RESA DEI CONTI ALL’ODDLY SHED – TRA L’INFERNO E KINGPIN di Massimo Miranda, un prequel de “LA PRIMA GUERRA NAPOLETANA CONTRO GLI ZOMBIE” pubblicata nelle scorse settimane
«La cucina dell’Inferno è molto simile alla Terra dei Fuochi. Brucia. Guardale bene, Murdock… certo, a modo tuo».
Matthew si avvicinò al tavolo. Erano tutte lì. Devastate dalla morte. Le sfiorò, ognuna diversamente, impercettibilmente. Claire, Karen, Elektra, Natasha, Milla, e suor Maggie…“Madre.”
«Era solo questione di tempo, “Devil”, diventerai come me…», gli sussurrò Frank.
«No…no. Io non sarò mai un “punisher”, neanche dopo…questo».
«Già. Tu sei un eroe, vero? Tu non uccidi. Ti ho visto prenderli a pugni, però. Fino a “romperli”. Tutti quegli assassini, stupratori… e poi? Dopo tutto quel lavoro a metà sei stato pronto a far valere la legge. Addirittura ad alcuni hai offerto la tua difesa come avvocato. Sei bravo, “Devil”».
«Chi è stato a fare questo, Frank? Ne conosco solo un paio che si spingerebbero a tanto. Fisk e Bullseye. Sono stati loro? E perché qui?»
«Ha così tanta importanza, il posto? Per loro un buco vale l’altro».
«Già».
…
Al sole i due uomini si riscoprono molto simili. Vestiti di nero, una sola differenza, il teschio sul petto, Castle. Nella notte di New York, paradossalmente, sarebbero state più evidenti le differenze. Quaggiù, invece, era facile confondersi. Due…Fratelli? Qui c’è talmente tanta luce da tirare fuori solo un fiato.
«È così che dev’essere l’inferno», dice Matthew.
«Sei fortunato, visto che non puoi vederlo».
«Ci stanno aspettando».
IL LUOGO:
Le fabbriche dismesse su strade piene di polvere, asfaltate per metà. Dal tetto della casa in costruzione, Bullseye prende la mira.
«Chissà chi sa-rà, chis-sà chi lo sa, chis-sà. Chi sarà. Tocca a te, bello».
KPOW!
Devil avverte l’aria tagliarsi e sposta di lato Castle. Poi spinge le gambe in avanti, e ancora in alto (“Niente costume rosso color sangue, Matthew, ora sei solo una macchia nera che guizza, leggera, potente”).
Le macchine arrivano ruggendo dall’incrocio opposto, e in ognuna ce ne sono minimo cinque, di camorristi fetenti, armati di kalashnikov ed m12.
Quel luogo, come si chiamava: Teverola, o forse Capua? finiva in una strada che portava fino al mare, ma il mare era molto lontano da lì.
Niente mare dentro.
KINGPIN
Fisk aveva spazzato via i Savastano e Genny, l’erede: a Napoli Nord gli infami che avevano tradito il clan degli Schiavone erano stati comunque sepolti nel cemento di un nuovo centro commerciale, “La Notte”. Zero yakuza, niente mafia, le gang erano sparite. Da quel buco di culo, meridione d’Italia, Fisk dettava legge.
Eppure Murdock era sempre la sua ossessione. Aveva fatto il giro del mondo per vendicarsi sulle sue donne. Nessuno mai più lo avrebbe umiliato. Solo Devil c’era riuscito tante volte, ricordandogli le frustate del padre da bambino.
E Wilson Fisk era impazzito.
«Vieni, Murdock…», sibilò sbavando.
Il Punitore andò in automatica. Sparò raffiche, tirò granate, uscì fuori dal fumo e diede colpi di grazia, poi si levò dalla linea di fuoco di Bullseye.
Gli arrivò alle spalle.
«Che cazzo…?!?», ebbe appena il tempo di dire l’uomo dal bersaglio sulla fronte.
KRACK!
Dritto tra le scapole, calibro 9 parabellum, Frank gli si avvicinò e gli spezzò il collo. Definitivamente.
«Questo è per la Greca», disse, «Pezzo di merda».
Kingpin era a terra. Devil gli aveva paralizzato braccia e gambe colpendolo nei punti di pressione, non era stato facile trovarli, sotto tutta quella massa di muscoli e grasso.
«Ma mi sono preso tutto, Murdock!», Fisk gridò come un animale ferito, «La Vedova Nera, e “Maggie…Karen Page, la tua puttanella… Con l’ultima, la cieca, Milla…me la sono pure spassata…Ammazzami, “Devil”, così avrò anche…la tua anima…»
Matthew stringeva tra le mani sporche di sangue il crocifisso che gli aveva regalato il prete, anni prima. Il suo corpo era scosso da spasmi, e tremava.
Castle gli si avvicinò e capì subito ciò che stava succedendo.
«Vuoi essere come me?», chiese. Quindi, senza aspettare risposte, sparò dritto alla fronte di Fisk.
«…Tu non meriti questo, fratello». E gli tese la mano
PRIMA.
Kingpin entrò nella camera blindata ed aprì la bara. Non si lavava da giorni e i suoi vestiti erano laceri. Il mostro dalla pelle bianca spalancò gli occhi orrendi.
«Vai», gli disse l’uomo di Hell’s Kitchen.
«Se…posso permettermi», sussurrò terrorizzato La Rosa, entrando di spalle per non vedere l’orrore, «Stiamo scatenando qualcosa che non controlleremo in nessun modo».
«No, non puoi permetterti. Aiutami a trovare Vanessa e comincerò a prendere in considerazione i tuoi suggerimenti. A Morbius penserò io».
Come un ratto velocissimo, Michael Morbius, il vampiro vivente, si lanciò dalla finestra del ventesimo piano, divenendo una striscia di intenso colore blu con ali sottili, piccole e rosse.
«Fame!!!», urlò.
Una fame bruciante. E un’immagine. No, non era il Ragno a sei braccia, stavolta, e neanche Blade, il diurno. L’immagine che gli girava su per il volto rappresentava il diavolo, ma stavolta il diavolo era lui.
Era colui che portava il morbo. Kingpin lo aveva reso pericoloso, infetto, pazzo e contagioso.
Matt aveva appena steso Lapide, e non ne era uscito granché bene. Lui non era mica Capitan America. Le mani gli sanguinavano e la sua bocca “sapeva” di sangue antico. Da un po’ di tempo si ritrovava spesso, in battaglia, a pregare, un Padre nostro, l’Ave Maria…e tremava.
Stick gli avrebbe detto che ormai era diventato una mammoletta, e lui la pensava più o meno così: “Hai ragione. Pensalo pure, vecchio.”
«Io mi sento più vecchio di te, ora». L’ultima frase la disse a voce alta.
«Per me oggi ti sei guadagnato la paga, Murdock. Dormi sogni tranquilli».
«Ti proteggeremo il culo noi», suggerì Cage.
«…Noi?»
«Già. Io, Danny, Shang Chi, Jessica, Natasha, la Greca e…quel pazzo col teschio sul petto. Siamo meglio dei fottuti vendicatori, avvocato…E tra l’altro, dove sono finiti, gli eroi, con le loro tutine da froci? Non lo sappiamo. È da un bel po’, ormai, che sono spariti. Che cazzo sta succedendo a Hell’s Kitchen, Matt?»
«…Non sta succedendo solo qui, Luke. Lo hai visto anche tu, Lapide. Non era più lui. Qualcosa lo ha trasformato in un mostro assetato di sangue».
«Forse dovremmo chiedere aiuto a Strange».
«Se non si è attaccato alla bottiglia di nuovo», sospirò Jessica, accarezzando Murdock.
-«…ARRIVANO!!!»
…
Fumo, sangue. Polvere.
Le zanne di Morbius sul collo di Devil.
«Questa storia non finirà con un team-up», disse Castle, osservando dal tetto lontano il massacro.
«Già… Ma il Diavolo è ancora vivo…», Stick sputò giù dal palazzo e puntò il suo bastone tra le scapole del Punitore. «Non senti? Il suo cuore batte ancora, e lo trasformeranno in una stronza creatura della notte, pestifera come una puzzola, più di Morbius, pronta ad infettare qualunque culo gli porteranno a colazione. Matt Murdock è il più potente tra gli eroi, il più sottovalutato e, di conseguenza, il più letale».
«Sei un poeta, vecchio. Dimmi solo come ammazzarlo. Prima che lui ammazzi noi».
«Togliamoci da quassù. Ho le vertigini».
TEMPO: PRESENTE.
È chiaro che non è finita così.
Qualcuno deve aver miracolato Devil; chissà, forse si sono divisi i meriti una certa suora, e l’infermiera di notte: roba di donne.
ORA.
Castle porge una mano a Devil.
«La nostra priorità, Matthew, è trovare chi può portare in giro la Peste che abbiamo sconfitto a Hell’s Kitchen. Sei d’accordo, vero?»
«Se non fermiamo Morbius, lui infetterà questo posto, e chi ci vive… Sarà la fine».
A pochi chilometri di distanza, in quel preciso istante, dalle parti di Pinetamare, sulla Domiziana, un ragazzo digrignava i denti affondandoli nel cuore di un medico: stupore.
La fine era già arrivata.
Morbius lo aveva dissanguato come un pupazzo, quel ragazzo secco come un’acciuga, e lui si portava avanti col lavoro. Carne e sangue. Il tipico sbranare dei morti viventi.
L’infezione si sarebbe propagata in un battibaleno da un capo all’altro del mondo.
«Ne voglio ancora», schiumò Morbius, reso pazzo dalla FAME provocatagli dai disegni contorti di Kingpin e Valek, il Nosferatu….
Massimo Miranda