Prima Linea
Qualcosa mi sta strappando dai miei sogni, dal mio mondo. No maledizione, no… non ancora. Apro gli occhi a fatica, istintivamente allungo la mano nella spasmodica ricerca degli occhiali. Ok, ora tutto si è fatto più nitido: le solite cose, la maledetta vita. Devo sbrigarmi, non posso permettermi di rimanere indietro o qualcuno si arrabbierà sul serio.
Mi alzo malvolentieri, mi sento già stanco. I movimenti sono meccanici, privi di slancio e vitalità. Dovrei mangiare qualcosa ma sinceramente non mi va. Mi guardo allo specchio velocemente mentre mi lavo la faccia. Sono brutto, sembro scemo: proprio come dicono. Poco dopo sono pronto a partire, per me un altro giorno in prima linea. Saluto rapidamente tutti, accenno un sorriso ma dentro mi sento morire. Vorrei piangere, vorrei che tutto questo fosse un sogno. Chiedo solo di risvegliarmi nel mio letto e scoprire che il mondo non è così ingiusto, così cattivo. Salgo sul mezzo, il posto di fianco a me è vuoto. Siamo parecchi qua sopra, ma mi sembra di essere solo. Gli altri ridono e scherzano come nulla fosse, sono veterani. Io guardo fuori mentre la meta si avvicina, cerco di non pensarci. Canticchio una canzoncina aiutandomi con il ronzio del motore, assomiglia a quella di un cartone animato. Mi appoggio al piccolo finestrino e guardo su, attraverso uno squarcio aperto fra le nuvole. Immagino come dovrebbe essere meraviglioso essere leggero, libero, e volare in quel cielo così azzurro. Già, volare via, lontano da tutto e da tutti. Uno scossone mi fa tornare bruscamente alla realtà, rubandomi ancora una volta al mio piccolo rifugio. Ci siamo, si va in scena. Sembrano tutti decisi e senza ripensamenti, quasi come se fosse una cosa normale o addirittura bella. Io vado per ultimo, una paura strisciante si sta facendo strada fra la tristezza e la malinconia. È l’ora: faccio un profondo respiro e salto giù. Lo zaino è pesante, le cinghie mi segnano dolorosamente le spalle. Cerco di mantenere un basso profilo, di non perdere di vista i miei compagni man mano che ci avviciniamo. Ci siamo quasi, ci sono quasi… oh no… no, eccoli, di nuovo! Il cuore mi batte all’impazzata, vorrei fuggire, vorrei tornare indietro ma devo resistere, devo essere forte. Forse non mi hanno visto, forse riuscirò a superarli, senza che mi notino. Un attimo di distrazione e sono solo, di nuovo. No! Non da questa parte, non da questa parte. Eccoli, stanno venendo verso di me, stavolta devo combattere, non fuggirò come un coniglio. Chiudo gli occhi, penso ai supereroi dei fumetti che nel momento peggiore tirano fuori i loro superpoteri. Fossi come loro sarei un buono e con la mia forza proteggerei tutti dai cattivi. L’attimo è passato: nessun colpo segreto, nessun bagliore accecante, nessun potere. Mi hanno accerchiato, vorrei reagire ma sono come paralizzato, riesco solo a singhiozzare… come uno scemo. Mi colpiscono: tre o quattro volte, forse di più. Cado per terra, nel fango, poi finalmente il buio e il silenzio. Il mio destino era questo, lo sapevo, l’ho sempre saputo. Sono un perdente, una nullità… Mamma, Mamma dove sei…
Sento il sapore amaro delle lacrime unito a quello del sangue. Probabilmente mi hanno spaccato l’apparecchio. Apro gli occhi, lo zaino si è aperto e sono sdraiato in mezzo ai miei libri e quaderni zuppi e fradici. Poco più in là intravedo per terra i miei occhiali, rotti. Il mio papà me li aveva appena ricomprati… non è giusto… non è giusto! Io non ho mai fatto male a nessuno, perché se la prendono con me, perché maledetti bastardi! Mi sento il cuore scoppiare, faccio fatica a respirare, mi fa male dappertutto ma soprattutto mi fa male dentro…
” Ehi come stai? Tutto bene? Che casino, vieni, appoggiati a me, ti do una mano a rialzarti che sennò facciamo tardi! Guarda quei tre deficienti come ti han conciato, dai non pensarci, son solo degli stupidi vigliacchi. Ciao, scusa ma non mi sono nemmeno presentato: mi chiamo Marco e sono nuovo di qua, non ho amici…beh, almeno fino ad ora…”
*Dedicato a tutti i piccoli soldati che ogni giorno combattono silenziosamente la loro guerra in prima linea.
Pier Melidori
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