di Michele Borgogni
Finalmente giunse il giorno più atteso dell’anno per Suor MariaIgnazia Immacolata (MariaIgnazia tutto attaccato, ci teneva molto a sottolinearlo), anziana insegnante presso la Scuola Elementare delle Canonichesse di Sant’Agostino della Congregazione di Nostra Signora di Gazzo di Bigarello, provincia di Mantova. Non l’avrebbe mai ammesso, ma per lei era meglio della Santa Pasqua, meglio del Natale, meglio delle domeniche in cui poteva prendere la comunione direttamente dalle mani del Vescovo. Era il 23 Dicembre, giorno in cui avrebbe distrutto i sogni e le speranze di ventidue bambini innocenti.
Adorava le prime elementari, perché i bimbi di sei anni non avevano ancora avuto il tempo di essere plagiati dai giochi degli amichetti più grandi, nei loro timidi occhi brillava ancora la luce dell’ingenuità e dell’ innocenza. E lei amava davvero prendere questa ingenuità e questa innocenza, schiacciandole senza pietà sotto il peso dei suoi centotrentacinque chili (dichiarati), consapevole che così facendo i poveri angioletti non si sarebbero mai scordati dei suoi insegnamenti. L’ufficio scolastico provinciale e persino alcune delle suorine più giovani non erano certamente d’accordo con i suoi metodi, ma a quasi settanta anni sentiva di essersi guadagnata il diritto di fare quel che voleva. I genitori non avrebbero protestato, se fossero stati degli atei mollaccioni non avrebbero certo mandato i loro figli al suo Istituto. Era quello che volevano, anche se forse non se ne rendevano conto.
Suor MariaIgnazia Immacolata sorrise entrando in aula, notando la compostezza dei bimbi. Erano bastati pochi mesi perché i piccoli alunni capissero che dovevano provare per lei timore e rispetto. Quel giorno avrebbe sferrato il colpo decisivo. Avrebbe distrutto i loro sogni e le speranze di bambini, introducendoli una volta per tutte nella Strada Maestra verso il Regno di Dio. Si voltò verso di loro e notò diverse assenze tra i banchi. Circolavano voci di una strana epidemia che rendeva violente le persone infettate. Evidentemente alcuni si erano ammalati e i genitori si erano lasciati prendere dalla paura trattenendo i figli a casa. Storse il naso. Beh, aveva ancora quattordici bimbi da educare.
– Bene bambini, sapete che giorno è oggi?
– Il 23 Dicembre, signora maestra. – Risposero quasi tutti in coro.
– E che giorno è dopodomani? Rispondi tu Maria Francesca.
– E’ Natale, signora maestra.
– Il SANTO Natale, per la precisione. E ricordi cosa si festeggia nel giorno del Santo Natale?
– Il… compleanno di Gesù Bambino?
– A Natale ricordiamo la Natività di Nostro Signore Gesù Cristo. E’ uno dei giorni più importanti dell’anno, insieme alla Pasqua di Resurrezione. Come passerai il giorno di Natale Gianrico?
– Verranno i miei zii a pranzo… mangeremo tanto… aprirò i regali…
– Quali regali? – Era proprio qui che voleva arrivare.
– I regali che troverò sotto l’albero perché sono stato un bambino bravo.
– Sotto l’albero? E chi ce li avrà messi?
– Babbo Nat…
– NO! – Il suo urlo e la mano sbattuta sulla cattedra fecero sobbalzare tutti nell’aula. Filippo si mise a piangere, Caterina lo seguì a ruota. Erano solo i primi due. – Antonella, anche tu avrai dei regali sotto l’albero, vero?
– Credo… credo di si.
– E chi ce li metterà?
– Babbo Nat…
– NO! BABBO NATALE NON ESISTE!
Suor MariaIgnazia Immacolata si fermò per godersi il momento. Quattordici bambini a bocca aperta, increduli, alcuni singhiozzanti. Si sfregò le mani, era il momento di sferrare l’attacco finale. Sorrise, apprestandosi a continuare.
– Babbo Natale non esiste. I vostri genitori vogliono farvelo credere, ma si tratta di una figura pagana, un demone la cui esistenza non è assolutamente ammessa dalla Chiesa Cattolica. Come credete che un uomo solo, obeso, possa portare dei regali a tutti i bambini del mondo? Filippo, smetti di piangere e rispondi.
– Con la slitta trainata dalle renne…
– Sai quanti bambini ci sono nel mondo? Quasi un miliardo. Anche ammettendo che quelli buoni possano essere solo il 10% sono comunque troppi perché le consegne possano essere effettuate in una sola notte da una persona sola. Le renne, poi, non sono così rapide, benché possano arrivare alla bella velocità di 80km/h durante le loro migrazioni. Lo sapevate? – Qualche bimbo scosse la testa. La religiosa sapeva che queste informazioni prese da Wikipedia li avrebbero impressionati, rendendo più credibile e convincente la sua lezione. – Una slitta trainata da renne dovrebbe correre quasi alla velocità della luce per consegnare in tempo utile tutti quei pacchetti, anche se non considerassimo il tempo impiegato dal presunto Babbo Natale per selezionare i doni destinati ad ognuno, scendere giù dal camino o addirittura scassinare una porta, per entrare nelle case dove un camino non è presente. Ci vorrebbe un miracolo per riuscire ogni anno a consegnare tutti quei pacchetti. Carlotta, secondo te Babbo Natale saprebbe fare un miracolo?
– I miei genitori mi hanno detto che è magico…
– NO! Solo Dio può operare miracoli, talvolta attraverso gli uomini, ma solo quelli illuminati dalla Sua luce. Babbo Natale non fa parte della Chiesa Cattolica e non può operare miracoli. Non è un Dio, non è un Santo e non è un mago, anche perché la magia è vietata dalla Bibbia. E’ chiaro? Allora, sapete chi vi porta i regali ogni Natale? – Nessuno rispose. – Sono i vostri genitori. Quindi oggi, quando tornerete a casa, li ringrazierete e direte loro che sapete che Babbo Natale non esiste e chiederete loro di tornare a festeggiare il Natale cristiano tradizionale, con il presepe, la messa, la preghiera e senza quello stupido ciccione vestito di rosso che, ripetetelo anche ai vostri genitori, non esiste.
I poveri bimbi rimasero attoniti di fronte a tante parole, anche se molti di loro non compresero neppure la metà del discorso. I pargoletti capirono che la loro terrificante maestra voleva insegnare loro che Babbo Natale, l’uomo su cui riponevano le migliori speranze per i loro regali, non era reale. Tutti rimasero zitti e fermi, escluso Matteo, che alzò la mano spavaldo. Matteo era il più piccolo della classe, ma anche il più scalmanato. Suor MariaIgnazia pensò per un attimo di ignorarlo, poi decise di concedergli la parola.
– Si Matteo, dimmi.
– Maestra, io l’ho visto.
– Cosa hai visto?
– Babbo Natale. Io l’ho visto.
– Non hai visto lui, sarà stato tuo padre travestito, o un tuo parente, o uno di quelli che si vestono in quel modo per fare pubblicità nei negozi di giocattoli.
– No maestra, io l’ho visto, l’ho visto ora.
– Cosa stai dicendo?
– Eccolo. Matteo indicò la finestra accanto a lui. – E’ Babbo Natale. Sta venendo in questa direzione.
Suor MariaIgnazia si affrettò ad andare a controllare. Effettivamente era vero, un corpulento signore con indosso l’abito da Babbo Natale si stava dirigendo lentamente dalla strada verso l’edificio scolastico, avvicinandosi alle finestre dell’aula. Si muoveva barcollando, come se fosse ubriaco. Si, era molto probabilmente ubriaco, anche la barba finta era sporca di rosso scuro, forse vino, o addirittura vomito. Ogni tanto qualche barbone bussava alla porta dell’Istituto, sperando che le religiose potessero dargli qualcosa da mangiare o addirittura qualche spicciolo. A MariaIgnazia facevano schifo i barboni, persone fallite. Soprattutto quelli giovani, magari italiani. Se davvero non riuscivano a trovare un lavoro, perché non entravano in seminario e si facevano preti? Almeno avrebbero mantenuto qualche parrocchia in mano loro, invece che affidarle tutte a quei maledetti stranieri che a malapena riuscivano a parlare la lingua italiana. La Chiesa era Cattolica ma anche Romana, ed a questa romanità Suor MariaIgnazia teneva molto. Intanto l’ubriaco sembrò averla notata, avvicinandosi a lei. I bambini cominciarono ad agitarsi.
– Maestra, cos’ha Babbo Natale? – Chiese Sharon. Nome di merda, Sharon, doveva rimproverare i suoi genitori.
– Non è Babbo Natale, ve l’ho detto. E’ un ubriacone che ha trovato da qualche parte questo costume e lo usa, sperando di impietosire qualche mente debole per ottenere due spiccioli. Non preoccupatevi bambini, se ne andrà. Rimanete seduti ai vostri posti.
Il barbone arrivò a pochi metri dalla finestra, sembrava pure drogato, i suoi occhi emanavano una luce inquietante, quasi demoniaca. Suor MariaIgnazia si fece il segno della croce e baciò l’effigie di Nostro Signore che teneva appesa al collo. Il barbone sembrò notarla, ed alzò le braccia verso di lei. Non era così corpulento, probabilmente aveva un cuscino sulla pancia o qualcosa del genere. Gli fece cenno di andarsene, ma quello non se ne curò, anzi, si avvicinò sempre più.
– Ma che fa, è impazzito? – Urlò la religiosa. – Se ne vada! Se ne vada ho detto! Altrimenti…
Non finì la frase che il Babbo Natale sbattè violentemente contro il vetro, come se non l’avesse neppure visto. Iniziò a prenderlo a manate, sempre con quello sguardo da pazzo. Aveva persino la bava alla bocca. Chissà che droghe malefiche aveva assunto. Continuò a sbattere con le mani contro la finestra, spaventando i bambini. Solo lei era autorizzata a spaventare i bambini, lì dentro!
– Guardi che chiamo la polizia, sa!
– Maestra, ho paura! – Caterina, quella piagnucolona, aveva lasciato il suo banco cercando protezione alla cattedra. MariaIgnazia ebbe la tentazione di schiaffeggiarla, ai vecchi tempi avrebbe potuto… anzi, avrebbe dovuto farlo. Ma ora ahimé non era più possibile.
– Torna al tuo posto. Anzi, no, alzatevi tutti ed andate in corridoio a chiamare Suor Angela, ditele che un uomo cattivo ed indemoniato sta picchiando contro la finestra.
– Babbo Natale non è un uomo cattivo! – Matteo si alzo in piedi, puntando il dito verso di lei. – Lui è buono! E’ venuto per convincerti, visto che hai detto che lui non esiste! E invece eccolo là!
Suor MariaIgnazia sentì il sangue affluirle alle tempie. Le aveva addirittura dato del tu! Doveva mantenere la calma, contare fino a dieci. Ma il bimbo maledetto continuava a puntare il dito contro di lei e poi contro il Babbo Natale drogato, blaterando chissà che cosa. Non riuscì a sentirlo, visto che barbone natale continuava a picchiare contro il vetro sempre più forte, stava impazzendo…
– ORA BASTA! – Il piccolo Matteo fu zittito, e per un attimo persino lo sbattere delle mani contro il vetro sembrò interrompersi… solo per un attimo, poi riprese più forte di prima. Ma MariaIgnazia continuò ad urlare. – TU MATTEO, FUORI DA QUI! E VOI SEGUITELO! – I bimbi si alzarono dai loro banchi, qualcuno correndo terrorizzato. Finalmente stavano lasciando tutti l’aula. – E QUANTO A TE…
Si diresse contro la finestra e l’aprì. Il drogato, evidentemente sorpreso dalla mossa ed impacciato dallo scomodo costume, proseguì nel suo slancio e capitombolò dentro l’aula. Ora Suor MariaIgnazia lo vedeva bene, era solo uno squallido, patetico ometto, sotto il costume imbottito. L’avrebbe schiacciato e l’avrebbe deriso, finché non avesse capito che la strada verso il Paradiso era tutt’altra. Avrebbe imparato la lezione e non avrebbe mai più toccato alcool in vita sua, quella bevanda creata dal demonio!
– COSA CREDE DI FARE? – gli urlò, mentre quello faticosamente si rialzava. Ancora con le braccia tese tornò a muoversi verso di lei. Suor MariaIgnazia era forse un tantino in sovrappeso, ma si riteneva comunque agile per la sua età. Schivò l’uomo che gli veniva contro. – Se ne vada, schifoso! Io non credo nel valore terapeutico degli abbracci, vuole mettere con una bella bacchettata sulle dita?
Andò verso la cattedra, con il tizio sempre appresso. Ma lei era più veloce. Cercò nel cassetto sotto la cattedra… eccola, sapeva che aveva fatto bene a non buttarla via, sapeva che un giorno le sarebbe tornata di nuovo utile. La bacchetta, la stessa con cui aveva iniziato la sua carriera nell’insegnamento, quasi cinquanta anni prima. La stessa della prima botta sulle nocche alla piccola Filomena, si ricordava benissimo il suo nome ed anche il motivo della punizione, aveva osato storpiare le parole dell’Ave Maria, definendola (si fece mentalmente il segno della croce per chiedere perdono) “piena di grappa”, ridacchiando poi come una sciocca gallina di sei anni. Suor MariaIgnazia si girò, arma in pugno.
– Vattene via, non costringermi ad usarla!
In realtà voleva usarla, lo voleva fortissimamente. Faticò ad ammetterlo persino a se stessa, poi scrollò le grasse spalle, e sferrò un colpo sulle mani protese del pazzo. Non si fermò. Un’altra botta sulle dita, e un’altra ancora. La religiosa continuò a sferrare colpi più velocemente possibile, le mani del malcapitato furono ricoperte di segni rossi, sanguinanti in più di un punto. Ed intanto lei indietreggiò, sentendo salire il panico. Sbattè contro il muro, il mostro le era ormai addosso! Era un piccolo ometto di forse cinquanta chili, ma sembrava dotato di una forza inarrestabile. Nel suo sguardo intravide solo una volontà omicida, cieca ed assoluta. Emise un ringhio ed aprì la bocca, la suora si trovò, forse per la prima volta nella sua vita, totalmente indifesa. Chiuse gli occhi. Sentì l’alito fetido della bestia, vicino, sempre più vicino, poi la bocca sulla sua spalla, i denti che le lacerarono l’abito e si conficcarono nella sua carne. Che razza di droga faceva comportare così? Lo shock del sangue sgorgante dalla sua carne la fece scuotere. Alzò le braccia, mentre il mostro continuò a mordere. Trovò qualcosa.
La Salvezza.
Le sue dita toccarono qualcosa, un pezzo di legno. Lo strinse. Il grosso crocifisso di legno appeso in ogni aula. Dio era con lei, la stava proteggendo.
– Prendi questo!
Sbattè il crocifisso sulla testa del Babbo Natale, con tutta la forza. Il colpo lo fece staccare dalla spalla. Nella sua bocca ancora brandelli delle sue carni, il sangue colava sulla sua barba finta.
– Prendi questo!
Un altro colpo, fortissimo, proprio sopra la testa. Lo fece sanguinare. Suor MariaIgnazia era mossa dall’adrenalina, non sentiva il dolore del morso.
– Babbo Natale non esiste!
Un altro colpo.
– L’Italia è un paese cattolico!
Un altro colpo.
– Non fai parte delle nostre tradizioni!
E ancora, persino più forte.
– CRISTO REGNA!
Un ultimo colpo, ancora nello stesso punto, ed il crocifisso si conficcò nel cranio del drogato. Pezzi di cervello saltarono via. Finalmente si fermò, accasciandosi a terra
Suor MariaIgnazia si inginocchiò, ansimando per la fatica. Guardò la ferita sulla sua spalla. Doveva correre a disinfettarsi, era veramente un brutto squarcio, ma niente di davvero preoccupante. A meno che non avesse qualche malattia, ovviamente. Si tirò di nuovo in piedi, appoggiandosi alla cattedra, con fatica. Recuperò il crocifisso dal cranio del morto e si diresse verso la porta dell’aula, per richiamare i bambini e dir loro che era tutto apposto.
Poi si rese conto di quello che aveva fatto.
Aveva ucciso un uomo
L’aveva ucciso per difendere il Natale tradizionale.
Dio sarebbe stato orgoglioso di lei.
[continua… ?]
Michele “CRISTO REGNA” Borgogni