di Orylar Vinca
Senza adrenalina
Seguo il ritmo dei polmoni che si espandono e si abbassano sotto la pressione dell’aria che entra dall’esterno. Respiro… è una cosa buona…. equivale a dire che non sono morta!
C’è un silenzio che non mai udito prima. Si, esisto ancora. Ho difficoltà a concentrare i pensieri, ho sonno. Forse sono intorpidita perchè ho dormito troppo.
C’è oscurità intorno a me, deve essere notte. Tuttavia la mia attenzione è catturata per intero da un movimento percepito con sufficiente nitidezza… strano, anche ad occhi chiusi!
Si, sono forme di colore blu, confuse direi all’odore di bagnato e di bosco, un aroma di legno e qualcosa di acre che provengono proprio dalla direzione delle forme… una qualità delle stesse, suppongo.
Mi sembra quasi fra quei movimenti di distinguerne contorni, estremità… forse un becco, il tondo della testa… una coda. Un uccello!
Strofina ambo i lati su una superficie o credo… tale. Ne sento chiaramente il rumore.
Mi ha notata.
I movimenti sono cessati e non percepisco più nulla. E’ come scomparso… avrei giurato fosse un….
Poi d’un tratto un guizzo veloce scombina l’oscurità e proprio nel posto occupato dal nulla si allarga un battito d’ali.
L’ultimo saluto del pennuto… il primo vagito nella mia nuova esistenza.
Ho ancora difficoltà ad aprire gli occhi… il collo, mi fa male e sento del bagnaticcio sul palmo della mano che ho premuta contro. Deve essere sudore.
Un peso sulle gambe, qualcosa mi si muove sul polpaccio… ora s’è fermato. Che accidenti è?
Un attimo di terrore intenso mi avvolge violento come l’onda di uno tsunami, il respiro si blocca e l’angoscia mi divampa ovunque!
Lo vedo adesso…. altri contorni blu. Ma perché, cazzo, vedo così?
MI STA FISSANDO… MI STA ADDOSSO… cerco di divincolarmi… MI MORDE DAPPERTUTTO LE GAMBE.
Non riesco a svincolarmi, e continua, continua, continua a mordermi.
Il torpore mi assale di nuovo. Non capisco. non riesco a vedere… altro buio.
E poi… più nulla.
Per le strade regnava una calma surreale, patinata, lattea come l’aria che si era forzati a respirare.
Il vento forte spazzava via con diligenza carte e foglie dai viali, silenti testimoni di una normalità che c’era stata un tempo e proprio in qualità di residui di un’umanità divinamente bocciata andavano eliminati.
Fu proprio dal finestrone in alto, quello che Lorenzo ruppe per arrivare a me che una di queste passate evidenze trovò la via per atterrare dritto sulla mia faccia. E nel suo dire “tiè, guarda che ci hanno fatto!” mi ridestò al mondo, al nuovo mondo… per me, ad un mondo sottosopra.
Lorenzo giace ai miei piedi. Morto.
Credo in via definitiva, ma non ho elementi per poterlo affermare con certezza, qua non si capisce più niente.
“Ora ti vedo bene amico,” pensai “ad occhi aperti, finalmente, e alla luce intensa del giorno, mi appari più di merda che mai”.
Non era più diafano, era diventato grigio, e con la doppia fila di denti puntati in bella mostra in direzione del soffitto doveva aver salutato quella incomprensibile vita e me alle prime luci dell’alba.
Con un calcio deciso me lo staccai di dosso. Pesava un accidenti! Fanculo anche a te!
Mi alzai in piedi, mi guardai le mani e le braccia, scrutai le gambe, ero piena di sangue ma la prima cosa che notai fu l’evidente contrasto! Il colore della mia pelle: diafana!
Cazzo, pure io? Possibile???
Mi cacciai velocemente una mano in bocca alla ricerca di quegli orribili fanoni ma non ne trovai traccia. I denti erano i miei, tutti miei, sani e ancora saldi al loro posto. Mi sentii sollevata.
E allora perché ero bianca come un lenzuolo?
Mah, sia come sia, dovevo andarmene di qua! Mi guardai intorno, sbirciai appena dietro lo stipite della porta che non ci fossero altre merde mutanti in agguato e mi precipitai nella stanza di fronte alla ricerca di un’arma o qualcosa che potesse farne degna rappresentanza.
Afferrai un coltello… del resto che altro potevo trovare in una cucina, un mitra? un kalashnikov? …appunto… quindi presi il coltello, mi ripulii alla meglio con uno straccio e un po’ d’acqua, infilai la porta principale ed assieme alla mia paura uscii in strada.
L’aria era fresca, sapeva di pulito anche se la percepivo densa. Fu solo dopo i primi 50 metri che mi venne in mente: non avevo fame!
Ero stata in una cucina, erano passati cinque giorni almeno da quando ci eravamo rintanati in quell’edificio e l’unica cosa a cui avevo pensato in un posto nel quale c’era cibo era reperire un arma. Del cibo non mi interessava … perché non sentivo fame.
Non di quella roba li. Era ovvio.
Le strade apparivano semi deserte, ogni tanto notavo un gruppetto di “unti dal signore” che si conducevano vicini gli uni agli altri senza una mèta apparente.
In uno di essi avevo notato Valentina, la conoscevo, abitava nel mio quartiere. Ovviamente non mi venne di certo in mente di salutarla. Annoverata fra le fila dei pallidi, seguiva senza con indifferenza le sorti del suo gruppo.
Io seguivo le mie, cercando di salvare la buccia, perché l’istinto di conservazione è insito nell’animo umano, e, per me, ero ancora umana.
Non compresi subito cosa facessero, ma poi apparve chiaro: pattugliavano, pattugliavano e ripulivano… una sorta di spazzoloni divini!
Un gruppetto di cinque si stava lanciando verso un ragazzo che aveva cercato riparo dietro una macchina. Purtroppo era stato tradito dal suo cane. Il cane s’era salvato e lui aveva fatto una fine grama, s’erano avventati tutti insieme. Non ebbe scampo, gli furono addosso in pochi istanti… troppo veloci, lo scopri anche lui a sue spese.
E così dalla traversa vedo il cane che scappa. Eh, ma scappi nella direzione SBAGLIATA,CAZZO! LI STAI PORTANDO QUI! Merda, se si accorgono anche loro di me sono spacciata!
Ma poi si ferma a pochi passi da me… E DAI TOGLITI DI LI’, penso. Ma lui resta a guardarmi senza emettere un suono, ci guardiamo per un lunghissimo istante, il suo sguardo si fa triste, poi lo rivolge a sinistra, si gira e infila la traversa laterale.
Ma è già troppo tardi! Mi hanno notata anche loro!
Faccio due passi indietro mentre il cuore sembra volermi schizzare dal petto a dire “resta te a crepare.. io me la filo!”
Orylar Vinca
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