Racconti

DEEP BLACK

di Caterina Schiraldi

Capitolo VI

 

Era seduto su un letto basso. I gomiti poggiati sulle gambe divaricate, sanguinanti e con le ginocchia sbucciate. La testa era china in avanti, le mani entrambe su di essa, a coprirne completamente viso e occhi.

Jo non voleva vedere né sentire nessuno. Il dolore fisico e morale che sentiva era vivo, pulsante e acceso da una rabbia sorda e rossa, che non vedeva l’ora di sfogare contro qualcuno.

Un giovane attendente gli stava delicatamente ripulendo e disinfettando le ferite ma nonostante il tocco leggero ed il mutismo totale del ragazzo, Jo aveva voglia di aggredirlo. Di spostarlo brutalmente mandando quelle sue gambette da ragazzino all’aria, pur di scansarsi da lui, di non farsi toccare e dare libero sfogo alle emozioni in ebollizione.

<<Vostra altezza… >>

<<Non chiamarmi così!>>, ruggì contro Napoleone. Si sollevò di scatto investendo il giovane che si ostinava a non guardare in viso. Non voleva incontrare il suo sguardo, non voleva scorgerne i sentimenti di umiliazione negli occhi. Sentiva che lo stava osservando ma lui aveva solo voglia di aggredirlo e sfogarsi. Anche se la sua rabbia non era dovuta realmente a lui. Era arrabbiato col mondo, col destino, con sé stesso e soprattutto con Napoleone, che negli ultimi quindici anni gli era rimasto accanto senza mai svelargli nulla. Lasciando che crescesse lontano dal suo mondo e dai suoi ricordi, senza mai raccontargli la verità e dargli modo di scegliere e intervenire.

Era questo che lo aveva fatto fuggire quindici anni prima. L’impossibilità di scegliere, le bugie che gli avevano celato la verità senza dargli modo di poter decidere della propria vita. E anche Napoleone, il suo amico più fidato, lo aveva tradito. Anche lui non gli aveva concesso la possibilità di assumere una posizione, di sapere, di essere adulto.

<<Perché?>>, bisbigliò senza girarsi a guardarlo. Dava le spalle ai due esseri viventi dietro di lui. Il giovane, innocente e incolpevole ed il vecchio, scaltro e a conoscenza di tutto.

Napoleone fece un cenno al ragazzo, per fargli capire di lasciarli soli. Questi obbedì senza fiatare, ma prima di lasciare la stanza scoccò un’ultima occhiata a Jo. Il vecchio si accomodò su una poltrona ai piedi del letto su cui fino ad un attimo prima era stato seduto Jo e sopirò. Lui non poteva vederne l’espressione ma in quel sospiro colse il travaglio interiore del vecchio. E qualcosa dentro gli si incrinò. Nonostante tutto gli era ancora affezionato. Non voleva ferirlo, ma il suo rancore era troppo forte…

<<Capisco la tua rabbia…>>

<<No! Tu non capisci!>>, gridò di nuovo, voltandosi finalmente a guardare negli occhi il suo amico di sempre, <<non puoi immaginare cosa sto provando. La disillusione, l’amarezza, il tradimento… credevo fossi mio amico. Mi fidavo di te! E tu mi hai mentito… hai taciuto per quindici anni! E hai lasciato che il mio mondo mi dimenticasse e mi sfuggisse tra le dita…>>, queste ultime parole furono appena sussurrate. Un nodo gli aveva stretto la gola.

Mentre veniva medicato, infatti, Napoleone gli aveva raccontato cos’era successo in sua assenza. Il suo mondo era crollato di nuovo. I suoi amati genitori erano stati uccisi. Brutalmente trucidati da un branco rivale, che aveva approfittato del momento di sbandamento del sovrano dovuto alla sua fuga… e sua sorella… Perduta!

Amahl era perduta per sempre… era stata sacrificata. Data in sposa poco più che bambina al violento capobranco. Era diventata una donna tra sofferenze ed umiliazioni, era stava violata, picchiata e segregata ed era cresciuta nell’odio del fratello e nella certezza che l’avesse abbandonata al suo destino e dimenticata. Lo detestava! E ne aveva ben ragione. Il senso di colpa ed il rimorso gli toglievano il respiro.

Jo non riusciva a capire molte cose. Troppi tasselli mancavano al mosaico e decine di domande gli affollavano la mente, ma non voleva farle a Napoleone. Lo considerava responsabile di tutto. Per aver taciuto… per averlo tenuto lontano. La rabbia contro di lui era pari solo a quella contro sé stesso… Se non fosse fuggito forse avrebbe potuto fare qualcosa. La legge sui gemelli avrebbe potuto essere aggirata, modificata o soppressa. Rimpianse amaramente di essersi fatto prendere dal panico ed aver reagito come un ragazzino viziato… se solo fosse rimasto!

<<Non avresti potuto fare nulla…>>, cominciò a dire Napoleone, quasi sussurrando, <<tuo padre lo sapeva, eri solo un ragazzo. Lui voleva proteggerti, te e tua sorella e >>

<<Mia sorella non è stata protetta!>>, ringhiò avvicinandosi a Napoleone a grandi falcate. Lo prese per le esili spalle, scuotendolo e tirandolo in piedi di forza. <<È diventata la schiava di quel mostro! I miei genitori sono morti! In quale modo pensi che volesse proteggerci, eh?! Come? Dovevo essere qui! Avrei potuto e dovuto affrontare io Aro! Ero io l’erede al trono…>>

<<Eri poco più di un bambino…>>

<<Avevo già raggiunto l’età adulta!>>

<<Solo anagraficamente… e lo dimostra il fatto che non sei riuscito a reggere nemmeno il colpo della rivelazione della legge sui gemelli… >>, quest’ultima frase fece sussultare Jo, che lasciò andare di colpo le spalle dell’amico per allontanarsi da lui. Quasi come se si fosse ustionato toccandolo.

<<Ma non ti biasimo per questo, altezza! Eri un ragazzo ed era una terribile verità da accettare. Ma i tuoi genitori volevano solo proteggerti, devi capirlo. E così volevo fare anche io… credevo di agire per il giusto>>, terminò il vecchio con voce rotta. Si rimise a sedere quasi afflosciandosi sulla poltrona. Le spalle curvate dal peso della responsabilità.

Jo tornò a voltargli le spalle. L’immagine del vecchio amico abbattuto e in lacrime lo trafiggeva, nonostante la rabbia. Aprì e chiuse i pugni diverse volte. Temeva di perdere il controllo. Sentiva l’esigenza di muoversi per scaricare la tensione accumulata. Come sempre la sua irrequietudine necessitava dello sforzo fisico per essere tenuta a bada. Ma il suo corpo era ferito e provato. Temeva di perdere i sensi e allo stesso tempo sentiva l’urgenza di conoscere l’esatta cronologia degli eventi. Voleva capire. Cosa era successo dopo la sua fuga? Come potevano i suoi genitori, potenti e rispettati sovrani del loro regno essere stati spazzati via da un branco di selvaggi e barbari comandati da Aro. Il feroce, animalesco e incivile capo degli usurpatori.

Voleva sapere cosa era successo a sua sorella. O forse no… doveva sapere, pur non volendo.

<<Raccontami esattamente come sono andate le cose, vecchio!>>, si trovò ad ingiungere a mezza voce. <<Dal principio! E non tralasciare nulla…>>.

Napoleone sollevò gli occhi, con un barlume di speranza nelle iridi verde giada.

<<Vuoi ascoltarmi sul serio? Non mi interromperai ed ascolterai senza pregiudizi?>>, gli chiese trafiggendolo col suo sguardo limpido e diretto.

Jo tentò di rilassare le spalle tese, fletté ancora un paio di volte le mani e finalmente si girò a guardarlo in faccia.

<<Parla, ti ascolto>> gli rispose incrociando le braccia al petto. Strinse la mascella per la tensione e si apprestò ad ascoltarlo con estrema attenzione.

Napoleone lo osservò ancora un attimo, dopodiché si accomodò nuovamente sulla poltrona e con voce roca ma chiara si accinse a raccontare.

<<Questa storia va raccontata dal suo inizio, cioè da ventinove anni orsono… quando tua madre, la regina, aveva appena scoperto di essere in attesa, lei e tuo padre furono oggetto della predizione di una veggente. Fu loro predetto che sarebbero nati due gemelli, un maschio ed una femmina e che la loro nascita sarebbe stata foriera di sventure. La veggente profetizzò che al compimento del vostro quattordicesimo anno di età un barbaro straniero sarebbe giunto in questo regno per estirpare, decimare e distruggere il vostro popolo…>>

Jo sbuffò spazientito, questa favola di veggenti e predizioni proprio non gli andava giù. L’avvocato pratico e concreto che era in lui si ribellava a tutto ciò.

<<puoi anche non credermi ma stai ad ascoltare>>, lo sollecitò Napoleone con sguardo fiero, <<questa predizione, che tu ci creda o no, ha avuto delle conseguenze per tutti noi!>>

<<Andiamo, Napoleone! Vuoi che creda a queste scempiaggini? È solo una favoletta per bambini e creduloni…>>

<<Avevi promesso di ascoltarmi senza interrompere…>>, gli rammentò corrugando la fronte, <<vuoi conoscere la verità come dici o preferisci sbraitare e basta?>>

Jo guardò in alto esasperato e si diresse verso il letto per lasciarcisi cadere di schianto, rassegnato.

<<I tuoi genitori, inizialmente non credettero alle parole della veggente, esattamente come te. Ma quando voi due nasceste, maschio e femmina, così com’era stato predetto, cominciarono a dare un po’ di credito alle parole della predizione. Perciò richiamarono la veggente per farle completare la storia… La donna disse loro che per salvare il vostro popolo avrebbero dovuto inviare la loro progenie tra gli esseri umani e, un giorno, il reietto sarebbe tornato a salvare il regno ed il popolo dei gatti. Puoi immaginare lo scoramento di tuo padre e tua madre a queste parole… per lungo tempo sperarono che questa nefasta predizione non si sarebbe realizzata ma con l’approssimarsi del vostro quattordicesimo compleanno, voci di stranieri che si organizzavano ai confini cominciarono a giungere ed una settimana prima che compiste gli anni le gesta spietate che Aro stava compiendo nelle zone vicine al regno erano ormai conosciute e accertate. Aro lasciava morte, distruzione e una scia di sangue dietro di sé e minacciava il regno di tuo padre. Allora i tuoi genitori presero una decisione, inviare te e tua sorella tra gli esseri umani comunicandovi ciò che diceva la legge sui gemelli. Così che tua sorella, una volta ambientatasi tra la gente umana, potesse rimanere con loro… sarebbe stata esiliata, era vero, ma tra gente con cui nel frattempo avrebbe imparato a vivere, così che l’esilio non fosse troppo duro per lei e tu non saresti stato costretto ad ucciderla… sarebbero riusciti così a salvarvi e ad aggirare la legge nello stesso tempo… senza traumi…>>

<<Senza traumi! Certo, come no…>>, borbottò ironicamente Jo, <<dubito che l’epilogo sarebbe stato così lieto…>>

Napoleone finse di non sentirlo e continuò a raccontare.

<<O almeno così speravano… era l’unica soluzione che erano riusciti ad escogitare ed io concordavo con loro… ma… quando ti comunicai ciò che la legge prevedeva, tu ne fosti così sconvolto da non darmi tempo di terminare e metterti a parte del resto e fuggisti via… l’incidente nel fiume annullò i tuoi ricordi e per proteggerti tuo padre mi inviò in incognito per starti affianco e farti crescere comunque tra gli esseri umani, così come era stato deciso all’inizio, la tua fuga, così, non avrebbe fatto saltare il loro piano del tutto…>>

<<Come mai non è venuta anche mia sorella… doveva esserci anche lei con me! Perché non mi ha raggiunto? Non doveva essere esiliata più di me?>> intervenne Jo approfittando di una pausa che l’amico aveva fatto per prendere fiato.

<<Perché fummo traditi!>> urlò Napoleone diventando rosso per la rabbia e lo sforzo di alzare la voce, <<qualcuno, di cui ancora non conosciamo l’identità, rivelò alle truppe di Aro quale sarebbe stato il percorso di tua sorella. La intercettò, la catturò e la portò in catene davanti ai tuoi genitori per costringerli alla resa!>>

Jo non riuscì più ad emettere nemmeno una parola. Strinse i pugni mentre la collera ritornava ad impossessarsi di lui.

<<… Aro usò tua sorella per far capitolare i tuoi genitori, li uccise senza pietà davanti ai suoi occhi e la ricattò minacciando di distruggere e annientare il nostro popolo se lei non gli avesse obbedito. Amahl era sola, sconvolta per la morte dei tuoi e di te le fu solo comunicato che eri fuggito come un codardo dimenticandoti di tutti noi. Alla fine cedette e capitolò. Accettò di sposarlo e divenne sua schiava… la sua regina e sua prima vittima>>.

<<Perché non hai provato a metterti in contatto con lei?>> domandò in un bisbiglio soffocato.

<<Avevo ricevuto l’ordine da tuo padre di proteggerti a qualunque costo. E decisi di non dire nulla a tua sorella, per non rischiare che rivelasse il tuo nascondiglio sotto tortura… i metodi di Aro sono spietati e sarebbe riuscito a far parlare tua sorella, se lei avesse saputo… e ti assicuro che ci provò!>> terminò infliggendo a Jo l’ennesimo dolore. Pensò alla sua dolcissima sorellina di appena quattordici anni sottoposta a torture e vessazioni. Solo per colpa sua…

Una lacrima silenziosa, carica di frustrazione e dolore scivolò sulla sua guancia. Jo non aveva mai pianto nella sua vita, nemmeno quando all’orfanotrofio i bulletti più grandi di lui lo prendevano a calci per rubargli la merenda o i pochi spiccioli che si era guadagnato. Per sé stesso non aveva mai versato lacrime, e non ne versò per la morte dei suoi genitori, ma non poté frenarsi al pensiero di quella povera bimba, martoriata giovanissima, la sua dolce sorellina, schiava di un mostro brutale.

<<La storia non è terminata Jo…>> aggiunse Napoleone riportandolo alla realtà, <<devi conoscere il resto… è fondamentale!>>
 


 
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