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Terzo capitolo de LA PRIMA GUERRA NAPOLETANA CONTRO GLI ZOMBIE – I SUPEREROI DELL’ASSE MEDIANO di Massimo “MadMax” MIRANDA. Una storia in 7 capitoli ambientata nella terra dei fuochi campana, dove vedrete interagire, in una sarabanda rocambolesca, zombie, camorristi, sbirri, super eroi della Marvel, vampiri e ammazzavampiri. Un imperdibile capolavoro trash e borderline, in dialetto napoletano.

I supereroi dell’Asse mediano.

di: Massimo “MadMax”  Miranda


 

PARTE TERZA

28.

DISPACCI.

15 maggio

Da: Servizio Informazioni Ministero dell’Interno, Comando Regione Campania, Napoli, Italia

A: Ministero dell’Interno, Roma, Italia; Ministero della Sanità, Roma, Italia

C/C: CIA HQ, Langley, Virginia, USA; OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), ONU (Organizzazione Nazioni Unite)

Livello di attenzione: critico

Livello di priorità: critico

Livello di classificazione: 9 (di 10)

Oggetto: focolai epidemici multipli febbre emorragica e rabbia, simbiosi.

Quadranti operativi: Napoli, Caserta, Casagiove, Marcianise, Caivano, Cardito, Casal di Principe, Grazzanise, Castelvolturno e altri 52 comuni delle province di cui sopra.

Diffusione ad altissima densità di febbre – emorragica – ceppo virale non identificato commisto a rabbia – su due terzi del territorio campano.

Quadro clinico: febbre altissima, emorragie interne ed esterne, convulsioni, delirio, collasso degli sfinteri, cannibalismo, decesso.

…Non necessariamente in quest’ordine.

 

29.

Numero stimato di decessi dovuti all’epidemia: superiori ai 24.000, in tutte le località in oggetto, su un arco di tempo compreso tra le 4 e le 12 ore.

Autopsie effettuate: 521.

Risultanze autoptiche: sintomatologia simile a virus Ebola.

Completo collasso della totalità degli organi interni.

Severe emorragie interne e/o esterne non controllabili.

Isolamento e/o identificazione virus: negativo/a. Reattività virus a profilassi antibiotica: negativa.

Rapporti deliranti relativi a presunte “resurrezioni” durante l’espianto degli organi in autopsia.

Situazione ospedali civili e/o militari: critica.

Si segnalano cadaveri abbandonati e/o distruzione illegale di cadaveri mediante fuoco in tutte le località in oggetto.

Stato di emergenza dichiarato dal governo italiano nelle zone in oggetto. Cordone sanitario non valicabile istituito sull’intero confine della regione Campania.

Situazione ordine pubblico: fuori controllo.

Si segnalano disordini, incendi dolosi, saccheggi, in tutte le località in oggetto.

Resoconti poco credibili, si ribadisce, di presunte persone “tornate in via dopo la morte”.

Rimaniamo in attesa di ordini.

Nota: nome gergale attribuito al virus: ZOMBI.

 

30.

MARINO disse: “Portam’ addò i Nigeriani” (Portami dai Nigeriani.)

Il suo guardaspalle, Nick Cacace, detto più semplicemente Cacà, a seconda dell’umore del suo capo, con sorrisetto o meno,  non ci mise bocca ( il suo diminutivo  poteva  assumere o meno una valenza positiva, da ex calciatore del Milan poteva diventare l’ultima delle merde in meno di un secondo), in ogni caso la cicatrice che gli segnava il volto, stava là, proprio a ricordargli che negli affari, meno si parla e meglio è.

Chi si fa i cazzi suoi, campa cient’anni”, pensò ancora una volta il killer.

Certo, la faccia del boss era tutto un programma, bianco su viola e viceversa, come un morto schiattato da giorni.

Ma che ten’, chist’? Speramm’ che nun me mette ‘e mani ‘nfaccia”, e ancora: silenzio.

I negri perquisirono MARINO ed il suo scagnozzo: quindi li fecero entrare in una stanza, più incasinata di un bordello. Stracci, pezze sporche, bottiglie vuote e bottiglie rotte, i vetri di lato. Materassi con scarafaggi sopra a farsi un giro. Si respirava un’aria di colera e di cibo andato a male.

Nell’anticamera c’erano femmine che allattavano, una stava defecando in un angolo. Le altre, tutte a seno nudo, aspettavano improbabili clienti.

I bambini si urlavano addosso e giocavano con un Super Santos sgonfio.

Appena furono a tiro, MARINO azzannò il Nigeriano alla sua sinistra. Quello sfatto e cannato a destra aprì soltanto un occhio, ma il boss gli infilò le dita dentro squarciandogli le guance ed il naso. Il sangue schizzò sulle pareti. Le donne cominciarono ad urlare. Qualcuno mise mano alle pistole, ma il boss vomitò un “Ho una fame del cazzo!” …e ne stese altri tre.

 

31.

Il sangue arterioso fece un bel Pollock sulle pareti zozze, e MARINO ripeté: “FAME!”

Il suo autista non credeva a ciò che stava vedendo, anche perché i Nigeriani di scatto si rialzarono, pieni di pustole e chiazze rosse. Le ferite e gli squarci erano là, e loro come se niente fosse.

I corpi si erano ricoperti di vene dal colore blu scuro. Uno di loro restò a terra, in un mare di feci ed umori malati.

CACA’! JAMMUNCENNE!”, disse il boss, ma Cacace contravvenne alla regola del farsi i cazzi suoi, campa cient’ann’, eccetera, e gli svuotò un caricatore intero addosso. Quello non era più il suo boss. Solo Dio e San Gennaro sapevano cos’era diventato. Scansò i Nigeriani che si erano rimessi in piedi, era un fuggi-fuggi generale, e riuscì a raggiungere l’auto, mise in moto, spinse l’acceleratore a tavoletta.

“Col cazzo, che ci resto, qui.”

Sudamerica, Argentina, Brasile?

“In ogni caso, VIA, lontano, più lontano!”

MARINO si rialzò come se niente fosse.

Ripensò alla nera del giorno prima, quella che gli aveva morso l’inguine e la goduria, mentre sulla Domiziana faceva più caldo che mai.

I Nigeriani contagiati vagavano a Pinetagrande.

 

32.

Uno di loro, a differenza degli altri, si rimise in piedi e imboccò la strada che portava al “Giolì”. Fece pochi passi, e crollò faccia a terra. Niente centro commerciale, per lui.

 

33.

La macchina accostò e scesero due neri, che caricarono sul sedile posteriore Osman, così si chiamava l’uomo azzannato da MARINO.

“Lo portiamo a Caserta. In ospedale sapranno cosa fare.”

“Perché non al Pronto Soccorso qui vicino?”

“Perché ‘qui vicino’ ci sono altri nostri fratelli e dentro quest’uomo c’è uno spirito cattivo. Ma l’hai visto bene? Appena questa storia sarà finita dovremo bruciarli, i vestiti che indossiamo.”

Arrivarono al San Sebastiano, l’ospedale civile provinciale, e scaricarono all’ingresso Osman, quando ormai di umano in lui c’era rimasto ben poco.

 

34.

DAL DIARIO DI CASTLE.

Ci fecero uscire all’altezza dell’autogrill e ci deviarono verso Capua.

Ma si vedeva ad occhio nudo che le cose non andavano. Le pompe di benzina erano chiuse e presidiate da auto della polizia e dei carabinieri. C’erano veicoli dell’esercito ad ogni incrocio. E c’era una manciata di persone sdraiate su un lato della strada che si muovevano appena o erano del tutto immobili, come in stato di shock.

Ad un certo punto la gente cominciò a correre frenetica in senso contrario a quello di marcia: se c’erano stati degli ordini, qualcuno li aveva interpretati male.

Poi li vidi.

Quegli “esseri”.

Quegli esseri, cos’erano? Morti, vivi? Infilavano le braccia nei finestrini aperti e tiravano fuori le persone o si infilavano essi stessi nell’abitacolo.

Molti di loro cominciarono a sferrare testate e pugni alle portiere e ai vetri.

Il sangue era ovunque.

Le bocche dei morti erano piene di carne viva strappata a morsi.

Il cielo diventò rosso fuoco.

I militari crearono uno sbarramento proprio nei pressi del Palazzo Reale, in una sorta di slargo ora occupato finanche dai carri armati, autoblindo lince, mitragliatrici ed altro ancora.

Era già guerra, era già qualcosa di diverso, “sicuramente più che un’emergenza”.

A Castelvolturno, sulla Domiziana, a Giugliano. Qualcuno diceva che erano state sganciate le bombe a Scampia, una sola strada, un denominatore comune: i morti divoravano i vivi.

 

35.

Il sole fece impazzire il mondo e la bambina dagli occhi strani e dalla bava che colava, si rialzò dal sangue avanzando lentamente. Il militare dalle numerose stelle sul petto e nessuna stella nel cuore ordinò all’Ispettore di pubblica sicurezza Carbone di sparare con la Beretta d’ordinanza al capo, i capelli biondi, ma l’Ispettore si rifiutò.

“Non posso. Non ci riesco.”

Il colonnello che aveva dato l’ordine si avvicinò correndo e le sparò al cervello, proprio mentre la bambina emetteva un suono gutturale e si protendeva verso l’uomo, cercando di morderlo. Poi schiaffeggiò Carbone.

“Ancora non capisci, vero? Sono: morti. Prendi quella vecchia laggiù, legala, e portala qui.”

C’era una donna a terra che si dimenava furiosamente.

L’ispettore si fece aiutare da un agente giovanissimo e terrorizzato, e la ammanettò. Riuscì a metterle un cappuccio sul capo ma gli occhi, e il volto, erano ancora là, pronti a comunicare che avrebbero morso chiunque in vita.

“Ecco quello che sta succedendo”, disse il militare ai suoi soldati.

Probabilmente pensò che potesse essere l’unico modo per far capire a tutti come affrontare quel pericolo.

“Mi stia vicino, coglione.”

Il militare scoprì la testa della donna, il suo volto colava di bava e sangue, quindi estrasse il coltello lungo e la pugnalò più volte. Poi le sparò al torace.

Niente.

La donna tirava fuori dagli angoli della bocca bolle rosse ed un liquido grigiastro, e si avvicinava sempre di più. Gli uomini presenti cominciarono ad avere paura. Riuscì a mordere Carbone al braccio, strappandogli pezzi di carne. Il colonnello la freddò con un colpo solo al centro della fronte.

Poi aspettò ancora immobile qualche secondo e vide l’ispettore in un lago di vomito, gli stessi orrendi occhi, e il desiderio animale di divorare carne umana.  Il militare fece fuoco mirando alla testa, e come una marionetta alla quale avevano tagliato i fili, il poliziotto crollò a terra.

Alla testa. Era l’unico modo.

“Questo!”, urlò il graduato. “Questo è l’unico modo per porre fine all’epidemia. Chi viene morso diventa uno di loro, in pochissimo tempo. Muoiono, e poi diventano bestie assetate di sangue e affamate di carne umana. L’unico modo per fermarli è colpirli alla testa. Solo così, muoiono definitivamente!”

 

 

36.

CASTLE uscì dal traffico e dalla pazzia che stava dilagando sull’Appia.

Non poteva, in quelle condizioni, essere di alcun aiuto. E le munizioni erano quasi finite.

“Tornerò, Cristo.”

All’altezza del Rione Tescione, verso le palazzine, vide il predicatore pazzo fermo a centro strada, le braccia aperte come il figlio di Dio sulla croce.

Urlava qualcosa sulla fine del mondo.

“Ma prima risolverò questa cosa in sospeso”, disse il Punitore.

Controllò l’ultimo caricatore rimastogli e salì per le scale..

…continua…

Massimo Miranda

 


EPISODI PRECEDENTI

capitolo 01

capitolo 02

 


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