. Il resto è propaganda diffusa da gente dedita alla cospirazione. Si tratta dei tipici vermi che strisciano nel buio.

 

Stando alla versione ufficiale, sembra che sia stato lei a scoprire il metodo per comunicare con gli zombie e in qualche modo riuscire a condizionarli. Può confermare questa circostanza?

Si tratta di voci prive di fondamento. Il controllo sugli zombi a quella data non era possibile. Ci sono valanghe di documenti a sostegno di questa tesi.

 

Ma allora, se lei è realmente Furia, perché ha fatto perdere le sue tracce e non ha mai smentito nulla?

Se sono veramente Furia? Lei mi offende! Comunque ho da fare una precisazione: ammetto di aver simulato la mia morte, ma solo perché disgustato da come si erano messe le cose. Ero stanco, sono ancora stanco. Era l’unico modo per defilarmi. Ho vissuto solo nella speranza di dimenticare tutto ciò, ma vedo che è impossibile. Prima o poi mi troveranno. Sono troppo scomodo.

 

Quindi non conferma la versione di Furia zombie?

E come potrei…  sono qui di fronte a lei in carne ed ossa! La verità è che sulla mia vicenda ci sono più versioni che Vangeli, tra ufficiali e apocrifi.

E allora, la versione ufficiale desunta dal “Diario di guerra contro gli zombi” rinvenuto tra le macerie del suo ufficio a Rieti e pubblicato postumo dalla Multiplayer?

(al solo sentire il nome Multiplayer il Comandante ha un sussulto, provocando l’intervento del suo medico personale, il dott. Rubini, un pugliese dall’aspetto di un talebano che mi ordina di non nominare mai più quella casa editrice in presenza di Furia)

Non preoccuparti, sto benissimo, voglio rispondere. Il diario del cazzo, porca puttana! Ho già smentito e disconosciuto quel cumulo di menzogne e mezze verità pubblicate da gente che bada solo al guadagno facile. Non ho mai tenuto un diario in vita mia, che sia chiaro una volta per tutte! Si è trattato di una sporca manovra pubblicitaria per far soldi alle mie spalle e coprire ben altre verità. Facendo di me un eroe speravano di mettermi il bavaglio. Ma avranno una brutta sorpresa.

Cosa intende dire, Comandante?

Che adesso la verità sarà alla portata di tutti. La mia biografia ufficiale uscirà a breve. Il dott. De Felice ha appena terminato il suo lavoro. Un’opera monumentale che metterà la parola fine alle chiacchiere.

Ecco il perché di tante precauzioni. Teme per la sua vita?

Finché il libro non esce sarò costantemente sotto tiro. Sono decisamente una persona scomoda per tanta, troppa gente cosiddetta perbene.

 Mi guarda beffardo con un sorriso sulle labbra. Aspira una profonda boccata dal sigaro che non ha mai smesso di fumare e ad un tratto viene sopraffatto da un accesso di tosse. Interviene il dott. Rubini, che questa volta non vuol sentir ragioni e in tono gentile, ma deciso, dichiara terminata l’intervista. Il comandante viene allontanato da Zanchelli e Rubini mentre De felice, strafottente, mi invita a indossare il cappuccio e per me si fa di nuovo notte fonda.

Che dire di questo personaggio? Una certa somiglianza c’è e devo riconoscere che nel tratto di quest’uomo si riscontrano tutte le caratteristiche di chi è avvezzo al comando, ma temo si sia trattato dell’ennesimo viaggio della speranza. L’intervista sembra servire da traino ad una pubblicazione che a breve verrà data alle stampe e che, come tutto ciò che riguarda il Comandante, riscuoterà un clamoroso successo. Una banalissima operazione di marketing, quindi, ma io nel dubbio persevero nella ricerca: prima o poi da qualche parte rispunterà qualcuno pronto a rivendicare l’identità del leggendario colonnello Nicola Furia del comando provinciale di Rieti.

Il comandante Furia torna nella leggenda, anzi, non se ne è mai allontanato. In fondo è meglio così, troppe sarebbero le lapidi da riscrivere.

 

Ghecchi Ventura


Lascia un commento