non solo Zombie

di Igor Zanchelli


 

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Ingvar e Francesco si accomodarono nel salottino, piccolo ma funzionale, che il professore aveva allestito nel suo studio. Su quel salottino era solito intrattenere conversazioni di carattere accademico, con i colleghi, perché odiava parlare con persone che non fossero studenti, avendo una scrivania nel mezzo.

Squeglia porse senza tanti preamboli a Korison, una cartellina e disse:

“Prego professore, legga e mi dica cosa ne pensa”.

“Ma di che si tratta” chiese Ingvar.

“La prego Professor Korison, prima legga, dopo le spiegherò”.

Ingvar perplesso, ma al tempo stesso curioso, aprì la cartellina ed iniziò a leggere:

<Verbale di autopsia del cadavere di La Porta Michele, eseguita dal Dott. Prof. Luigi Ciambrone, archiviata sul registro delle autopsie dell’Istituto di Medicina Legale, dell’Università al n.7241.

Omissis …

La salma è preparata sul tavolo anatomico priva di indumenti.

Il peso e di 80 kg. La lunghezza non può accertarsi con esattezza, date le condizioni del corpo; con buona approssimazione può stimarsi in 178 cm.

Omissis …>

Ingvar si perse nella lettura. Molti termini letti, gli erano sconosciuti nel loro specifico significato, ma facilmente intuibili dagli effetti sul cadavere.

Non si sentiva a suo agio, anzi, man mano che leggeva, l’inquietudine cresceva. Questa volta non stava leggendo della morte narrata, da un mito o da una leggenda popolare, che rendeva il racconto lontano e letterario; questa volta leggeva della morte attraverso un verbale autoptico, che gli dava la reale percezione di quanto era successo. Un conto era leggere una leggenda, un altro era leggere la realtà.

<Dai danni inferti al cadavere, dalla grandezza, dalla profondità ed estensione degli stessi, si ritiene che la bestia assalitrice, abbia una apertura delle fauci di circa 40 cm.

Confrontando la ampia letteratura medico-veterinaria, e testi di anatomia comparata, si ritiene che l’animale in questione, abbia un’altezza al garrese di circa 170 cm, con una lunghezza, se non trattasi di un essere deforme, di circa 250 cm.

Esami strumentali delle tracce biologiche ritrovate sul corpo, hanno evidenziato frammenti di DNA, riconducibili alla Famiglia Canidae della specie Canis Lupus, non trovando, tuttavia, corrispondenza in alcuna sottospecie conosciuta.

Un ulteriore elemento di perplessità riscontrato … omissis>

Dopo aver letto queste ultime parole, Ingvar sbiancò, ebbe un attimo di assenza. Lasciò cadere la cartellina, che conteneva il rapporto, e sprofondò sulla poltrona, sul suo viso apparve un pallore innaturale e un tremore di angoscia e terrore loassalì.

“Professore … Professor Korison! … Professore sta bene?” chiese Squeglia, mentre prestava soccorso a Ingvar, tentando di farlo rinvenire.

“Cosa è successo Ispettore!”

“Non lo so! Me lo dica lei. Ad un tratto non era più presente!”

“Oh…. Mi scusi! Come ha potuto vedere, non sono abituato a leggere la morte. In particolare questo tipo di morte”.

“Non si preoccupi professore. Mi creda neanche io sono abituato, nonostante il lavoro che faccio”.

Quando Ingvar si riprese e sembrava aver superato il leggero malessere, si risistemò gli occhiali, dopo essersi ricomposto chiese:

“Dunque ispettore, mi vuole cortesemente dire perche ha voluto che leggessi questo terribile rapporto?”

“Beh professore, in realtà è stata una idea, non volontaria, di un mio collaboratore. Sosteneva scherzosamente che solo i licantropi hanno una dimensione, forza e ferocia, come quella stimata dal medico legale.

Ora mi sono detto che magari visto che stiamo vagliando tutte le ipotesi, di non scartare anche questa. Ovviamente non credo affatto ai licantropi o cose simili, però non escluderei un atto posto in essere dall’assassino di sviare le indagini o magari trattasi di qualche banda di svitati che vuole emulare qualche mostro della fantasia o …” Squeglia aveva molta vergogna nel rispondere ad Ingvar, in fondo non lo conosceva, ed in più era uno scienziato e studioso di miti popolari. Che figura poteva fare agli occhi del professore? Gli occhi del poliziotto erano bassi e la voce appariva quella di un ragazzino alle prese con un esame dove non si sentiva completamente preparato.

“… in sostanza Professor Korison le sto chiedendo se ha mai sentito di animali così grossi e feroci da aver portato alla nascita della leggenda dei licantropi oppure …”

“Capisco” disse Ingvar, guardando Squeglia con lo sguardo che assumeva quando, durante le sessioni di esami, ascoltava i suoi studenti. Cercava di capire se quel poliziotto stava bluffando o no.

“Cosa vorrebbe sapere da me?”.

“Sostanzialmente se quello che è scritto può, in qualche maniera, trovare riscontro in qualche mito o leggenda”.

Il professore, scruto l’ispettore a lungo, in silenzio. Con la mano si massaggiava il mento, guardandolo fisso negli occhi. Dopo alcuni minuti, che a Squeglia parvero una eternità.

“Senta lei mi sta prendendo in giro? Come si permette di venire qui nel mio ufficio e mettersi ad insultare la mia intelligenza?” disse urlando ed alzandosi assumendo l’atteggiamento di chi aveva chiuso il discorso, paonazzo in volto.

“Professore, si calmi, lei mi ha frainteso. Le assicuro che sono serissimo e non sono in vena di fare nessuno scherzo. Al momento le indagini, non hanno portato a nulla. Sto cercando di vagliare altre ipotesi”.

“E lei pensa bene di venire da me! Sperando che un licantropo, un essere mitologico, una invenzione della cultura popolare, nato per terrorizzare persone ignoranti e credulone, possa essere la causa di un omicidio che lei non riesce a risolvere?” rispose Ingvar mostrando il rapporto del medico legale all’Ispettore.

“No di certo! Sono consapevole anche io dell’assurdità di questa storia. Ma ci pensi un attimo, prima di Colombo, si riteneva che la terra fosse piatta. Prima della rivoluzione scientifica si era certi che la terra fosse al centro dell’universo, che i virus, i batteri non esistessero e che le malattie fossero opere delle streghe. Se i licantropi fossero ancora leggende perché non si sono trovate prove della loro esistenza o …”

“La prego ispettore, avrei da fare, se non le dispiace la esorto ad andare” disse Ingvar riassumendo il contegno di un professore e riprendendo il controllo della situazione, indicando a Squeglia la porta.

Squeglia guardò prima la mano del professore e poi la porta che essa indicava. Il suo stato d’animo divenne un mix di vergogna e rabbia, di solito era lui che metteva la gente alla porta ma non questa volta.

Francesco non osò ribattere. Uscì dallo studio con la testa bassa, umiliato, consapevole di aver fatto una magrissima figura. Si sentiva un grande fesso.

Ingvar scuotendo la testa, ancora paonazzo, si diresse alla sua scrivania. Sedutosi ripensava al colloquio avuto con quel poliziotto sui generis e a ciò che aveva letto nel rapporto autoptico. Si mise a consultare il sito della biblioteca dell’ateneo.

Dopo aver digitato un paio di parole chiave di ricerca, sobbalzo dalla sedia.

Igor Zanchelli


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