di Anna Liguori
“Vimercate fa schifo”
“Ci sei mai stata?”
“No, ma vicino a Milano fa tutto schifo”
“Fa provincia di Monza, ed è vicino Bergamo”
Ormai avevo rinunciato ad intavolare amabili conversazioni con quella che era la mia unica parente rimasta in vita.
Zia Luce, che di lucente aveva ben poco, fu l’unica a prendersi cura di me, dopo la morte tragica dei miei genitori. “Prendersi cura” è una forma terribile di eufemismo, soprattutto se ripenso alle pesanti umiliazioni che quella donna riusciva a farmi subire. Ma il mondo è strano; anziché annientarmi, la mia aura crebbe sempre più forte, fino a raggiungere livelli di resistenza inimmaginabili.
Raggiunta l’indipendenza economica, lasciai quella casa nella maniera più rapida possibile. Le sue sfuriate si ridussero sempre di più, finché non le comunicai il mio trasferimento in Brianza, affianco al mio compagno. La informai solo per correttezza, il suo giudizio era importante per me come una macchia di caffé sulla tovaglia. Così, scappata dai pascoli del varesotto, continuai serenamente la mia esistenza, lasciando l’amabile zia al suo destino. Dopo circa 4 anni dalla mia partenza, ricevetti un telegramma dall’avvocato di famiglia. Zia Luce era morta da circa un mese per insufficienza cardiaca. Più tardi, mi informarono che il corpo era stato rinvenuto davanti allo specchio, con la spazzola ancora tra le mani, in avanzato stato di decomposizione. Non ne fui stupita, dato che la cara zia non amava nessuno all’infuori di se stessa. Da giovane era stata una gran bella donna, ma non si sposò mai: troppo vuota, arida, senza alcuna passione. Una donna così, la sfoggi per un po’, poi ti stufa. Non si faceva mai domande, per lei tutti erano sbagliati e lei era perfetta. Quando decisi di diventare vegetariana, ovviamente mi contrastò, ma non seppe mai darmi una sua opinione, per lei erano tutte cazzate. L’amore per i libri? Cazzate. Andare a teatro? Cazzata. Voler bene a qualcuno? Cazzata…e così via.
Insomma, non avrei mai sentito la sua mancanza.
Ad ogni modo, parlai con l’avvocato qualche giorno dopo. La cara zia mi aveva lasciato la casa e le tasse di successione, stronza fino all’ultimo. Non avevo nessun interesse particolare per quel lascito, decisi quindi di mettere in vendita la proprietà. Volevo solo liberamene. Finalmente, raggiunsi un compromesso con una giovane coppia. Ci ricavai ben poco, ma alla fine non ci pensai più. La casa era ancora ammobiliata, i giovani sposi mi chiesero se volessi conservare ancora qualche vecchio cimelio. Mi ricordai del famoso specchio davanti il quale la zia celebrò il suo narcisismo per l’ultima volta, così lo caricai con non poca fatica in auto e tornai a casa.
Lo specchio aveva un aspetto molto antico e decisi di appenderlo sulla parete dell’ingresso. Al mio compagno non piacque fin da subito, ma dopo qualche giorno non ci fece più caso. A me diede i brividi fin dall’inizio. Cominciai ad avere disturbi del sonno, facevo molta fatica a dormire e quando mi svegliavo ero più stanca di prima. Cercai dapprima dei rimedi naturali, poi mi rassegnai ai sonniferi. Una notte mi svegliai in preda al panico. Sentii chiaramente una mano stringermi la gola e la sensazione di non poter respirare mi terrorizzò a tal punto che smisi di prendere sonniferi. Sia io che il mio compagno eravamo molto preoccupati, poiché da un po’ di tempo anche lui aveva molte difficoltà a dormire. Nel giro di qualche settimana sembravamo una coppia di drogati.
Fu in una delle mille notti insonni che decidemmo di passare quelle interminabili ore senza neanche tentare di dormire. Fu quasi un sollievo, ci coccolavamo sul divano come dei ragazzini, stremati dalla mancanza di sonno, ridevamo delle nostre pene, felici tutto sommato di viverla assieme. Il mattino successivo, stranamente meno esausta del solito, mi accorsi di una crepa sul lato sinistro dello specchio. Pensai fosse causato dall’usura del tempo, ma mi si ghiacciò il sangue quando notai altre due crepe all’altezza degli occhi. Coprii lo specchio con un telo e cercai di non dare troppa importanza alla cosa. Il mio compagno ed io decidemmo di passare la notte in salotto come la precedente, ormai convinti di aver trovato la giusta terapia. Mi dimenticai completamente dello specchio. Sembravamo due giovani adolescenti alla prima cotta. Fu allora che successe l’impensabile. Avvertimmo un forte crepitio di vetri proveniente dallo specchio. Accesi la luce e mi accorsi che il telo con il quale l’avevo coperto era caduto per terra. Il mio compagno si alzò e quando vide lo specchio impallidì. Scattai in piedi per andare a vedere. Le crepe avevano formato una sagoma umana sul vetro, la sagoma della zia Luce. D’istinto, lanciai il telo sullo specchio, ma l’orrore era appena cominciato.
Ancora impietriti dal terrore, vedemmo il telo cominciare ad animarsi. Caddi a terra e ed esso con me. Ero immobilizzata dal terrore. Come uscita dagli inferi, la zia Luce prese forma davanti ai miei occhi. Con le braccia tese venne rapidamente verso di me. Si piegò in avanti, vidi il colore ingiallito della sua pelle e un odore di rancido mi colpì le narici. La vidi inginocchiarsi, senza smettere per un secondo di guardarmi. Non riuscivo a muovermi e il cuore non arrestava la sua corsa. Sentii le sue mani attorno il mio collo. Non riuscivo più a respirare. Quando mi rassegnai, alla fine, chiudendo gli occhi pieni di lacrime, sentii un forte fracasso di vetri rotti. Il mio compagno aveva frantumato lo specchio con una sedia e nei cocci intravidi ancora il volto di zia Luce, invidiosa e piena di rancore anche dopo la morte.
Anna Liguori