Sesto capitolo de LA PRIMA GUERRA NAPOLETANA CONTRO GLI ZOMBIE – I SUPEREROI DELL’ASSE MEDIANO di Massimo “MadMax” MIRANDA. Una storia in 7 capitoli ambientata nella terra dei fuochi campana, dove vedrete interagire, in una sarabanda rocambolesca, zombie, camorristi, sbirri, super eroi della Marvel, vampiri e ammazzavampiri. Un imperdibile capolavoro trash e borderline, in dialetto napoletano.
I supereroi dell’Asse mediano.
di: Massimo “MadMax” Miranda
PARTE SESTA
55.
Oggi.
La COSA piantò il suo 73 di piede al suolo, mentre l’HULK-zombie lo abbrancava e cercava nuovamente di morderlo.
“Stronzone”, disse. “Da qui non passi.”
Ma il mostro aveva visto la scuola ed i ragazzi terrorizzati all’interno, e pregustava la tenera carne.
“FaMe!!!TOGLiTI Dal CAzZo. FAmE!!!!!!!”
BEN GRIMM lo colpì. Montante, gancio destro, gancio sinistro.
FTOOOM !
L’HULK-zombie atterrò dritto sul commissariato di zona, a circa tre chilometri.
“A chi vuoi darla a bere, Ben? Siamo fottuti, simpatico roccione dagli occhi blu”, si disse la COSA.
E infatti l’HULK-zombie si rialzò più furioso che mai e polverizzò i resti dell’edificio, in un turbinio di braccia possenti, simili a querce.
“Poco male”, sorrise la COSA, “un tempo bevevamo birra insieme, Banner!”
Quando vide gli occhi iniettati di sangue del mostro, l’uomo roccia però girò le spalle e cercò la fuga.
“Cazzo!”
HULK prese la rincorsa e saltò dritto sulle sue chiappe. Il mostro arrapato gli afferrò la caviglia destra e lo sbatté sul selciato, con tanta veemenza da generare una sorta di terremoto.
Diverse case crollarono.
“Devi fare di meglio, ricchioncello”, gli sussurrò BEN GRIMM alle orecchie mentre il mostro verde impazziva di dolore, cercando di mordere ancora una volta il pastificio di Ben; ma gli si spezzò un incisivo.
“Fottuto uomo roccia! Perché non riesco a mangiarti?”
“Ora te lo spiego per bene”.
Con un calcio allo sterno, Ben gli fece radere al suolo, nella ricaduta, un condominio a due scale.
“Bene, per zia Petunia. Lontano da qui, Bruce!”
Aveva guadagnato due chilometri, le macerie sopra e circa venti secondi ancora, ma il golia verde, più s’incazzava, più diventava forte.
“Sono più infoiato di Peter Tosh, uomo-roccia. HULK spacca!!!”
56.
A DOC SAMSON, che HULK si divorasse la COSA, proprio non andava giù. Così disse a CROW di fare inversione, salì sul tetto dell’Humvee, e guardò lontano.
Ora, fai conto che Doc è una sorta di prototipo di HULK. Magari in apparenza appena un po’ più gentile, e con lunghi e verdi capelli, ma è lui.
CASTLE gli fece il vuoto intorno con l’M12 a tiro singolo.
Doc strinse il pugno, guardò negli occhi il PUNITORE e con un cenno d’intesa, balzò in avanti.
Scavalcò la folla di morti viventi e atterrò ad una manciata di passi dal mostro verde.
“Ehi!”, disse.
L’HULK famelico si girò lentamente, dopo aver incastrato BEN GRIMM di testa nell’asfalto, pronto a strappargli braccia e gambe e midollo.
Quindi sillabò: “Carne… Tenera.”
DOC SAMSON gli rispose:
“Vieni. Ti spacco in due.”
57.
L’INTERVISTA
“Cercavamo una nuova generazione di droghe psicotrope ma le cose non sono andate come auspicavamo.
La natura è straordinaria, e fornisce di tutto. In Amazzonia e nella foresta pluviale brasiliana, c’è una vera e propria fonte di tesori farmacologici”, disse il medico.
58.
“Continui”, lo invitò l’operatore. “Dritto in telecamera!”
59.
“…La cosa fantastica era che quei luoghi erano aperti ad ogni sfruttamento, perché le nazioni biologicamente ricche dei tropici sono economicamente povere. La ricerca comune della guerra biologica aveva lo scopo di creare un composto o un virus di origine patogena che potesse essere introdotto in una popolazione nemica per influenzare la chimica del cervello. La maggior parte di quello che sappiamo degli usi terapeutici di etanolo, scopolamina, 3-chinoclidinile benzilato, temazepam e barbiturici come il tiopental sodico e l’amobarbital derivano dalle armi biologiche e dalla ricerca sui prodotti chimici per gli interrogatori. A Cuba e ad Haiti approfondimmo le ricerche usando combinazioni di quelle sostanze con varie neurotossine, in particolare la tetradotossina che può essere trovata in certe specie di pesce palla comuni in quelle aree. In dosi quasi letali, la tetradotossina può lasciare una persona in stato di morte apparente per parecchi giorni ma continuando ad essere cosciente. Il nostro compito era quello di creare un’arma biologica che rendesse una popolazione inerte, ma viva.
…E che risvegliasse le cavie al momento giusto.”
60.
“Stiamo parlando di fottutissimi zombi””, intervenne l’intervistatore, pallido.
61.
“Sì. Attivati con un siero, un reagente a temperature elevate. Il piano era quello di creare un qualcosa che potesse essere diffuso in una popolazione nemica, permettendo poi di restare ad aspettare che il virus ed i parassiti in esso contenuti facessero il loro lavoro. A quel punto, i militari sarebbero intervenuti, debitamente protetti con tute isolanti, e con dei lanciafiamme avrebbero annientato i nemici della patria…”
“Il contagio, la diffusione…come avviene?”
“L’ospite con queste sostanze tossiche dentro sarebbe diventato estremamente aggressivo, ed ogni persona infettata sarebbe divenuta portatrice a sua volta dell’infezione in pochi secondi. Questo agente patogeno vive in qualsiasi fluido, sangue, sputi, saliva. Il modo più semplice di diffusione è il morso. Grazie ad esso, i parassiti vengono introdotti a forza nella circolazione sanguigna.”
“…A forza.”
“Ed in particolari condizioni ambientali”.
“È questo il motivo del grande caldo?”
“Certo. Avevamo due alternative. Il caldo, oppure il freddo estremo. “Qualcuno” ha deciso per il virus a calore. Per gli effetti collaterali. Chi sopravvive, in una situazione di caldo estremo, tende a…degenerare. In modo imprevedibile. Scatti di violenza incontrollata, il caos, l’autodistruzione. Dissenterie, disidratazioni, eczemi, irritazioni all’epidermide, malattie sessuali, eccetera. Lassù in alto c’è una grande varietà di sadici travestiti da programmatori”.
“Figli di puttana. Figli. Di. Puttana.”
“Già.”
62.
“E quelle cazzo di scie chimiche.”
“Esatto. In zone ad alto tasso di inquinamento ambientale, avrebbero avuto un effetto accelerante. Ad ogni modo, qualcosa è andato storto. Le cose sono sfuggite di mano ai militari. Ed il siero è finito nelle mani sbagliate.”
Il giornalista perse il controllo.
“Cioè, mi stai dicendo che qualcuno, magari dei terroristi pazzi, hanno rubato questa … “arma”, hanno scelto i luoghi più adatti, magari condendoli con un po’ di schifezza nell’aria, e l’hanno sparata nel corpo di qualche puttana tossica su e giù per il mondo…e poi queste persone hanno cominciato a contagiare neri, bianchi, gialli, e quindi tutto il fottuto creato?”
“Per quanto possa sembrare assurdo, è andata proprio così. Credo.”
“…Un’ultima cosa: Perché la Fame?”
“E’…un effetto collaterale. Puro e semplice. Qualcosa che si voleva limitare e sul quale si stava lavorando. Sarebbe bastato un morso. Il contagio avrebbe reso gli “ostili”, lenti. E facili bersagli, da eliminare col fuoco. Non era mica conveniente avere a che fare con morti viventi intenti a divorare carcasse d’ogni genere. Anche perché questo fatto avrebbe rallentato comunque il contagio. Una perdita di tempo inutile, sotto certi punti di vista. Per altri versi, uno shock paralizzante per i sopravvissuti.”
“Cristo.”
63.
“Che ti dicevo, ‘SERPICO’? E’ o non è la fine del mondo?”, chiese CASTLE, dopo aver eliminato gli zombi sparando loro in bocca e al capo. Il PUNITORE era arrivato in tempo per salvarne almeno uno.
“Santo dio…Giacobbe, lo divorano, è ancora…vivo!!”
“Non c’è nulla che puoi fare, per lui. Devi sparargli adesso, prima che si trasformi e che diventi come loro.”
“…Sì.”
64.
NOTA: OPERATORE AK-47
CAPITOLO 1: DI COME SIAMO ARRIVATI A QUESTO PUNTO.
Le azioni di difesa non furono coordinate. Alle spalle del IV reparto, organizzato da CASTLE, fecero solo un gran casino, e il suono che venne fuori da quelle gole squarciate, fu quanto di più destabilizzante potesse essere ascoltato dai soldati. Questi ebbero l’ordine da qualche testa di minchia di aprire il fuoco a casaccio, e una tempesta di missili e piombo di mitragliatrici si riversò sulla marea di morti viventi che avanzava, fiamme, fuoco, crateri. Il tutto senza nessun ordine, e nessuna strategia. Semplicemente tirare così, nel mucchio, a cazzo di cane.
Gli zombi, a quel punto erano una sola moltitudine, e continuarono ad avanzare.
“Sai, questi cosi non hanno pregi né intelligenza e spesso se ne vengono a pezzi, ma se non li becchi in testa, mica muoiono.”
Una dura verità da accettare, perché strisciando, gli zombi continuarono a mordere e a contagiare.
Gli uomini nelle postazioni, sudati, e coi nervi a pezzi, nonostante il residuo di tecnologia inutile, cercarono di arginare l’orda, ma non avevano le armi adatte. E per armi adatte si intendeva semplicemente il possedere pochi fucili di precisione, come aveva pensato CASTLE, e chi li ricaricasse.
Furono travolti a morsi, sventrati, divorati.
65.
“E’ giunta l’ora di levare le tende”, disse il PUNITORE, quando vide la marea di mostri sul Garigliano arrivargli alle spalle.
“Stronzi.”
Il contagio velocizzò se stesso e il risiko costruito a tavolino, se ne andò a puttane.
66.
REGALO DI NATALE.
Mesi dopo.
- Col cazzo che riuscirono a fermarli.
Il sole esplose nel rosso orizzonte di cielo.
La strada stringeva in quel dedalo di strade bombardate, un cartello spaccato indicava che la “rotonda” di Arzano era vicina.
Il PUNITORE era stanco, la macchina perdeva colpi e le sue mani tremavano ogni giorno di più.
“Dio non c’è”, recitava la vernice sul muro che puzzava di piscio, l’odore acre entrò dal finestrino.
L’uomo nero scese dalla macchina e aprì il cofano. Trascinò fuori in catene i due zombi, un maschio ed una femmina, con ancora addosso i vestiti da matrimonio. La tregua, per i Mancuso ed i Savastano era stata suggellata con quell’unione. Peccato poi che il maschio avesse morso la ragazza in camera da letto. Lo “sposo” s’era fatto infettare mentre nel cesso del ristorante la cameriera-zombie lo spompinava.
“Non lo vedi il pallore, coglione?”, gli aveva detto il PUNITORE.
Dettagli.
I due clan comunque, per la pace di chi restava, li volevano entrambi, vivi, morti, oppure zombi. Teste di cazzo.
Era un regalo di Natale ed il PUNITORE li aveva trovati. Il Biondo venne fuori dal muro del casolare insieme ai suoi due guardaspalle, armati fino al culo.
Sembrava d’essere a Beirut, e invece era Crispano.
“Buon Natale”, sorrise il Biondo, i denti rotti.
“Buon Natale un cazzo”, rispose CASTLE.
Lo scambio avvenne senza più parole.
Frank aprì la borsa e guardò sotto il C4, l’ORDIGNO. Il Biondo gli chiese se fosse contento.
“Allora? Sì cuntiento? T’avimm rat’ a bomba. Ca po’, che cazz c’edde fa, nun se sape.”
CASTLE restò in silenzio, lasciò le catene e gli zombi ringhiarono verso il gruppo di fuoco.
In vita erano stati sposi, e questo suggellava la pace tra i clan, tanto batava.
“Piglia ‘lloco!”, ordinò il camorrista ai suoi scagnozzi.
“E’ semp’ nu piacere a t’ vere’, Cap’ e mo’..”
CASTLE si rimise in macchina e disse: “Vi ammazzerò tutti.”
Qualsiasi tipo di logica, in pochi mesi era oramai andata a farsi fottere.
67.
IL COMITATO PER LA SICUREZZA E L’ORDINE PUBBLICO fu convocato immediatamente dal questore De Vita, uno degli ultimi buoni. Il comandante dei vigili relazionò su quel che stava succedendo in pieno centro. Gli omicidi della reggia erano niente in confronto a ciò che era successo dalle parti dell’ex canapificio. I neri avevano messo a ferro e fuoco la struttura e c’erano state perlomeno due dozzine di vittime.
“Ma”, aggiunse il comandante, “Io stesso li ho visti rialzarsi sventrati per mordere e divorarne altri. Erano morti, Dio santo, non so quale droga possa fare quest’effetto…”
“Sono zombi”, disse il questore.
E poi: “Nervi saldi, comandà, mannaggia a maronna.”
“Dobbiamo arginare il flusso sull’Appia. Quelli del canapificio sono niente, al confronto.”
Il Colonnello Adinolfi, dei carabinieri, propose lo sbarramento nei pressi del Palazzo Reale.
Il vescovo cominciò a parlare dei figli di Dio, “Bisogna distinguere…”, ma non riuscì a terminare la frase. I colpi d’arma da fuoco nel corridoio annunciarono la fine.
Due ore dopo, gli Americani presero il comando delle operazioni, commettendo una cazzata dopo l’altra.
…continua…
Massimo Miranda
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