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RECENSIONE THE WALKING DEAD S08E05

 

In questa puntata Gimple entra in campo come sceneggiatore in prima persona (con Johnson e Kang) e, come sempre quando questo avviene, la puntata risulta semplicemente strepitosa.

Come gestisce i personaggi della serie colui che adesso è il suo showrunner mi ha sempre lasciato a bocca aperta, fin dall’epica puntata su Morgan impazzito dopo la morte del figlio.

E chi mette in primo piano con tutta la sua potenza emotiva all’opera Gimple? Nientemeno che Negan. Il “villain” tutto d’un pezzo senza nessuna coscienza. Fino ad adesso.

Grazie anche ad un’interpretazione di Jeffrey Dean Morgan da Emmy, scopriamo finalmente cosa esiste veramente nell’anima di Negan.

Ovviamente giustifica tutto ciò che ha fatto e che fa per un bene supremo di sicurezza e di rifondazione della società su nuove fondamenta di “forza” e non di debolezza.

Sa bene che è un dittatore e che tutto si basa su di lui e la sua presenza. Sa anche che il suo potere si basa sulla paura e sull’interesse personale, non certo sulla fedeltà e l’affetto.

Ma in tempi di crisi profonda e di paura sa anche che la sicurezza profonda di avere un tetto sicuro e cibo quando serve e quella di avere un posto nella società ben preciso ed “utile” ad essa, anche se da semischiavi, come i lavoratori dei Saviours sono, per la maggior parte delle persone “comuni” è più importante di qualsiasi altra cosa.

E Negan ha quel carisma micidiale che ti fa anche ringraziare il cielo che esista a darti quel poco che ti dà.

Qui però entra in gioco Padre Gabriel prepotentemente. Mettendoli insieme in un luogo angusto, con una luce disturbante e gli Zombie alla porta come sottofondo, Gimple crea una situazione completamente nuova nella serie.

Da flashback iniziali scopriamo cosa pensa il Negan dittatore e capo dei Saviours. Cosa pensano realmente di lui i suoi collaboratori più stretti e “fedeli”.

Ma con Padre Gabriel che gli dice chiaramente che ciò che teme è una “morte inutile”, alla fine ciò che teme anche Negan, ma che lui chiama debolezza, tira fuori da lui la verità.

E qui parte una scena dove Morgan dimostra quale attore potente sia anche nei momenti “più intimi”, oltre a quelli da psicopatico. Negan sa qual è la sua colpa peggiore, la debolezza di aver lasciato uccidere sua moglie, diventata Zombie, da un altro.

E capiamo anche che il suo modo di essere era già ben sviluppato prima dell’apocalisse. Gimple ribadisce ancora una volta che ciò che eri prima… è la base, sempre e comunque, di ciò che sei adesso.

Ci dice nel contempo una cosa molto “pesante”: ciò che sei veramente non può essere modificato da leggi, società, amore e cose così. Lo puoi solo sublimare per essere accettabile nella società. Ma è lì e quando questo substrato sociale crolla ecco che esce con tutta la sua potenza. Poca speranza quindi di cambiamento per gli uomini in questa visione.

Negan era un “educatore severo” di giovani e un marito infedele che, di fronte alla malattia mortale che colpisce la “sua prima ed unica moglie” capisce cosa vale per lui quella donna. Ma che sa di non aver fatto niente per aiutarla, anche dopo la sua, morte avvenuta durante l’apocalisse.

Ed ora ha sublimato tutto ciò con il rendere migliori e più forti le persone che incontra. O almeno è quello che dice a sé stesso.

E quando “parla” a Lucille prima di uscire capiamo benissimo anche a chi in realtà sta parlando: alla sua “debolezza”, la sua defunta moglie.

Tutto ciò in poche potenti scene. Dove anche Padre Gabriel viene arricchito di quello spessore che finora gli era mancato.

E finalmente ci si ricorda anche che riempirsi di viscere di un morto in decomposizione può portare a gravi patologie per i vivi. E vedremo questo cosa porterà a Padre Gabriel.

Intanto Rick e Daryl entrano in conflitto, anche fisico. Rick alla fine è tornato alla sua naturale predisposizione inziale. Capo sì, rischi per ricostruire un futuro alla sua gente sì, ma con meno danni “accessori” possibili. Come anche Negan, per Gimple lui non ha altra scelta che essere così.

E così fa Daryl. È deciso a vincere la guerra con Negan, complice il senso di colpa che lo tormenta per Glenn, con ogni mezzo possibile. Quindi anche lui torna al Daryl educato dal fratello a fare qualsiasi cosa necessaria per lo scopo che si è prefissato.

Ma veramente potrà ignorare ciò che Rick ha modificato con la sua amicizia fraterna? Ciò che Carol ha fatto? E che quest’ultima abbia un’influenza tremendamente pesante su di lui lo vediamo dall’espressione di sollievo che manifesta chiaramente quando scopre che è viva. E lo vede anche Rick.

Vorrei ricordare che questo personaggio, alla fine, è quello più complesso della serie fin dai suoi inizi. E Gimple sa bene che le eccezioni alla sua idea di uomo non possono essere ignorate.

Così come Rick vede un elicottero e noi qualcuno che lo spia con un binocolo.

Grosse novità o grossi guai in arrivo?

Ho apprezzato anche l’azzeramento del vantaggio dato a chi le possiede dalle armi pesanti, ora in mano a Rick and company. Riportando la guerra tra i due gruppi ad uno stallo.

Vedremo anche finalmente di che pasta è fatto Eugene in realtà: sa ormai che Dwight è l’informatore di Rick and company. Sa anche che la sua vita è in pericolo, perché lui è il più sospettabile dagli altri. Ed ora deve decidere cosa fare con Padre Gabriel.

Insomma Gimple riesce ad usare una puntata di “The Walking Dead” come un’arma per rompere tutti gli equilibri precedenti e ristabilirne di nuovi, per presentarci chi sono in realtà e nella profondità gli uomini e le donne che stiamo seguendo da anni in questa serie.

In poche parole, Gimple ci ricorda sempre perché, dopo otto anni, siamo ancora qui a seguirla: cosa c’è alla fine di più imprevedibile, sorprendente, pericoloso e magnifico da vedere dell’essere umano lasciato libero di agire secondo i suoi istinti naturali?
 

Antonella Cella

 


 


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