“Sbrigatevi a leggerlo, perché ne stanno già facendo un film”
Oramai siamo diventati esigenti. Giustamente e inevitabilmente esigenti. E questo è bene che lo sappia qualunque scrittore si accinga a scrivere un romanzo di zombie.
Sono finiti i tempi in cui le storie con protagonisti i nostri amati morti viventi erano merce rara. All’epoca, essendo in crisi di astinenza, ci leggevamo di tutto, ingurgitavamo qualunque porcheria, bastava che fosse ambientata in un mondo in rovina dove i risorti braccassero i sopravvissuti.
Ora no! Adesso, anzi, rischiamo l’indigestione. Siamo sazi e quindi selettivi. Per cui l’aforisma napoletano secondo il quale “ogni buco è pertuso” non vale più! Sappiatelo!
Oggi il lettore appassionato del genere vuole, pretende, ORIGINALITÁ!
Basta con i libri che ci raccontano “come tutto è cominciato”… lo sappiamo! Ci annoia sentirci descrivere per l’ennesima volta il diffondersi del virus nelle città sconvolte dal caos. Il gioco è bello quando dura poco, se dura è seccatura.
Ebbene, lo scrittore inglese M.R. Carey riesce nell’impresa, stupendoci con il suo romanzo: LA RAGAZZA CHE SAPEVA TROPPO (da ammirare già il coraggio di non scrivere la parola “zombie” nel titolo. In realtà quella parola non viene mai usata, abilmente sostituita dal termine inglese “hungrie” – affamato).
Per prima cosa ambienta la storia nel futuro dell’apocalisse, evitando così la tarantella trita e ritrita dello zombie che morde l’uomo che si trasforma in zombie che morde l’uomo che si trasforma in zombie e così via all’infinito… e che palle!
Il mondo come lo conosciamo non esiste più e i sopravvissuti sono fondamentalmente divisi in due categorie: quelli che convivono in strutture gestite dall’esercito e i “junker”, bande di feroci predoni che scorrazzano nel mondo invaso dai morti viventi.
La storia inizia proprio in una di queste strutture militari, dove proseguono alacremente gli studi scientifici per scoprire l’origine del male e trovarne una cura. Tranquilli, stavolta niente virus. E questa è già un’altra bella novità. Carey, infatti, imposta le cause della pandemia partendo da quanto accade già in natura con il fenomeno delle “formiche-zombie”. Non conoscete questo fenomeno? Dopo 5 minuti di vergogna, andatevi a leggere l’articolo che tempo fa scrisse Igor Zanchelli sull’incredibile fenomeno naturale.
É proprio in questa struttura che facciamo conoscenza con Melanie, una bambina tenuta segregata insieme ad altri suoi coetanei per essere istruita, analizzata, controllata e sottoposta a continui test. Cosa hanno di così interessante questi figli del nuovo mondo? … Lo scoprirete solo leggendo.
La trama si dipana nel viaggio che un gruppetto di superstiti, tra cui Melanie, è costretto ad affrontare dopo che i junker assalgono e distruggono la base militare. Un’assortita ed eterogenea squadra, guidata dall’immarcescibile Sergente Parks (il mio personaggio preferito), affronta l’incubo del mondo esterno dove i colpi di scena si susseguono a ritmo frenetico.
Non aspettatevi il lieto fine (altrimenti non ve l’avrei consigliato), ma non crediate che la storia termini con un deprimente finale senza speranze o, peggio ancora, con un finale aperto, tipico delle storie zombesche. Vi dico solo che la conclusione vi sorprenderà, lasciandovi allo stesso tempo perplessi.
Lo stile è fluido e accattivante. Semplice e senza inutili fronzoli, ma nel contempo efficace e godibile…lontano anni luce dai romanzi per bambini analfabeti della Multiplayer (e ti pareva che perdevo occasione per lanciare l’ennesima stoccata su quelle schifezze letterarie? Lo so che ve l’aspettavate e non volevo deludervi).
Ah! … Sbrigatevi a leggerlo, perché ne stanno già facendo un film.
Nicola Furia