1
Il sangue mescolato con la sporcizia formava una sorta di cuscino schifosamente macchiato sotto la testa della ragazza morta. Un rivolo si allungava per gocciolare fin dentro al tombino. Gli occhi ormai spenti fissavano quelli di Kate con uno sguardo congelato, nessuna traccia di panico nonostante quel tuffo di otto piani interrotto dall’asfalto grigio. Una corta camicia da notte rosa la copriva fino alle ginocchia.
Il detective Joe Valdez si accovacciò accanto al corpo. Spostò di lato i capelli corvini dalla nuca con le dita guantate. “Nessun dispositivo neurale”. Guardò meglio. “Si nota la fessura di alloggiamento nella nuca, ma da come è conciata la testa potrebbe anche essere saltato nell’impatto, qua intorno non c’è? Speriamo che qualcuno nel palazzo la conosca”.
“Un salto verso l’esterno, a giudicare da quanto distante è atterrata”. Kate indicò il corpo che si trovava ben lontano dal marciapiede, circondato da un nastro giallo. Diversi curiosi, tra cui una coppia in accappatoio, stavano cercando di dare un’occhiata più da vicino. Un ragazzino armeggiava col suo smartphone per riempire sicuramente di merda il suo instagram; una donna distolse raccapricciata lo sguardo.
Joe si raddrizzò e guardò dall’alto in basso la collega bassettina e tutte curve, Kate. “Un guidatore ha visto il cadavere in mezzo alla strada alle cinque e mezza e ha chiamato il 911. La polizia è arrivata dopo tre minuti, ha messo in sicurezza la scena, ha svegliato il custode dello stabile e ha chiamato la Omicidi. Cioè noi! Che palle!”
Kate annuì. “Sentiamo cosa ha da dire questo tizio.”
2
La tenda in corrispondenza della finestra spalancata svolazzava nel vento gelido, proiettando motivi chiazzati di luce solare mattutina sulla parete arancione. Una stampa multicolor senza cornice era appesa sopra il letto coperto da un lenzuolo blu elettrico. Le piacevano i colori vivaci.
Lo sguardo di Kate si spostò verso il custode, ancora con gli occhi arrossati e i pantaloni del pigiama con una maglietta improponibile. “Non ha sentito nessun urlo?”
“No signora.” L’uomo si grattò il mento ispido. “Sono stato svegliato dalla sirena della polizia.”
“Cosa può dirci dell’inquilina?” Lo sguardo di Kate vagò per la stanza. Una scrivania sporgeva per tutta la lunghezza del muro sotto la finestra, la sua superficie era spolverata di fresco. Un lato serviva d’appoggio ad un paio di libri, sull’altro angolo c’era un touchpad dallo schermo verde acqua lucido, lì accanto c’era anche il link neurale che non era stato trovato sul cadavere. In mezzo il tavolo era sgombro e probabilmente era stato utilizzato come piattaforma di lancio verso l’infinito e oltre.
“Ilary?” Gli occhi dell’uomo si illuminarono. “Si chiamava Ilary Marple, era qui da quasi un anno, nessuna lamentela, ragazza piacevole, paga… regolarmente.” Rabbrividì a un’altra raffica fredda proveniente dalla finestra e guardò altrove. “Intendo pagava. Che cosa terribile.”
“L’ha vista per caso depressa ultimamente? Se ne stava per i fatti suoi? Frequentava qualcuno o riceveva ospiti? Le viene in mente qualcosa?”
“No, niente, se vuole ho il numero dei suoi genitori…”
“Va bene.” Kate indicò la scrivania. “Dobbiamo fare analizzare anche il link.”.
3
Al copioso sfogo di lacrime, Kate porse un kleenex. “Eravate molto amiche?”
Tirando su col naso, Anna sollevò lo sguardo, il trucco stava colando lungo le guance. “Sì molto, ci conoscevamo fin dal liceo, venivamo entrambe dal Kansas.” Si sedette sulla panchina del parco e si lasciò andare allo sconforto. “Sono devastata, Ilary era la mia migliore amica.”
“Quando l’hai vista per l’ultima volta?”
“Una settimana fa, ma abbiamo parlato al telefono tutti i giorni.” Anna appallottolò il suo Kleenex. Si guardò intorno in cerca di un posto dove lanciarlo ma poi lo nascose nel pugno.
“Era infastidita da qualcosa? Sai se si trovava nei guai? Scuola, soldi, droga?”
“Non Ilary. Era una studentessa modello. Per quanto riguarda la droga: il suo corpo era il suo tempio, non avrebbe mai fatto uso di schifezze, e di carattere era sempre allegra e frizzante.”
Kate preparò un secondo fazzoletto. “Qualche problema con i ragazzi? Aveva un fidanzato?”
“Non aveva un ragazzo fisso, cioè, non proprio. Ultimamente si era appiccicata molto ad uno smanettone del campus. Frequentavano lo stesso Mental Club, Alex. Non erano intimi, ma so che Ilary ci stava pensando, insomma, non le era indifferente.”
“Mental Club?” Kate inarcò un sopracciglio.
“Uno dei tanti club che ci sono all’Università” Anna usò il Kleenex di Kate per asciugarsi ulteriormente gli occhi lucidi “Si pensano l’un l’altro con i loro psi-links, o mentalink, da connessione mentale, una cosa del genere.”
Kate corrugò la fronte. Pensava ai link come ad uno strumento utile quando le mani erano impegnate. Volevi cambiare canale? Bastava un pensiero e click, volevi parlare con qualcuno? Bastava visualizzare nella mente il nome della persona e partiva una chiamata neurale. Di certo le sfuggiva come i link potessero avere degli sviluppi oltre la semplice comunicazione personale e tecnologica. Una connessione bidirezionale telepatica le sembrava davvero inverosimile. “Vuoi dire che ci si può connettere a vicenda e davvero leggere i pensieri?”
“Credo di si. Nel mentalink, da quello che so, il dispositivo neurale riceve dati molto complessi, che ronzano dritti nella corteccia, li senti nella mente, come se fossero le tue stesse sensazioni”.
“Si impara qualcosa ogni giorno. Mi sembra una cosa folle. E chi ha avuto il coraggio di inventarla?”
“Gli studenti di Elettromedicina, sono i più folli in effetti, la stanno sperimentando nei laboratori di ricerca e sviluppo della facoltà di bioingegneria; Ilary mi aveva spiegato che questi ormai sono andati oltre ai semplici sviluppi per scopi medico-scientifici, utilizzano una patch per potenziare il software di base abilitando anche il doppio senso dei links. Alex è uno di questi studenti. In pratica per combattere la noia del laboratorio hanno trovato un modo per svagarsi. Questi nerd… sempre i soliti.”
“E tu l’hai provato? Senti davvero i pensieri?” Kate cercò di non far trasparire la sua incredulità.
“Io?” Anna si raddrizzò quasi infastidita. “Non ero iscritta al Mental Club e poi, in nessun modo avrei lasciato che uno studente armeggiasse con il mio link. Comunque Ilary mi aveva detto che è difficile da spiegare ciò che si prova, non puoi sentire davvero i pensieri ma, al limite, delle immagini collegate a sensazioni ed emozioni. Forse è ancora peggio alla fine. I pensieri sono solo parole in fondo. Francamente non ho mai provato, anche perché soffro già di emicrania, e visto quello che è successo alla povera Ilary, forse ho fatto pure bene.”
“Da quanto tempo Ilary si frequentava con questo Alex? L’ha conosciuto al Club?”
“Che io sappia da un paio di mesi, si era legata maggiormente ad Alex perché, a detta sua, era l’unico ad essere onesto e tranquillo, gli altri, beh, erano solo in cerca di emozioni erotiche alternative. Cercavano partner sessuali con la scusa del mentalismo. Pervertiti!” Anna tirò su col naso.
“Interessante.” Kate disattivò la registrazione. “Grazie, Anna, ancora condoglianze, mi dispiace per la tua perdita. Naturalmente se ti viene in mente qualcosa, non esitare a contattarmi.”
“Certamente Detective.”
4
Kate stava per scoppiare. “Suicidio? Hai già chiuso il caso?” Urlò rivolgendo uno sguardo fulminante a Joe, seduto di fronte a lei nel loro ufficio condiviso. “Una ragazza allegra, attiva e carina si unisce a un club strambo e dopo solo un paio di mesi, si alza e zompa fuori da una finestra? La fai troppo facile.”
Joe tamburellò le dita davanti al viso, allungandosi un po’ dietro la scrivania come per prendere tempo. “Minchia Kate! Era sola, le analisi non hanno trovato droghe o alcool, cos’altro può essere stato? Non iniziare a sfruculiare nel torbido con qualche teoria complottista. Per una volta che può essere semplice.”
“Quel ragazzo, Alex, è stato al telefono con lei per un’ora, fino a dieci minuti prima che morisse.”
“Gli ho parlato.” Joe si strinse nelle spalle. “Non posso dire di averlo interpretato perfettamente, ma non mi è sembrato sospettoso, sconvolto sì, ma non esageratamente devastato. Erano solo amici, è vero che si stavano avvicinando ma non era ancora successo nulla e dice che Ilary era una bravissima ragazza.”
“Che ne pensi di quella chiamata? Sono arrivati i tabulati e l’analisi del link?
“Ha detto che si sono “mentalizzati” l’un l’altra per dormire, si sono rilassati a vicenda. Ha usato il termine “irradiati” l’un l’altra.”
“Sì, farsi penetrare… nel cervello dev’essere davvero rilassante.” Intervenne sarcasticamente.
Joe si dondolò sulla sedia. “Allora, sentiamo sapientona, qual è la tua teoria?”
“Se dai a qualcuno una droga per influenzarlo a compiere un gesto estremo, è decisamente illegale. Le droghe servono a farti cedere la mente e a renderti dipendente da qualcuno e non solo alla droga stessa. Alex ha tagliato fuori l’intermediario, l’ha fatto direttamente. Quel figlio di puttana ha preso il controllo di Ilary e poi si è spinto oltre, le ha violentato il cervello fino a sbatterla fuori dalla finestra.”
Joe sussultò. “Kate, il Comandante non vuole che ci esprimiamo in questi termini poco professionali. Lo sai che devi sforzarti di parlare come un libro stampato. Troppe lamentele da parte dei gruppi politically correct. Certi termini non vanno più usati. So che è una rottura di minchia ma ti devi sforzare. Finirà che prima o poi ti rivolgerai in questo modo anche al primo giornalista ficcanaso. Lo sai che i magistrati buonisti s’incazzeranno di più con te che con quel nerd. Non lo incrimineranno mai sulla base delle tue semplici supposizioni. Servono prove ma al momento non abbiamo nulla!”
“Oh, per l’amor del cielo, Joe, da quando sei diventato rispettoso delle regole e di quello che dice l’etichetta delle buone maniere di polizia? Abbiamo sempre svolto il nostro lavoro nel migliore dei modi e abbiamo sempre risolto i casi con le nostre maniere. Una persona non è un interruttore della luce, che appena il Capo cambia le regole uno si adegua all’istante. Io sono fatta così! E tu sei insopportabile ultimamente. Per quanto mi riguarda il Comandante e i suoi leccaculo possono andare anche a farsi fottere!”
“Katherine! Passerai dei guai.”
Kate respirò profondamente. “In ogni caso, scommetto quello che vuoi: Alex ha fatto qualcosa che l’ha portata a tuffarsi, il che lo rende un omicidio colposo nel migliore dei casi, oppure un omicidio premeditato nel peggiore. Intendo dimostrare che le connessioni neurali dei mentalink potenziati possono essere utilizzate come si utilizzerebbe una droga. Qualcosa gli è sfuggito di mano a questi nerd del cazzo.”
Joe si grattò il naso. “Il Comandante non vuole che ci occupiamo di questa storia del Mental Club, e anche se volessimo affrontare l’argomento direttamente con il Vice Procuratore, pure lui ci chiederebbe delle prove concrete, quindi siccome al momento siamo ancora la squadra omicidi, in pratica non abbiamo alcun caso.”
“Bene, allora lascia pure che il ragazzo vada in giro a piede libero, lascia che si uccidano tutti, forse alla fine, quando ne resterà soltanto uno, scopriremo chi è l’omicida del Club”. Kate strinse e chiuse i pugni, poi afferrò la giacca. “Cazzo, ho bisogno di una pausa.”
5
Il filo metallico ronzò, portando il bersaglio alla posizione dei 10 metri, finendo il suo viaggio con un clangore.
Aspettando a malapena che la sagoma a forma di malavitoso si stabilizzasse, Kate sparò tre serie di tre colpi in rapida successione. Dei fori si formarono perfettamente al centro dei vari obiettivi disegnati sulla sagoma. Era un’ottima tiratrice, aveva proprio una passione per le pistole, e sparare al poligono la rilassava incredibilmente.
Soddisfatta, Kate iniziò a smontare la sua Sig Sauer p226. La volata della canna era ancora calda quando lei iniziò ad oliarla. Fece scorrere un dito con una punta di grasso lungo la superficie setosa, sentendo diminuire il calore. Finì di pulirla con un panno in microfibra, lucidando dove era rimasto un granello di sporco, lasciando la superficie liscia e perfetta, qualcosa su cui poteva contare.
Lettere verdi si sovrapposero nel suo campo visivo. “Kate, hai finito?” A fianco del testo, era apparso per un momento il piccolo pastore tedesco che era l’avatar di notifica attribuito a Joe.
“Sarò fuori tra pochissimo.” Kate rispose attivando la comunicazione wireless dei suoi occhiali, mentre le dita erano impegnate nel rimontaggio. Mise la pistola nella fondina e uscì dal poligono, togliendosi gli occhiali e le cuffie.
Joe mise via il suo telefono mentre la collega emergeva… “Hai fatto in fretta.”
“Quando mi hai chiamato, avevo appena finito.” Kate lo guardò più rilassata “Scusa, se mi sono arrabbiata con te prima.”
“In alta montagna solitamente nevica.” Joe sorrise. “E le tue supposizioni mi hanno spinto a fare qualche ricerca extra. Indovina?”
“Che cosa?” Kate sentì un sorriso comparire automaticamente sul suo viso. Si chiese cosa stesse per cinguettare l’uccellino Joe.
“Alex, si è trasferito da New York tre mesi fa, ha cambiato università, anche lì partecipava ad un Mental Club, anzi al primo Club di questo tipo, lui era uno dei fondatori e…”
“Non dirmelo, un altro suicidio?”
Joe annuì, gli occhi scintillanti. “Sì, un’altra caduta, questa volta da un ottovolante: lui e la vittima si conoscevano, nessuno ha fatto alcun collegamento… all’improvviso lei si è divincolata dalle protezioni e si è tuffata dal punto più alto, lui non era sull’attrazione con lei, la questione del mentalink non è neanche stata presa in considerazione”.
“Ma come hai fatto? Sei riuscito a spulciare i suoi tabulati telefonici? Senza un ordine del tribunale?”
“No, ovviamente non ho potuto visionare i registri di Alex, però ho cercato un suicidio simile ed inspiegabile come quello di Ilary, ed è stato sorprendente trovare delle tracce social che collegavano la vittima con il nostro nerd.” Joe sobbalzò. “Sia chiaro, è ancora poco più di una coincidenza, più o meno come leggere i fondi di caffè, ma la puzza di bruciato sta diventando più forte.”
“Abbastanza forte che potrebbe aprire il nostro caso.” Kate gli diede un pugno d’approvazione sulla spalla. “Ottimo lavoro socio, con questo potrei chiedere al Comandante di approvare una missione sotto copertura, sono sicura che non si lascerebbe mai scappare un potenziale serial killer.”
6
La stanza odorava di chiodi di garofano e caffè con delle note alcooliche che si percepivano a tratti. Luci stroboscopiche verdi e indaco disegnavano motivi ondulati sulle pareti, lasciando il resto nella semioscurità. La prima impressione di Kate fu che il posto, in effetti, somigliava ad un club per uomini in cerca di avventure. L’amica di Ilary non si era sbagliata. Una mezza dozzina di ragazzi sedeva o era distesa su dei divani molto abbondanti. L’unica altra ragazza, una rossa scheletrica con tatuaggi gotici, sedeva nella posizione del loto di fronte a due uomini, tutti e tre immobili con le dita sulle tempie. Apparentemente in estasy.
Kate si avvicinò al bancone del bar e non appena tentò di ordinare qualcosa parlando, venne stoppata dal palmo sollevato del barista che le indicava un cartello sul muro: “Silence – Brains at work – No Talking”.
Certo, il tizio che aveva incontrato per poter accedere al Club e le aveva patchato il suo nuovo “psi-link”, glielo aveva detto che non sarebbe stata reattiva all’uso del nuovo strumento. Kate, facendo gli occhi ingenui al suo interlocutore silenzioso, attivò la comunicazione del suo nuovo dispositivo e pensò più forte che poté, “Caffè, macchiato, grazie”.
Due minuti più tardi, dopo essersi trasferita su un divano bordeaux scuro, Kate contemplò l’incomprensibile intruglio davanti a lei; forse avrebbe dovuto ordinare qualcosa d’altro lì dentro. Mentre ne beveva un sorso, facendo una smorfia per la dolcezza esagerata, ricevette la prima connessione neurale completa della sua vita.
La differenza fu immediata. Le immagini si confondevano al limite del loro riconoscimento, come se tutto fosse visto da dietro un film di plastica trasparente che per qualche ragione incomprensibile aveva una sfumatura rosa. Un cavallo bianco si avvicinò sbuffando e scoprendo i suoi grandi denti e poi svanì. Degli abiti si staccarono da un petto femminile rivelando un seno enorme e sodissimo. Kate alzò la testa di scatto per vedere un ragazzo sdraiato su due enormi cuscini che la guardava con aria colpevole. Le tette immaginarie si confusero nella foschia rosa e svanirono.
Passi morbidi si avvicinarono. Un tipo magro e alto con una barba appuntita la fissò intensamente, aveva un’aria di solennità che si mischiò ad un’immagine di corpi aggrovigliati. Kate pensò “No”, lasciò che il sentimento di negazione riempì tutta la sua mente, visualizzò un punto esclamativo e sottolineò il tutto con un bagliore. percepì un sentimento misto di depressione e indignazione mentre il ragazzo si ritraeva in una nebbia fumosa. Quando mise a tacere il suo psi-link, entrambi i sentimenti svanirono.
Non si avvicinò nessun altro nei minuti successivi, Kate si limitò a fare esperimenti con l’accensione e lo spegnimento del suo dispositivo, cercando di abituarsi a distinguere le sensazioni che da tutt’intorno cercavano di insinuarsi e sovrapporsi alle sue. Notò un tizio avanzare con decisione verso l’uscita, poi tornare sui suoi passi con uno sguardo perso. Il trio iniziale, quello con la ragazza tatuata, divenne un quartetto, il corteggiatore rifiutato da Kate si era unito a loro. Un secondo ragazzo si alzò in piedi e uscì di fretta dal locale.
Pensò che forse avrebbe dovuto andarsene anche lei. Ma non era nemmeno stata lì una mezz’ora. Tutto quello che provava però, lo percepiva come davvero noioso. Kate si ritrovò quasi sulla porta prima di sorprendersi. Cosa stava facendo? Non voleva andare via. Perché stava uscendo? La pazienza era la prima cosa che aveva imparato andando sotto copertura. Si fermò, si concentrò e soprattutto provò ad attenuare la portata del suo psi-link, la voglia di andarsene era rimasta, ma molto più debole, quasi irreale, come un ricordo di un sogno.
Kate diede di nuovo potenza al suo dispositivo. Ruotò lo sguardo in un lento arco a coprire tutta la stanza. Alla fine si soffermò sul bancone del bar. Un ragazzo solitario se ne stava appollaiato sullo sgabello più lontano, era seduto nel cono d’ombra delle luci stroboscopiche e per tutto quel tempo non lo aveva notato. Quando i loro occhi s’incrociarono, lui le sorrise. Lei provò una piccola gioia, come se fosse gli fosse stato fatto un complimento imprevisto.
Ebbe un brivido, questa però era tutta una sua sensazione originale. Tuttavia si sentì inquieta. Anche gli altri pensieri, che l’avevano quasi portata ad abbandonare il locale, gli erano parsi così terribilmente reali! Per un attimo Kate esitò, ma poi costrinse i suoi piedi nella direzione di quel sorriso ammiccante.
Mentre si avvicinava, la luce stroboscopica illuminò parzialmente il viso del ragazzo. Capelli neri ingellati, giacca di pelle, jeans. Molto rétro. Alex si toccò la tempia e le sorrise di nuovo.
Lo aveva riconosciuto grazie alla video-intervista fatta da Joe. Era inequivocabile che lui volesse connettersi con lei. Kate riconobbe però quell’atteggiamento tipico di uno che se la tirava, quel mix di “interessato” ma con noncuranza. Lasciò che le riempisse la mente.
In un primo momento lui rimase impassibile. La stava studiando? La sensazione era strana. Stava pensando di andarsene. Pensava di voler parlare altrove, forse lei stava intuendo questo, o era lui che glielo stava inculcando? Kate si concentrò su un cielo stellato sopra di lei. Fuori! Lo pensò nel modo più forte che poté. Quasi in tandem, si alzarono per andare verso l’uscita.
Le porte di legno si erano a malapena richiuse dietro di loro quando lei tagliò il suo collegamento psi e si girò verso di lui. “Sono nuova a tutto questo, cos’è appena successo?”
“Hai capito. Quando mi hai visto, ho suggerito di uscire, e così anche tu.” Il suo accento newyorkese non era troppo marcato.
“E prima? Quando mi sono fermata sulla porta? Mi hai messo tu quelle idee nella testa?”
Sorrise imbarazzato. “Scusa, un innocuo giochetto, la maggior parte finisce per chiedersi perché se ne siano andati e tornarti, sei piuttosto brava…” La sua voce si spense in una domanda.
“Angie, è stato interessante, difficile da distinguere in mezzo ai miei pensieri. Tutti gli altri invece sono stati abbastanza semplici da districare”.
“Sono Alex, mi considero il migliore qua dentro e sappi che ho voluto che te ne accorgessi. Invece la maggior parte dei ragazzi del club non sanno cosa stanno facendo. Giocano e basta.” Il labbro superiore si contrasse.
“Allora, perché continui a frequentare questo posto?” Il disgusto la investì e fu felice che il suo mentalink fosse spento. “Sei alla ricerca di un’anima gemella anche tu?”
“Anima gemella?” Alex ridacchiò. “I ragazzi lo dicono quando vogliono scopare, no, non intendo fare connessioni neurali per spiritualismo o sesso”.
“Per cosa allora?”
“Energia.” Gli occhi di un marrone scurissimo si fissarono nei suoi. “Il mentalink non è soltanto una nuova forma di pratica medianica, è molto di più, un nuovo senso, chi lo padroneggia…”
“Sarà l’uomo con un occhio solo nel regno dei ciechi?”
Il labbro superiore si contrasse ancora, sollevandosi per rivelare i denti bianchi. “Sarà forte.” Era magnetico, i suoi occhi non vacillavano. “E tu, Angie?”
Kate si gettò i capelli dietro la schiena. “Ho pensato che potesse essere interessante, mi piace provare nuove esperienze.” Si inumidì le labbra, guardò in giro. “Come quello che hai fatto prima. Incasinare la gente. Mi piacerebbe imparare a farlo.”
“Posso mostrarti, è da un po’ che sto cercando qualcuno con cui condividere quello che so fare, qualcuno più interessante e smart dei soliti sfigati di questo Club.” Il suo respiro si fece più veloce. “Ma tu, quando eri laggiù, ho percepito qualcosa, prima di mettere a tacere il tuo link, sei come me, ti sei posta dei limiti, a te stessa e agli altri.”
“Non sono per niente come te.” pensò Kate stuzzicandosi la frangetta sulla fronte, facendo una cernita dei suoi pensieri, quelli veri e bloccando per un istante il personaggio che stava impersonando per la polizia. “Allora, Alex, e poi? Ci concentriamo sugli aspetti tecnici di questa forma di comunicazione, come fai con le emoticons?”
“Non puoi buttarla sul banale per gli obsoleti che usano ancora gli smartphone, non puoi considerarla una semplice comunicazione come se tu stessi scrivendo dei messaggi su whatsapp e non puoi inviare neanche pensieri ma soltanto emozioni, e anche quelle vengono tradotte, interpretate, convertite dalla coscienza ricevente che le fa sue. Ad esempio se un amante del cioccolato manda il “cioccolato”, uno potrebbe pensare a “créme brûlée” o “torta di carote”, ma possiamo provare a controllare l’immagine o lo stato d’animo di quando mangiamo del cioccolato buonissimo, facendo interpretare le nostre papille gustative alla nostra mente. Quindi l’emozione sarà più precisa. Ecco, ti mostro. Accendi il tuo link.”
Kate accese il dispositivo e all’improvviso si sentì librare in volo, salendo oltre la stratosfera, oltre il blu verso il nero spaziale con il pianeta che si rimpiccioliva sotto di lei. Andava senza peso verso le stelle. Estraniarsi dalla vista reale era il compito più difficile, come costringersi a svegliarsi mentre stai avendo un incubo. “Wow, ti deve piacere volare e soprattutto non devi soffrire di vertigini”.
I suoi occhi si spalancarono e lui rise. “Ho pensato ad un falco che sorvolava di notte una foresta, il re nel suo impero: probabilmente hai avuto un’immagine diversa, dobbiamo ancora calibrarci bene, ma il volo ti è sicuramente arrivato e soprattutto l’euforia: le nostre menti possono parlare lingue diverse, ma possiamo imparare a tradurle”. Le fece un piccolo cenno nella sua direzione. “Tocca a te, prova a pensare a qualcosa che ti piace.”
Era arrivato il momento in cui doveva veramente interagire con l’obiettivo della sua missione e forse non avrebbe avuto un’altra possibilità. Cosa le piaceva? il sesso, certo ma sarebbe stato banale. La sua famiglia, suo padre, che cura il suo giardino. Joe, un collega, amico fedele e affidabile. No, doveva evitare le persone, meglio scegliere un’attività. Kate non disse nulla, cercando di mantenere i suoi pensieri organizzati.
Uno sparo. La concentrazione sul bersaglio, la precisione dell’avvistamento, la pressione sul grilletto, l’improvvisa, violenta esplosione di potere. Cos’altro? L’adrenalina, le corse in macchina. Scatenarsi in casa nelle notti piovose con Elvis. Il cucchiaino che affonda in una panna cotta ricoperta di caramello e scaglie di cioccolato fondente.
“Wow, rallenta.” Alex fece un passo indietro. “Ho percepito il potere, la forza e … qualcosa di dolce?”
Kate si rilassò. “Scusa, è difficile non saltare in palo in frasca. Me ne sono andata a zonzo coi pensieri. vero?”
“Ci vuole pratica, iniziamo da qualcosa di più semplice: i colori, riempi la tua mente con il verde…”
Continua…
Luca Pennati