Di Linda Lercari Bartalucci
Dalla finestra osservo i morti viventi trascinarsi ciondolando per le strade: il fetore di decomposizione, escrementi e viscere arriva sino a me al terzo piano. Gioia! Chi si sarebbe mai aspettato che si potesse avverare davvero l’apocalisse zombie? Fantastico, incredibile! Imbraccio il fucile del caro nonno e mi aggiro per la redazione. Una segretaria tenta di attaccarmi, ma finisce con un colpo dritto in fronte; un grafico sbava verso le mie caviglie, ma col tacco dell’anfibio gli spappolo il cervello. Sono stato uno schiavo a tempo determinato, uno stagista sfruttato, ma adesso è il momento della rivincita. Rido forte mentre il contabile e il fattorino mi artigliano con mani tremanti: un colpo di bowie in mezzo agli occhi all’uno e il calcio del fucile sull’altro. Il mio obiettivo è il capo redattore. Eccolo, mi vede, mi fa un cenno: si è barricato in ufficio. Fiducioso mi fa entrare, mi sorride. Ripenso a tutti i progetti su cui mi ha fatto lavorare per poi cambiare i termini dei contratti. Mi si avvicina speranzoso: sono armato e determinato, sono la salvezza! Una fucilata a bruciapelo all’addome e il sorriso si muta in stupore, una coltellata alla gola e lo sguardo si dipinge di terrore. Lo lascio agonizzare qualche istante, poi lo finisco infilandogli la sua stessa costosissima penna dentro un bulbo oculare. No, non era uno zombie, ma non potevo aspettare così tanto.
Linda Lercari Bartalucci