non solo Zombie

di Igor Zanchelli


10888834_10204295068590897_2865833196502621788_nLa sveglia che suonava alle 06.00 tutte le mattine, era per l’Isp. SQUEGLIA, un trauma mai superato, nonostante i suoi venticinque anni di servizio.

D’altronde quello era il prezzo che occorreva pagare, per aver accettato di lavorare alla sezione della squadra mobile, che si occupa degli omicidi.

Campano di origine con i suoi 50 anni, portati benissimo, era il classico “sbirro” da film. Caparbio, di bell’aspetto, rispettato dai colleghi e dai poco di buono. Di lucida intelligenza e modi gentili ma decisi, aveva quel carisma che ti seduce fin dal primo momento.

Arrivò in ufficio, come sempre, circa mezz’ora prima dell’inizio del turno; aveva i suoi “riti” e le sue abitudini, che era solito assolvere con calma.

Caffè al distributore automatico della Sala Operativa, sigaretta sulle scale antincendio e poi, nel tragitto verso il suo ufficio, il saluto a tutti i colleghi che incontrava.

Non era superstizioso e non riteneva quella piacevole routine un rito scaramantico; fare quelle azioni, lo aiutava a carburare per iniziare il suo amato lavoro.

“Buongiorno Ispettò, dormito bene?”

“Marchese, ogni giorno la stessa domanda! Quando capirai che posso anche dormire bene, ma se poi mi devo svegliare presto, sto sempre incazzato?”

“Moh Ispettò, che ce, andato in bianco stanotte?”

Oh tin’a cap e romb o cazz stamatin?

“Chi io … e quando mai!”.

Il sov. Marchese, lavorava con Squeglia da dieci anni, era un brav’uomo. La sintonia col suo capo era stata, fin da subito, totale. I due formavano una bella coppia. Siciliano dai modi spicci, di una onestà disarmante, era rimasto stregato dai modi e della preparazione dell’ispettore.

“Pronto sezione omicidi”, disse Marchese rispondendo al telefono, “va bene ora riferisco al boss. Hai detto via del boschetto? … Ma quale quello dove si vanno a bucare i tossici? Ok. Facciamo colazione e arriviamo. … Ma quando mai, io vedo un sacco di film horror, non mi impressiono, ma l’ispettore non lo so. … Ma che me ne fotte, stamattina sta incazzato! Adesso gli facciamo uno scherzo; meh va bene, dai mezz’ora e siamo li. Tu intanto tra 10 min chiama la scientifica, al magistrato ci pensiamo noi. Va bene ciao, a dopo”.

Riagganciato Marchese si portò nell’ufficio di Squeglia. Era seduto alla sua scrivania con le due mani sulla faccia a nascondergli gli occhi, voleva godersi gli ultimi 5 minuti di pace. Marchese alzando gli occhi al cielo e scuotendo la testa disse:

“Scusi Ispettore, andiamo a fare colazione, perché dobbiamo andare a travagghiare. Mi ha chiamato Schiavone delle volanti, riferendomi che una pattuglia, ha trovato un cadavere in via del boschetto. Tra 10 minuti chiamano la scientifica”.

“Marche ma credi che sia nato ieri? Tu si nu strunz! Falla tu a colazion

“Mamma mia ispettore. Stamattina non posso parlare!”

Vuagliò, sti cos le facevo prima di te. Ho fatto vomitare metà della squadra mobile, prima che arrivassi tu. Mo vai a prendere la macchina che andiamo”.

I due si stavano dirigendo verso la loro destinazione con la tranquillità di chi va a fare la spesa. Oramai, avevano imparato a non porsi domande su quello che avrebbero trovato; in tanti anni di sezione omicidi, avevano visto praticamente di tutto. Se non avessero elaborato una strategia difensiva, sarebbero impazziti, perché alla follia umana non ci si abitua mai.

Arrivati sul luogo del ritrovamento, videro il medico legale già presente e notandogli si diresse verso di loro.

I due poliziotti salutato il dottore fecero per andare verso il cadavere, ma il medico legale gli sbarrò il passo e disse:

“Non credo sia una buona idea Ispettore”

“Su dottore, con tutto quello che ho visto in questi anni … cosa può esserci di peggio”

In quel preciso momento una addetto alla polizia mortuaria, alzò il lenzuolo che pietosamente copriva la salma.

“Minchia … se vomita lui allora deve essere proprio terribile” esclamò Marchese indicando il collega che spargeva sul selciato il contenuto del suo stomaco.

“E’ così terribile?” chiese Squeglia al dottore.

“Abbastanza! Sembra che sia stato sbranato da qualche animale”.

“Animale? E allora che ci facciamo noi qui? Non è la nostra sezione che dovevate chiamare”.

“Non lo chieda a me! Io sono solo il medico legale. Ad ogni modo non esiste, credo, animale che possa fare quello scempio”.

“Ah. Quindi persa che sia un omicidio con il tentativo di mascherarlo?”

“Ispettore, io non faccio supposizioni. Appena fatta l’autopsia, le darò delle certezze, ovviamente quelle che sono di mia competenza”.

“Marche io vado a dare una occhiata a quel poveraccio, tu resta qua se non te la senti”.

“No ispettore, noi siamo come marito e moglie, nella buona e nella cattiva sorte. Se va lei vengo anche io”.

“Marche, non ci provare, io sono etero e felicemente sposato. Da me non ricavi nulla”.

“Ma su ispettore sia moderno, magari poi le piace. Se non prova come fa a saperlo?”

“No No… niente da fare”.

Il medico legale sorrise a quella inaspettata scenetta, fatta dai due poliziotti; lavorava con loro da molti anni e sapeva che scherzare, sdrammatizzare, era una loro strategia di autotutela psichica.

Il cadavere era conciato davvero male. Il corpo giaceva vicino al margine destro del viottolo, con un lenzuolo a coprirlo pietosamente. Tutt’intorno i cartellini numerati per evidenziare le prove sparse. Ciò che colpì i due poliziotti fu che anche sui tronchi di alcuni alberi erano cerchiate con del gesso e numerati alcune tracce. La terra immediatamente vicina al corpo era di un colore rosso scuro, tipico del sangue raggrumato, e dalla vastità della colorazione Squeglia immaginò che quel poveraccio non avesse più una goccia di sangue in corpo. Un altro lenzuolo poco distante copriva qualcos’altro, e a circa tre metri di distanza un altro lenzuolo stava svolgendo il suo pietoso compito.

Arrivati nei pressi del lenzuolo che copriva il grosso del corpo chiesero che fosse mostrato loro il cadavere.

L’emicostato destro era divorato; la carne era stata mangiata, e si intravedevano le ossa della cassa toracica. Gli arti, superiore e inferiore, del lato destro erano stati strappati e il braccio parzialmente spolpato. La gola non esisteva più, era stata estirpata con trachea ed esofago.

Il ventre squarciato; ciò che restava dell’intestino era sparso vicino al corpo. Sulla parte sinistra del torace erano evidenti dei segni, che sembravano graffi. Erano profondi e grossi; sembrava fossero stati fatti con degli arpioni.

Alla vista di tanto scempio, anche i loro stomaci non resistettero; si allontanarono per non dare spettacolo ed evitare di essere presi in giro da tutta la questura.

Squeglia chiamò  un agente e disse:

“E’ stato identificato quel poveraccio?”

“Si ispettore. Si chiamava Michele La Porta, di 55 anni. Lavorava in una fabbrica qua vicino. È sposato e due figli. Abitava nel quartiere comasina, alla via M. D’Azeglio, 25. Abbiamo avvertito la moglie che ora è in ospedale. Si è sentita male quando ha appreso la notizia. Non gli abbiamo detto come è successo, ma solo che ha avuto un incidente”.

“Bene grazie. Un’ultima cosa per favore, riferisca a quelli della scientifica che voglio, entro mezzogiorno di domani, le loro relazioni sulla mia scrivania. Grazie”.

L’agente si congedò e dopo aver fatto quanto gli era stato chiesto, scortò il furgone della mortuaria che trasportava la salma all’obitorio, dove sarebbe stata eseguita l’autopsia.

“Marchese, prendi la macchina, io avviso il magistrato e poi rientriamo”.

Durante il viaggio nessuno dei due osò proferire parola, la visione del corpo li aveva sconvolti; alla morte non ci si abitua mai.


INTERMEZZO I – La Bestia.

Inizio a sentirla, vuole uscire; la bestia ha fame, brama carne e sangue.

La sento che scava dentro, vuole liberarsi dalla prigione dove la rinchiudo. Percepisce che la luna piena sta arrivando. La gola mi brucia, non mi sento sazio, nonostante mangi tanto. Ho sete, una terribile sete.

Devo spegnere tutte le luci, i miei occhi si stanno adattando alla notte, la luce mi acceca.

L’udito si sta facendo più sensibile; sento le voci della gente, sento ciò che si dicono anche se sono molto lontane. Il mio olfatto riesce a percepire una marea di odori che prima non sentivo. Avverto, anche la paura delle persone; adoro la loro paura; la bestia si agita sentendo il loro timore, l’istinto del cacciatore si sveglia prepotente.

L’animale in me, adora correre per i boschi, sentire la nuda terra sotto le zampe, l’odore del muschio, il profumo della vita e della morte che la natura porta in se. Non riusciamo a fare a meno di cacciare, seguire la preda, nascosti, pronti a tendergli il mortale agguato, grazie al quale placheremo la nostra fame, la nostra sete. Il sangue caldo, dal sapore metallico, sazierà la gola e lo stomaco. La carne cruda placherà la bramosia.

Non temere piccola mia domani, una luna splendente, sarà su nel cielo della notte, e tu sarai libera; sii paziente mio lupo, domani andremo a caccia.

Ecco sento che il mio corpo sta mutando; il mio scheletro si sta deformando. I muscoli stanno cambiando, più forti, robusti, in altre posizioni. La bestia sta rinascendo, un’altra volta; ha atteso per tanto tempo, paziente. Ora è il suo momento.

È fuori! Finalmente è uscita; ora sono io in lei, ora è lei che controlla me.

Stiamo correndo in questo bosco, in cerca di prede! Gli alberi mi avvolgono in un abbraccio caldo, mi nascondono agli occhi delle mie prede. Sento i loro passi, le loro risa, il loro rumore. Poveri illusi che si sentono sicuri in quelle giungle che chiamano città, pensano che delle misere porte di legno possano tenerli al sicuro. Io ho fame, la bestia ha fame e niente può esser cerci da ostacolo. Sento i topi che escono dalle loro tane e avverto i loro nemici naturali i gatti che silenziosi con passo felpato li stanno cercando. Ma con loro non sazierei la mia fame e la mia sete, loro sarebbero solo un piccolo aperitivo.

Questi stupidi umani che ammorbano l’aria con i loro odori, per la loro mania di cucinare la carne, non sanno cosa si perdono, che sapore ha la carne cruda. Loro non hanno la minima idea di cosa si provi ad inseguire il proprio cibo; che inebriante bellezza ha la paura e la rassegnazione che si vede negli occhi della vittima.

La Bestia ha sentito qualcosa. Il suo orecchio si è teso, un rumore, davanti a noi. Lei segue quel rumore, sembrano delle ruote sulla ghiaia. Sta seguendo qualcuno in bici. Sente il suo odore di sudore, sente l’eccitazione della preda, sente il suo cuore battere forte, vigoroso. Il mio lupo ha fame, lo stomaco gli manda piccoli crampi dolorosi, segno che deve essere riempito, la gola è secca, vuole sangue.

Ci ha sentito, la preda ci ha sentito, sta gridando qualcosa, ma non capisco cosa dica. La bestia, ha cambiato il piano d’attacco; non lo prenderemo alle spalle, ma lo assaliremo frontalmente. È troppo eccitato, il mio lupo, vuole subito il suo pasto.

Mio Dio quanto è buono il sapore della carne e del sangue. Siamo entrambi soddisfatti, il calore del sangue ci riscalda dentro. La bestia ulula e ringrazia la luna per averla liberata. Che bella sensazione, aver cacciato con la Bestia. Il suo potere mi riempie. Ora non ho più paura, con lei dentro di me non temo nulla. Ora ci aspetta una lunga corsa ristoratrice nei nostri amati boschi, e poi lei ritornerà a rinchiudersi nella sua prigione, sazia e soddisfatta, fino alla prossima luna piena.

 

 

Igor Zanchelli


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